Savana Padana



matteo righetto
Savana Padana
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Il cuore del nordest, soffocato da un’eccezionale calura di inizio estate, diventa una terra di confine, delimitato da una strada che spacca in due il paese di San Vito Oltrebrenta.
Da una parte c’è il bar dei tosi, dall’altra quello degli zingari e dei marocchini, gestito da tre ragazze cinesi.
Si avvicina la festa di Sant’Antonio, patrono di Padova e degli zingari, che sono attesi in massa in paese, radunati intorno a Remus, l’anziano capo. E’ a lui che si rivolge il maresciallo Fetente, nomen omen, per assicurarsi che in quei giorni non si verifichino furti, come quello appena denunciato di una BMW X6, di proprietà della moglie di un assessore.
Un furto c’è, ma nel luogo sbagliato. Dalla casa del boss locale sparisce la statua della madonna di Monte Berico, preziosa non solo per il significato religioso.
I tosi si mettono immediatamente sulle tracce della madonnina, che segna in modo non troppo provvidenziale i destini di tutti i personaggi.

Si legge tutto d’un fiato il romanzo di Matteo Righetto. Che siate veneti o no, poco importa.
Le ricorrenti espressioni dialettali regalano un profondo senso di appartenenza a chi è cresciuto in terra padana, e concedono ai forestieri di prendere bonariamente in giro questi uomini dalla parlata sgangherata.
Veloce e incalzante, il ritmo della narrazione cattura il lettore fin dalle prime righe. Savana Padana merita una duplice lettura.
Accanto all’aspetto ironico e a tratti dissacratorio, non può sfuggire l’analisi precisa di una società in cambiamento, quello etnico soprattutto, che coinvolge una terra dalle tradizioni particolarmente radicate, puntando l’attenzione non solo sul diverso, cui sarebbe troppo facile far fare la parte del cattivo, ma sui tratti peculiari di chi si sente unico padrone del luogo che occupa, e sulle forze dell’ordine non meno corrotte di molti malviventi.

eva massari

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