Portobello



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Se la fascetta non avesse recitato “L’ultimo romanzo della regina del giallo inglese. Un best seller internazionale” forse l’avrei presa diversamente, ma quello strillo in copertina prometteva cose che non potevano essere disattese in maniera così palese senza creare disappunto.

All’inizio ho pensato va bene, andamento lento, è la nuova tendenza. Entro piano nella storia, conosco i protagonisti, la suspance non è data dall’evento inspiegabile che rimbecca la curiosità sin dalle prime pagine, né dall’essere spettatori di una serie di eventi che noi vediamo nel loro divenire e di cui il protagonista è ignaro, come nei film di Hitchcock.

La suspance è creata dal fluire dell’esistenza dei protagonisti, ci si entra dentro, ci si immedesima, e poi trac, succede qualcosa. Si cerca di capire, si indaga, la vita va avanti ed ecco che trac, succede qualcos’altro. E quello che succede è scioccante, imprevisto, misterioso, incomprensibile. Ma quando smetti di leggere per controllare a che pagina sei perché ancora non è successo niente che non sia assolutamente prevedibile, e lo stesso succede a pag. 80 e poi a pag. 140, 174, 210, 250, c’è qualcosa che non va.

A pag. 270 ti rendi conto che dopo 39 pagine il libro è finito e che è un po’ tardi per recuperare e quando finisce ti senti anche un po’ preso per il culo. Ma forse sono io che non ho capito. O forse dovrei rileggere il libro non come un giallo ma come un romanzo di costume che parla di ricchi e poveri e delle loro diverse ma immancabili ossessioni.

sarah sajetti

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