Nei boschi eterni



Fred vargas
Nei boschi eterni
einaudi
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Jean-Baptiste Adamsberg si è appena trasferito in una nuova casa in campagna. Parlando con il vicino di casa, scopre che  si dice che sia abitata dal fantasma di una monaca che nel XVIII secolo uccideva anziane fedeli che andavano a chiederle  il perdono divino.
Un giorno, mentre sta sistemando il muretto di casa, riceve una chiamata dal XIII arrondissement di Parigi, dove svolge il ruolo di commissario, e gli viene comunicato il ritrovamento di due cadaveri. A un primo esame veloce, essendo stati trovati in una zona malfamata di Parigi, si pensa siano vittime di un regolamento di conti tra spacciatori, ma per Adamsberg i fatti non tornano.
Nello stesso periodo si scopre che una pericolosa criminale dissociata, ovvero che soffre di doppia personalità, dove la personalità buona non sa dell’esistenza di quella cattiva e quindi non ha nessun ricordo o conoscenza delle azioni commesse, è scappata dalla prigione in cui era rinchiusa, e  in Normandia vengono ritrovati dei cervi brutalmente sventrati che preoccupano alquanto la popolazione.
Questi  fatti sembrano essere solo una serie di eventi dissociati uno dall’altro, ma Adamsberg riesce a trovare un filo conduttore che lo aiuterà a guidare le indagini sulla strada giusta, partendo come sempre da ragionamenti logici che solo lui può capire.
Ottimo romanzo giallo, il quinto della serie con protagonista Jean-Baptiste Adamsberg, che riporta molti particolari a cui la Vargas, sì perché l’autrice è donna anche se usa uno pseudonimo maschile, ci ha abituati.
Prima di tutto ritroviamo un Adamsberg sempre sognatore e caratterialmente disordinato, con le sue teorie quasi assurde che incidono pesantemente nel suo metodo d’investigazione che, pur mancando di un ragionamento analitico, riesce a fargli ottenere dei risultati eccezionali, aiutato moltissimo anche dal suo spettacolare intuito che sostituisce la riflessione. Altra  caratteristica  è la sua sensibilità che lo porta a immedesimarsi sia nelle vittime che nei testimoni, portandolo così a teorizzare situazioni e sensazioni che altri non percepirebbero.
In secondo ruolo lo stile di narrazione, classico della Vargas, ovvero lineare e molto semplice, con una scelta lessicale che conquista ogni tipologia di lettore trasportandolo nelle campagne francesi e normanne. Ovviamente la struttura del romanzo è diversa dai polizieschi italiani, più classici, o da quelli svedesi, più lenti. Infatti notiamo una narrazione veloce, più dedita ai particolari emotivi rispetto alle descrizioni fisiche anche per quanto riguarda le scene dei crimini, che portano il lettore a empatizzare meglio con i personaggi, a voler partecipare alle indagini con estrema attenzione ed evita di shockare troppo i lettori più sensibili.
Un romanzo che conquista con la sua atmosfera per alcuni aspetti quasi gotica

 

Micol Borzatta

Micol Borzatta

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