WW (DiRottamenti) – Povera Mary o povero Peter?

Si potrebbe anche dire: povero Peter Quennell, sarà pur stato un esperto redattore di biografie letterarie (da Byron a Ruskin a Shakespeare). Sarà pur stato, come debitamente riporta la quarta di copertina del suo Byron in Italia (Il Mulino, 16,53 euro), “uno dei più celebri esponenti della società letteraria inglese di questo secolo” (il libro è apparso in Italia nel 1999, forse dovevano pensarci che il secolo ci stava lasciando) e uno che ha “portato a perfezione l’arte tutta britannica della biografia letteraria”.

Ma è pur sempre stato, appunto, un uomo del secolo scorso (è nato nel 1905 ed è morto nel 1993) e quindi non ha capito nulla di donne, sesso e rispetto delle classi lavoratrici. A dire il vero, ne avrebbe avuto tutto il tempo e il modo; e comunque, un editore che decide di ripresentarne il lavoro, il dubbio se lo deve pur porre.

Perché il signor Quennell, in un saggio che pare incomprensibile in più parti (perché dev’essere un pezzo di una più ampia biografia ma anche perché percorso da inspiegabili “pudori”), riesce a raccontare la vita di Lord Byron parlando malissimo di tutte le donne che si trova a citare, come la povera moglie, la colta e religiosissima Anne Isabella, abbandonata dal marito che la tradiva incestuosamente con la sorellastra, Augusta.

Oppure ignorandole (la figlia sopravvissuta di Byron, Ada Lovelace, sarebbe stata un’importante matematica). O infine ritraendole in modo irriconoscibile. E qui il caso diventa clamoroso con Mary Wollstonecraft Shelley, la convivente prima e poi la moglie di Percy Shelley.

Mary non è stata solo la creatrice di Frankenstein (che oggi è ben più noto delle poesie del marito), ma una donna colta, intelligente, alle prese sia con un compagno dalle idee piuttosto eccentriche sulla libertà sessuale (tutti questi poeti-campioni di libertà consideravano i diritti a senso unico: le loro donne avevano una gravidanza e loro, il più delle volte, se la davano a gambe), su come mantenersi nella vita e come gestire i propri rapporti col prossimo. Ma anche con un padre tanto libertario nei principi quanto feroce nel condannare la condotta della figlia che si mise, appunto, con Shelley quando lui era ancora sposato (con una poveretta, Harriet, che fu abbandonata incinta e che anni dopo si sarebbe suicidata).

Così a fronte di questi antipaticissimi signori poeti, io vi ripropongo non solo Frankenstein (edito in Italia da Mondadori). Ma soprattutto la lettura (in inglese) del testo di Mary Wollstonecraft, A Vindication of the Rights of Woman, uno di quei testi che andrebbero studiati a scuola (magari in cambio di qualche fesseria in meno sul Romanticismo).

E che ora si trova su Internet, per esempio su http://womenshistory.about.com/library/etext/bl_vindication000.htm, sito ricchissimo di informazioni sulla storia delle donne.

valeria palumbo

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