Vita dura per le canaglie



André Héléna
Vita dura per le canaglie
Aìsara
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Parigi 1944. L’occupazione tedesca dura ormai da quattro anni e, anche se la guerra da lì a poco finirà, ancora non si vedono spiragli per una fine prossima. Maurice non ha alcuna simpatia per i crucchi. Gli ha appena venduto bare per un milione di franchi e quello che vuole è solo vivere con la sua Hermine. Ma la follia dei tempi porta sulla giostra anche lui. Vede la sua amata baciare un uomo della milizia tedesca. Fine delle trasmissioni. Parte un cortocircuito di proporzioni cosmiche e la sua esistenza entra in tutt’altro palcoscenico. Nuovo anche il canovaccio: omicidi, fughe, arresti, treni, hotel, tradimenti, donne con cui sfogare una pulsione che non nasce solo all’interno dei calzoni, città dentro cui portare a termine incarichi da cui non si torna indietro. Fino ad arrivare a conoscere la Resistenza.

Ambientato come altri suoi romanzi durante la Seconda Guerra Mondiale (I clienti del Central Hôtel, ad esempio), Vita dura per le canaglie appartiene al filone più dolente di André Héléna. Come se il conflitto bellico, e l’orrore che trascinò con sé, avesse scavato nello stomaco dell’autore da portare in superficie una ancor più forte pietà umana di cui ogni rappresentante della categoria può dirsi sempre legittimo portatore. Un romanzo insolitamente corposo per Héléna (oltre le 400 pagine), che peraltro non chiude l’intera vicenda (aspettiamo il seguito Il festival dei cadaveri annunciato dalla stessa Aìsara, che meritoriamente da qualche anno ha deciso di pubblicare un corposo numero di titoli del superlativo maledetto noirista francese).

Sono pagine imbrattate di sangue queste. Ma il sangue che scorre non è più disumano dell’ipocrisia e della falsità che spesso ne determinano la fuoriuscita. Liberi tutti?, sembra chiedersi Héléna. Ma se proprio deve vincere il caos, che almeno si cerchi di essere complici solo di se stessi. E di quella minima idea di giustizia terrena che anche solo nervosamente spinge il nostro agire. E si decida di imprestare fiducia solo a chi fa festa degnandoci di un invito. A cui però poter sempre rispondere: «Ci penserò. Devo ancora terminare il mio pastis non vede?»

P.S. Possibile sperare in una prossima pubblicazione della biografia di questo maestro (non meno romanzesca delle sue storie)?

Corrado Ori Tanzi

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