Una discesa negli inferi. Un richiamo alle origini, alla natura ancestrale d’ognuno quando la ragione cede all’istinto, quando il richiamo dell’appartenenza famiglia urla più forte d’ogni altra voce e ti dice che dovunque andrai, nulla mai potrai fare per essere diversa da ciò che sei. Da ciò che sei sempre stata. Da ciò che pensavi di esserti lasciata alle spalle.
Dal mondo a cui in fondo non hai smesso di appartenere.
Un romanzo crudo che si snoda col ritmo del thriller per raccontare gli angoli più bui dell’animo umano e di una terra arcaica, la Calabria, dove condanna e punizioni trovano compimento senza passare dai tribunali.
Dove rispetto e tradimento sono specchi in cui guardarsi per ritrovarsi e perdersi.
Un libro duro, capace di coinvolgere ed emozionare, con uno stile di scrittura diretto, senza fronzoli, che ci fa conoscere ciò che i giornali non raccontano, la verità altra, quella vera, quella che sta dietro il non detto dei fatti spiccioli di cronaca nera.
Paola La Paglia è figlia della bella terra di Calabria. Suo padre, Domenico, è un potente boss della ‘ndrangheta e gestisce affari e commerci coi suoi due figli maschi, Santo il maggiore, e Matteo, il più piccolo. Paola ha lasciato presto Pietranera, il suo paesino natio arrampicato su una montagna a picco sul mare nella sua terra, per trasferirsi a Milano. Per stare lontano da suo padre che pur essendo costretto sulla sedia a rotelle, a seguito di un incidente autonomo patito in gioventù con la moto lungo i tornanti dell’Aspromonte, continua a comandare, a gestire affari milionari.
Domenico La Paglia, classe 1955. Pochi capelli, occhi piccoli e neri. Alto, pesante, flaccido. Paralitico. Centoventi chili costretti su una carrozzella.
Paola ha conseguito una laurea in Economia e ben presto ha trovato lavoro nella capitale della moda, una campagna pubblicitaria e un contratto da editorial stylist con cui aveva lanciato il marchio On/Off che “riempiva manifesti e bocche di mezza Calabria. L’università finita appena una settimana prima, quel colloquio arrivato quasi per caso, quando tutti i suoi compagni sorseggiavano ancora gin tonic cercando indirizzi email dove spedire i sogni del futuro. Lei quel sogno lo aveva realizzato subito, senza nemmeno faticare troppo.”
Nonostante la distanza dalla sua terra, nuovi amici e nuove abitudini, Paola dentro ha sempre saputo chi fosse. Di chi era figlia. Da cosa era fuggita. Aveva undici anni quando aveva visto tanti volti di uomini conosciuti che lei chiamava zii, riuniti attorno al tavolo di casa. Si era nascosta e aveva spiato all’interno. Gli zii, che zii non erano, stringevano in mano l’immagine San Michele Arcangelo, l’angelo con la spada rivolta verso il nemico schiacciato a terra con un piede. L’immagine era stata bruciata e accompagnata da parole che non aveva mai dimenticato. Una specie di litania. Al centro di tutto c’era suo padre, Domenico. Tutti lo guardavano in silenzio, tutti aspettavano i suoi ordini, tutti lo seguivano.
Adesso Paola è tornata. Non per piacere e neppure perché suo padre è affetto dalla SLA che ne aggrava oltremodo l’esistenza sulla sedia a rotelle. È tornata perché i nemici di sempre della sua famiglia, i Delise, una faida cominciata trent’anni prima, hanno assassinato suo fratello Matteo, facendo saltare in aria con una bomba la loro pizzeria.
Si ritrovò a passare davanti alla pizzeria dove andavano ogni domenica sera quando sua madre era ancora viva. Era stata proprio lei a scegliere il nome, La Rosa e il Peperoncino: il fuoco della Calabria nascosto sotto i petali del suo fiore preferito. Margherita e Coca-Cola, qualche fritto da litigare con i suoi fratelli. Si sentì attraversare da un pizzico di malinconia che scacciò pensando che in fondo a mancarle era soltanto Matteo.
Nella sua famiglia e non solo, tutti sanno che sono stati i Delise ad assassinare Matteo, ma per Paola quel viaggio d’addio a Matteo, un addio che doveva avvenire nel giro di un solo pomeriggio, si trasformerà nel viaggio della vita. Un ritorno alla sua terra da cui in fondo non è mai andata via davvero.
Sono stati i Delise ad assassinare Matteo o la verità sottaciuta è assai più tragica e scottante come le sembra di intuire a ogni passo?
Cosa sa davvero il procuratore Giorgio Miceli, titolare delle indagini con cui Paola in passato ha avuto una storia? È davvero un magistrato a libro paga dei Delise come sostiene suo fratello Santo? Oppure sono i Delise che hanno raggiunto un accordo col procuratore e lo temono per certi incartamenti che sarà meglio che occhi indiscreti non vedano?
Col passare delle ore prima, a funerale concluso, e dei giorni dopo, Paola non riparte verso Milano dall’aeroporto di Reggio Calabria, e viene risucchiata nel proprio mondo fatto di silenzi, dove in apparenza la vita scorre come sempre, con qualche nave carica di veleni che continua ad affondare al largo delle coste calabre, un capitano che viene brutalmente torturato e l’immancabile, iconografica festa al santuario della Madonna degli Scogli.
Proprio in quel momento la Madonna degli Scogli si affacciò sul portone del santuario. Le corone dorate brillavano alla luce del sole, i fiori sparsi ai piedi della statua erano rose bianche e rosse. Dodici uomini con tuniche candide e leggere mantelline azzurre reggevano i quattro bracci in legno della portantina. La tarantella non si interruppe nemmeno per un secondo. Tamburelli, organetto e preghiere. I gonfaloni dei Comuni dell’Aspromonte si alzarono sul piazzale come bandiere davanti a una regina. Gli altoparlanti continuavano con la novena.
A Paola è bastata un’ora e mezzo di volo da Milano a Reggio Calabria per trovarsi in un altro mondo.
E le basteranno pochi giorni per abbandonare la ragazza di ieri e diventare la donna di oggi, ben determinata a trovare la verità e pareggiare tutti i conti. Anche se il prezzo da pagare sarà molto alto.
Il prezzo di appartenenza a una famiglia.
La famiglia!