Sangue nel Redefossi



Gino Marchitelli
Sangue nel Redefossi
Frilli
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«Una serie di delitti si verificano a San Giuliano Milanese e in Piemonte, vicino a un rifugio alpino di Macugnaga, davanti al ghiacciaio del Monte Rosa…» Recita l’aletta di copertina per introdurre Sangue nel Redefossi, il nuovo noir di Marchitelli pubblicato da Frilli dopo Milano non ha memoria.
Sangue nel Redefossi un “noir” che vorrei definire domestico per l’autore con il “cavo” Redefossi a far da titolo strettamente legato alle sue intense radici Sangiulianesi. E gran parte della fantasiosa ricostruzione gialla noir di Marchitelli è ambientata tra le sue consuete strade cittadine di San Giuliano Milanese, sconvolta da una serie di misteriosi delitti. Un altro triste pezzo del mosaico italiano dove troppo spesso imperano corruzione politica, interessi economici collusi con la malavita organizzata e, vi anticipo, ci troverete un preciso atto di accusa contro tanti sporchi affari, contro branchi di faccendieri e soprattutto contro alcuni finanziamenti, concessi troppo facilmente a un certo tipo di sanità, o forse meglio dire malasanità. Storia articolata e plausibile per una serie di temi sociali attuali e coinvolgenti. E purtroppo troppo spesso la realtà supera la fantasia.
Due parole sui personaggi principali: carta vincente non si cambia e Marchitelli seguendo la buona regola rimette subito in pista la sua accoppiata Lorenzi Commissario di Polizia a Lambrate – e Petruzzi combattiva giornalista di Radio Popolare, la cui iniziale rivalità si è ormai trasformata in un saldo rapporto di stima e affettivo, insomma in un saldo legame amoroso. E due parole sulla trama che all’inizio sembra volersi sperdere in mille rivoli intrecciandosi con gli argomenti più disparati. Infatti in piena estate, con il caldo che fa ribollire l’asfalto delle strade, la polizia di Lambrate guidata da Lorenzi è alle prese con lo strano suicidio di un commercialista in via Ampere e la scomparsa di una dirigente di un’importante azienda sanitaria, mentre i carabinieri di San Giuliano Milanese hanno fatto una macabra scoperta in una camion abbandonato che scatenerà l’interesse della compagna di Lorenzi giornalista di Radio Popolare, Cristina Petruzzi, coadiuvata da Mara Jovine sua nuova e spericolata assistente.
Sangue nel Redefossi, racconta di come la malavita mafiosa riesca a infiltrarsi ovunque, di atroce e disumana messa in schiavitù di poveri emigranti, da parte di lupi che si vestono da agnelli, di trapianti di organi illegali e di altre sporche ma lucrose attività gestite con la collusione della ndrangheta, che oltre a portare avanti i propri affari, offre senza scrupoli la sua manovalanza a caro prezzo.
In Sangue nel Redefossi Lorenzi prima che poliziotto è una persona profondamente umana che vorrebbe abbattere i propri limiti e farcela a ogni costo. Non ci concede tregua. Soffre in prima persona la pressione del lavoro, della vita, del mondo intorno a lui che vorrebbe schiacciarlo e, specialmente quella provocata dalle sue scelte. Neanche la presenza di Cristina gli basta più. Ma insiste e va avanti tenacemente, combatte, prende un colpo ma si rialza e ricomincia daccapo.
Marchitelli continua a tessere la sua tela di denuncia. Lorenzi non ha ancora finito di indagare su questa Italia allo sfacelo? O forse?
Non so, ma io preferisco chiudere questa mia breve critica con la frase finale del romanzo, che poi è il pensiero di Marta Jovine assistente di Cristina: «Restiamo umani».

 

 

Patrizia Debicke

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