Professore di Letterature Comparate presso l’Università degli studi di Verona, Stefano Tani ha presieduto numerosi convegni sull’argomento e annovera importanti pubblicazioni.
Suoi The Doomed Detectiv (Southern Illinois University Press, 1984) e Il romanzo di ritorno (Mursia, 1990). Nel 2005 e nel 2006 escono, curati da lui, rispettivamente il primo e il secondo volume dei Meridiani Mondadori dedicati a Raymond Chandler.
Professor Tani, a distanza di più di cinquantanni dalla morte di Chandler avete deciso di dedicargli due Meridiani nuovi di zecca. Un’operazione straordinaria. Perché Chandler, e soprattutto come siete giunti alla decisione di un riordinamento dei suoi scritti?
I Meridiani sono un riconoscimento dedicato solo ai grandi scrittori; Raymond Chandler infatti non può più essere considerato uno scrittore di romanzi polizieschi e basta, bensì uno scrittore che trascende i limiti del genere e si conferma scrittore di alto livello. Che sia un grande autore è testimoniato dal fatto che a 51 anni dalla sua morte è ancora letto. Mentre altri autori del suo tempo no. L’interesse per Chandler è ancora forte: tutti i suoi libri sono ancora in stampa. Non solo, si ristampano anche sue cose assolutamente minori: insomma per Chandler è stato grattato il fondo del barile; addirittura il suo ultimo romanzo, rimasto incompiuto, Poodle Springs, è stato riverentemente completato e pubblicato nel 1989 da uno scrittore come Robert B. Parker.
E in questo mare magnum di pubblicazioni, qual è stato il criterio da voi applicato nel Meridiani?
Il modello da seguire per i Meridiani è stato quello della Library of America (la più importante editrice di classici americani; rinomata per la particolare cura che dedica a ogni classico americano n.d. i.), ma abbiamo deciso di fare di più. Rispetto al volume della LOA, nel Meridiani ci sono più testi, una più ampia cronologia della vita di Chandler, una lunga introduzione e un ricco e dettagliato apparato di note. Verrebbe da dire che è un vero peccato che i due Meridiani della Mondadori siano (ovviamente) in italiano, e quindi condannati ad una circolazione ristretta, nazionale, visto che, senza false modestie, sono molto migliori dei due volumi dedicati a Chandler dalla LOA.
Passiamo ora a una riflessione più ampia sul genere noir. Un’operazione come la sua professore può in alcuni casi essere percepita come un ritorno alle origini della letteratura poliziesca. E’ d’accordo?
Dashiel Hammett prima e Raymond Chandler poi devono essere considerati i padri fondatori del genere hard-boiled, su cui si innestano e fioriscono il thriller ed il noir cinematografico, il poliziesco moderno insomma, che ben poco ha a che fare con quello cruciverbistico britannico degli anni Venti e Trenta del Novecento. Che Hammett e Chandler siano i punti di riferimento lo si percepisce non in citazioni esplicite di questi due autori da parte di altri scrittori, ma nel perdurare di una precisa atmosfera, un immaginario che è soprattutto chandleriano e che proviene in particolar modo dal cinema. Non dimentichiamo che Chandler fu anche sceneggiatore e questo ha permesso una diffusione anche visuale dei suoi modelli. Per esempio, autori come Lucarelli (vedi Almost Blue), magari inconsciamente, riprendono immagini notturne, oniriche che riportano ad archetipi cinematografici chandleriani, quali “The Blue Dalia”. Non si tratta di Chandler dunque, ma del suo mondo.
Il confronto col passato quindi è ineludibile. La domanda è a questo punto, in che direzione sta andando la letteratura noir?
Al romanzo in generale è successa una cosa particolare recentemente: prima il romanzo poliziesco era considerato un sotto-genere, un fratello minore della Letteratura. In seguito, scrittori di grande talento hanno iniziato a sfruttare la struttura del poliziesco dall’esterno. In Italia, penso in particolare a Leonardo Sciascia e a Umberto Eco. Il romanzo poliziesco ha perso le sue ghettizzanti connotazioni di genere ed è divenuto il romanzo per eccellenza. Il lettore se non riconosce il passo del poliziesco non legge un libro: è cambiata l’audience. E’ un segno dei tempi: la gente non ha più tanto tempo per leggere e la vita è più frenetica di una volta. Il lettore ha bisogno di trame rapide e avvincenti .
Ad oggi qual è lo stato delle cose?
Penso si sia arrivati al punto di massimo splendore del romanzo che si avvale di una struttura per così dire poliziesca. Non dico che si tornerà indietro, ma solo che si incomincia già a registrare un po’ di stanchezza. Ci sono però autori che possono ancora stupire. Come lo scrittore veronese Adamo Dagradi, autore di La Felicità dei Cani, pubblicato da Mursia l’anno scorso. E’ un romanzo che sfrutta la formula del poliziesco, ma che rimane impresso soprattutto per l’ottimo livello della scrittura. La trama poliziesca ormai è la scusa di autori dotati per scrivere romanzi in grado di catturare un pubblico sempre più distratto. In conclusione, penso che il poliziesco nelle mani di scrittori di qualità sia diventato il romanzo della ricerca di se stessi, si sia caricato di valenze esistenziali ed anche metafisiche – in fondo letterarie per qualità ed ambizione — sconosciute al genere tradizionale, che era scritto da dignitosi ma ripetitivi artigiani quali Agatha Christie.
E ciò ha portato anche a un intersecarsi dei generi. Penso in particolare a Come Dio Comanda di Niccolò Ammaniti, che inizia come romanzo sociale per poi trasformarsi in un poliziesco.
Certo, certo.
Professore ha un autore preferito?
Ovviamente Chandler. Uno non passa quattro anni su un autore che non ama.