Il pesatore di anime- Olivier Norek



Olivier Norek
Il pesatore di anime- Olivier Norek
Rizzoli
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Se vi chiedessi se siete capaci di riconoscere dove si nasconde davvero il male oggi, cosa rispondereste? Probabilmente, in un mondo in cui le sfumature si dissolvono progressivamente giorno dopo giorno, la risposta può essere una e una sola: sì. D’altronde anche solo ammettere di riconoscersi incapaci di distinguere tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra vittima e carnefice sarebbe di per sé vergognoso.

Il mondo oggi, la semplificazione che lo pervade, impone di pensare per categorie, di identificarne i confini, di marcarli in maniera netta. O si è nel giusto o nello sbagliato. O si è vittime o si è carnefici. O si è nel bene o si è nel male. Il male che “lavora attraverso il fascino”. Quel male che è “impossibile” non riconoscere immediatamente quando ci si ha a che fare.

Dopo aver letto queste pagine però, dire “impossibile” potrebbe sembrarvi non più così scontato. E allo stesso modo anche la vostra sicurezza nel rispondere a quella domanda iniziale: siete capaci di riconoscere dove si nasconde davvero il male? Il pesatore di anime si apre come uno dei tanti libri del genere finendo per scavare dentro di voi. Dentro le vostre, di anime. Per minare certezze che credevate inscalfibili, avvolgendovi nella stessa nebbia che inghiotte Saint-Pierre, l’isolotto francese a sud di Terranova, nell’Atlantico settentrionale, dove il capitano Victor Coste si è rifugiato in seguito a un dolore mai superato fino in fondo. Lui, il “pesatore di anime”, nella sua residenza-fortezza a picco sull’oceano, lavora sotto copertura per proteggere i collaboratori di giustizia che gli sono assegnati da Parigi. Ma il suo compito è ben più importante di quanto possa sembrare: lui infatti deve riuscire a leggerne l’anima per capire se meritano davvero una nuova chance oppure se il loro destino deve essere dietro le sbarre di una cella, a espiare colpe per cui nono si sono realmente “pentiti”.

Le poche certezze che gli restano crollano insieme a quelle del lettore quando irrompe nella sua vita Anna: non una collaboratrice di giustizia ma una superstite. Lei, l’unica a sopravvivere a uno squilibrato che l’ha rapita e tenuta prigioniera per dieci anni. Lei, la prima di tante ragazze più o meno sue coetanee a scomparire per mano dello stesso uomo. Loro uccise. Lei l’unica a salvarsi. L’unica oggi a poterlo raccontare: a poter imprimere davvero una svolta alle indagini.

Riuscire a fermare per sempre il serial killer significa però ritornare con la mente dentro quella prigione, rivivere quei dieci lunghi anni. Ritornare a guardare la morte negli occhi, sentirne l’odore sulla pelle. Non un’anima qualunque quella di Anna: pervasa di morte, di paura e dolore. Di sofferenza. Lo schivo e solitario Coste lo scopre a sue spese: leggere quell’anima è scavare dentro di sé. È riconoscere l’incapacità di spezzare le catene a cui il dolore ci tiene ancorati. Quel dolore che ci rende vulnerabili. Che ci impedisce di guardare con distacco a ciò che ci circonda. A distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato. La vittima dal carnefice.

Pur non avendo un legame stretto con il precedente di Norek, “Superficie”, se non per un personaggio che ricorre in entrambi i libri, a “Il pesatore di anime” si può guardare come a un’ideale prosecuzione. L’invito in “Superficie” era ad andare al di là di ciò che appare: dentro la ferita, oltre la cicatrice. Qui invece affonda il coltello nella carne: la penna come l’arma del killer squarcia ogni nostra certezza. E Norek si diverte: evoca appositamente casi di cronaca realmente avvenuti, come quello di Fourniret, il serial-killer francese conosciuto come Mostro delle Ardenne (Netflix gli ha dedicato di recente una docu-serie), sapendo che alla fine, girata l’ultima pagina, anche le nostre convinzioni su come si siano svolti davvero quei fatti e sul coinvolgimento della moglie (complice o vittima?) finiranno per vacillare. E se lui si diverte, il lettore ancora di più.

Giulio Oliani

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