La profezia delle pagine perdute – Marcello Simoni



Marcello Simoni
La profezia delle pagine perdute
Newton Compton
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Dopo  aver inseguito spinto dalla disperazione, il padre Ignazio da Toledo, fino  all’Isola perduta, quasi alla fine del mondo, e aver  visto con i suoi occhi il crollo enorme e devastante con la  barriera di fuoco che avvolgeva ogni cosa, Uberto non si faceva più illusioni.  Nessun essere umano  poteva  sopravvivere a  tanto orrore .  O almeno questo era ciò che credeva  quando nel luglio del 1232,  sbarcato finalmente in Sicilia, chiese udienza  alla corte imperiale a Palermo.
Dopo  il catastrofico  finale al cardiopalma di Il segreto del Mercante di Libri, che ci  aveva  lasciato nell’angosciosa incertezza sul futuro, ritroviamo Uberto Alvarez mentre viene  introdotto  al cospetto di Michele lo Scoto, celebre astrologo, scienziato  e consigliere ufficiale dell’imperatore e vecchio. diciamo, datore di lavoro e  garante del padre.  L’astrologo, mago e eminenza grigia della corte federiciana  lo informa di aver appreso delle loro numerose traversie spagnole, delle  ingiuste accuse mosse alla famiglia dall’inquisitore e padre domenicano fra’ Pedro Gonzalez, e lo rassicura sulle condizioni di  moglie e figlia, che non vede da mesi, garantendo di averle in sua custodia e in perfetta salute. Ma, visto che  aspettava il padre e non  il figlio e vuole assolutamente sapere  dov’è Ignazio da Toledo, confessa:  «Ho urgente bisogno di parlargli. Molto urgente! È solo per questo motivo che mi sono degnato di accogliervi di persona…. Ebbene, dove l’avete lasciato?»
E per Uberto, davanti al  suo gelido  sguardo, che pare trafiggerlo come una lama,  sarà doloroso e difficile confessare di essere certo che suo padre sia morto e spiegare come. Senza poi tener conto che  dovrà persino far fronte alla  sua scomposta e irata  reazione. Il  cancelliere scienziato infatti, dopo aver maledetto il nome di Ignazio da Toledo ed essersi sfogato accusandolo di tradimento,  scaricherà  su di  lui una serie di contumelie. E al suo inutile tentativo di difendere la memoria del padre, lo minaccerà di costringerlo a  sostituirlo, per ovviare ai suoi  crimini e,  se vuol sapere il  perché e percome, dovrà recarsi ai vespri a San Giovanni degli Eremiti. 
Insomma, senza neppure fargli la grazia  di riabbracciare  moglie e figlioletta, lo condanna a una specie di prigionia controllata, sotto la custodia dei benedettini, governati dall’Abate Iocundus suo fedele. Dopo quella disastrosa accoglienza per Uberto, semiperduto nel rumoroso e colorato caos palermitano, sarà di conforto, al suo arrivo  al Monastero privilegiata residenza di suo padre durante il suo lungo soggiorno siciliano,  ritrovare il  vecchio monaco il berbero Ascelepio, al quale  al momento dell’imbarco  a La Coruna, nei pressi di Santiago de Compostela, ha affidato la sua famiglia. Anche lui è costretto a restare a San Giovanni degli Eremiti, ostaggio dal dispotico volere di Michele Scoto.   
In sostanza, Palermo pare voler diventare per Uberto l’inizio di un nuovo incubo. Anche perché non ha più notizie di sua madre, che ha lasciato prigioniera a Madrid con solo la protezione esterna del fedele Wilhame, e sua moglie e sua figlia in pratica sono prigioniere del geniale e potente astrologo personale dell’imperatore Federico II.  Michele lo Scoto per parte sua presume che il mercante, magari  a buon fine,  nel timore che potesse finire nelle mani sbagliate, abbia  preso e, servendosi di un astruso rompicapo,  abbia nascosto a tutti un libro misterioso, la leggendaria Prophetia Merlini. Un libro che aveva ritrovato e che pare contenesse alcune magiche indicazioni della gente  del nord…
Insomma Uberto è condannato a percorrere uno spinoso cammino, tracciato da altri per lui.  Dovunque alzi lo sguardo poi vede solo nemici attorno a lui e in una sconosciuta città come Palermo, maestosamente ricca, opulenta e popolosa sotto Federico II, ma a lui del tutto sconosciuta sarebbe perduto senza l’imprevisto, provvido ed eccezionale aiuto di  Balac il terribile, la miglior spia di Palermo.
Uberto si arrovella, si sforza di mostrarsi all’altezza  di suo padre …  Non può certo immaginare che le sue sventure saranno anche se non direttamente, collegate a ciò che sta vivendo  un uomo che ha smarrito il suo  passato, soccorso, privo di sensi e di memoria, abbandonato su una lontana spiaggia dell’Africa settentrionale e messo schiavo ai remi, imbarcato su una nave di pirati barbareschi  che ora  bordeggia lungo le lontane coste del  mar Rosso.
