La mia generazione, quella dei trentenni, ha imparato sui banchi di scuola che i fascisti erano cattivi e i partigiani buoni. Fine della storia.
Ma la storia non finisce lì, non finisce mai, e non si cancella con una canzone salmodiata davanti ad un monumento, col sindaco in prima fila che indossa orgoglioso il tricolore, onorando la memoria di chi è morto per la patria.
Lo racconta molto bene Marco Videtta in questo libro, che ci riporta impietosamente ad un non lontano 1948, sfondo di un’Italia che ha ha saputo resistere ma che esce esausta dallo sfascio dello Stato, disorientata da una propaganda repubblicana dai contorni sfocati.
Fulvio ha una sola ossessione, far luce sulla morte del fratello maggiore, Lucio, fanatico repubblichino assassinato in circostanze poco chiare.
Spinto da un debito di riconoscenza verso il fratello che lo aveva introdotto nelle fila del fascismo, e ottenebrato dalla sete di verità, Fulvio lascia Napoli per ripercorrere i luoghi degli ultimi mesi di vita di Lucio.
Il viaggio del protagonista diventa inevitabilmente il viaggio dentro la storia che non è quella della memoria collettiva, è quella che la coscienza impone di scandagliare, di sviscerare, a volte di scoprire.
Non si tratta più solo di stabilire chi sia il buono e chi il cattivo, un certo cinismo basterebbe forse a convincersi che c’è una storia, una verità, una giustizia, un punto di vista.
Invece no, ci sono le storie, le verità, le giustizie, e molti punti di vista.
Lucio scoprirà una verità scomoda e imprevista, e l’orizzonte che gli si aprirà sarà molto diverso da quello che si sarebbe mai potuto aspettare.
In un attimo appare chiaro che non esistono classificazioni, che l’appartenenza ad un partito non garantisce la sopravvivenza, non c’è un modo giusto per assicurarsi il lieto fine, non c’è protezione e non c’è associazionismo quando interviene l’interesse privato.
In un passaggio intenso del libro si ricorda come Marx abbia detto che i figli devono educare i genitori; di quegli anni è figlio il nostro tempo, la Repubblica che celebriamo e osanniamo ma che sembra tristemente ricondurci al passato, chissà se si tratta di un figlio non ancora cresciuto, o di un padre non ancora invecchiato.
Videtta ha scritto una piccola storia che svela con estrema attualità un’epoca che troppo spesso è stata oggetto di mistificazione, restituendo ai fatti la giusta collocazione.
Un bell’avvenire
eva massari