Paolo Nori, scrittore, traduttore dal russo, blogger e animatore culturale, con “Che dispiacere” si cimenta nel genere noir.
Bernardo Barigazzi è uno scrittore di discreta fama, ha diversi libri alle spalle ma decide di darsi al giornalismo e avviare una curiosa rivista chiamata “Che dispiacere”, da pubblicarsi solo dopo le sconfitte della Juve.
In quelle rare occasioni, Bernardo e la sua piccola redazione, tutti rigorosamente muniti di pseudonimo per sfuggire alle ire della tifoseria bianconera, danno libero sfogo al proprio talento letterario commentando la partita e in generale il mondo che ruota attorno al calcio e alla Vecchia Signora.
Barigazzi è un uomo solo, dopo la tragica e prematura scomparsa della moglie, uccisa da un automobilista mentre attraversava la strada, e sta imparando a fare il padre single di una ragazzina appena adolescente. E’ soverchiato dalla nostalgia lancinante per l’assenza della moglie, con cui aveva un rapporto vivace e non privo di incomprensioni, che alla luce della prematura fine ora gli appaiono insignificanti.
L’assenza – forse – potrebbe colmarla una ragazza conosciuta in un caffè, barista con la laurea in filosofia: è un rapporto che non pare assistito dalla fortuna e non decolla per colpa dei più vari contrattempi.
Uno fra questi “contrattempi” riguarda la morte di un ultrà che lo stava pedinando fuori casa e che viene misteriosamente trovato sulle tribune di un campo di rugby con un coltello nel cuore e un’impronta di scarpa stampata sulla schiena.
Da qui parte un turbinio di accadimenti che travolgeranno Barigazzi, mettendolo anche sotto la lente di ingrandimento delle indagini condotte dal Commissario Belpoliti – appassionato compilatore di sudoku e marito dalle elastiche vedute in tema di fedeltà coniugale – e del vice ispettore De Crescenzo, laureato all’Università telematica e aspirante investigatore di razza.
Sullo sfondo – decisamente coprotagonista – Bologna, i suoi monumenti, le piazze, i portici, i caffè all’aperto, divisa tra la tradizione millenaria di centro universitario d’eccellenza e il presente di città multietnica e multiculturale.
L’approccio al lettore è spiritoso, divertente, mai banale o sopra le righe: l’intreccio è pieno di ritmo, Nori destruttura il classico plot del poliziesco, lo scompone e ricompone a modo suo, riuscendo ad avvincere il lettore sin dalle prime pagine.
La lingua è contemporanea, i dialoghi sono brillanti e rendono perfettamente il senso di precarietà che caratterizza i nostri giorni, in bilico fra la speranza per un futuro migliore e la piena consapevolezza dei problemi che affliggono il presente.
Quanta saggezza nelle osservazioni di questi personaggi, pedine mosse dal Fato su quella scacchiera quanto mai variegata di situazioni, drammi, contrattempi, infinite possibilità e occasioni mancate che è la vita di tutti noi.
E quanto mestiere ci vuole per far riflettere il lettore con un romanzo così ironico. Bravissimo Nori. Speriamo che sia solo il primo volume di una serie dedicata a Barigazzi & Co.
Il libro in una frase
“Son così belle, aveva scritto Barigazzi, le cose che non sono finite: un libro, da finire, un film, da finire, una cattedrale, da finire”.