Si faceva chiamare Al Andalusi ma ora che la memoria e la coscienza di sé lentamente  stanno ritornando  ha cambiato il nome in  Al-Qalam. Ha ripreso il suo vero nome? Ma è alla catena, prigioniero di uno spietato capitano, che dovrà  affiancare e guidare nella sua caccia a un favoloso irraggiungibile tesoro da sempre e ovunque ambito, ricercato e che si dice provenga dal Santo Sepolcro. Forse un gran tesoro rubato  in tempi remotissimi a re Salomone, addirittura da Menelik figlio suo e della  Regina di Saba.
Mentre Al-Qalam lotta per ricuperare   la sua identità e  riprendersi  la libertà , Uberto si  allea con Michele Scoto sia per ritrovare quanto il Mercante  ha nascosto e confutare  pericolose  teorie sostenute dagli avversari  e dai nemici dell’imperatore, sia  per  spalleggiare sua madre, Sibilla, spirito indomito che  ha  rialzato fieramente la testa e mira a  smantellare il  falso castello di accuse di eresia mosse loro dall’acerrimo nemico di Ignazio da Toledo, da Pedro Gonzále,  spietato inquisitore  domenicano… Un’alleanza che dovrà superare ogni ostacolo e battersi all’ultimo sangue  contro scatenati nemici che paiono invincibili.
Ormai siamo adusi al ritmo narrativo diciamo “alla Simoni “ soprattutto quando riporta in scena il suo ormai stranoto Mercante, Ignazio da Toledo.
Si riparte  ancora una volta  al  galoppo più sfrenato, ormai coinvolti in un  carosello di fughe  e inseguimenti, di accuse, controaccuse, sospetti di eresia, complotti, delazioni, intrighi , tranelli, cambi di rotta, duelli e tradimenti praticamente a ogni pagina, sempre pronti e in ascolto di quanto  qualcun’altro sta tramando. I minacciosi nordici pugnali con per elsa una croce, si sono insinuati come velenosi serpenti anche in terra siciliana pronti ad attaccare e uccidere. Eh già, perché udite, udite, contemporaneamente pare che siano risaliti sulla scena, assetatati di sangue e vendetta, anche gli affiliati alla  setta dei vecchi sanguinari nemici del Mercante: la Saint-Vehme, ai quali si sono aggiunti i misteriosi e altrettanto letali adepti della Setta della Rosa,  spalleggiati da  I Cavalieri Teutonici, la potente consorteria di cavalieri germanici. In un continuo alternarsi di alleanze e contrapposizioni che vedono in gioco l’impero, gli intrighi del papato e dei suoi emissari, tra i quali alligna persino  Pier delle Vigne: insomma una specie di minaccioso  labirinto dal quel bisogna riuscire a  trovare l’uscita.
Anche stavolta Marcello Simoni  ci affascina con il suo colto e fiabesco  raccontare, in bilico tra feuilleton alla Dumas, avventura salgariana,  con una punta di Mille e una Notte, forse persino  una toccata a Marco Polo e poi stavolta, mi viene da aggiungere,  mi ha persino riportato alla  mente certi fantasmagorici intrighi di Anne e Serge Golon e della loro indimenticabile Angelica. Un raccontare  che non stacca mai,  non si mai concede pause. Con il fiato sospeso, affrontiamo ogni nuovo capitolo, tempestati da un turbinio di eventi che ci spronano a riprendere subito la lettura. Spesso con appena il tempo di respirare  tra una pagina  e la successiva  ma sempre con il cuore in gola. 
Capitoli brevi e meno si susseguono con  salti di scenario  da brivido, densi di personaggi  e arricchiti da colpi di teatro che ci costringono a immergerci nelle più ardue peripezie dei protagonisti. La costruzione poi di una lingua che definirei semi maccheronica dalle tenui ma ben calibrate inflessioni  medioevali che immergono il lettore nell’epoca e  talvolta fanno sorridere, a conti fatti si rivela  una perfetta attualizzazione a rovescio del linguaggio odierno, leggibile per la disinvolta affabulazione che incanta. Unita sempre a quella  giusta e indispensabile dose di leggerezza che è anche uno dei tanti  meriti del libro.  Che poi se volessimo paragonare La profezia della pagine perdute  a una torta potremmo descriverla così: ricca, calorica, spumeggiante e farcita al punto giusto di tutti gli ingredienti indispensabili a farne una meraviglia.                                                                                                Marcello Simoni, so di averlo già  detto ma non mi stancherò di  ripeterlo, usa con sapienza  la sua capacità di riuscire a creare le diverse  atmosfere utili alla sua trama, avvalendosi sempre  di un’accurata ricostruzione storica che non trascura i particolari e introduce al punto giusto e  con il giusto equilibrio i personaggi realmente esistiti. Le sue ambientazioni, sono sempre  puntuali, ricercate, spesso molto volute ma sempre e solo palcoscenico e cornice che lasciano spazio, anzi privilegiano e arricchiscono la sua storia  e la vera storia.  Che dire ora?.
Beh grazie Marcello! Alla prossima!

Patrizia Debicke

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