Contest Cocco e Magella: i racconti vincitori

Concorso Cocco e Magella – Continua l’incipit e vinci – 
4° Classificato il racconto di Sabina Bruschi

 

AURORA
“Il 15 settembre del 2014, intorno a mezzogiorno, la professoressa Aurora S., 34 anni, insegnante di Scienze, uscì dal portone principale della Scuola Media di Lambrate, Milano, diretta come ogni giorno verso la Stazione Centrale. Dopo aver salutato un paio di colleghi, Aurora fu vista allontanarsi da sola verso l’angolo compreso tra via Feltre e Piazzale Udine. I familiari e l’ex compagno diedero l’allarme intorno alle quattro del pomeriggio, e le ricerche della Polizia iniziarono verso le diciotto. Al momento della scomparsa indossava una giacca di velluto beige, una maglietta fucsia, dei jeans e un paio di scarpe da ginnastica.”
Finito di parlare, il commissario De Vita osservò i suoi interlocutori: chissà come avrebbero fatto squadra i tre nuovi investigatori, due uomini e una donna, tutti con almeno la metà dei suoi anni.
La prima a parlare fu Scarpino Lucia, la sua mano dalle unghie laccate nere stringeva una penna, oscillante come un metronomo.
“Dobbiamo discutere dell’indagine?”
“Sì, è un test. Voglio che proviate a lavorare su questo caso irrisolto realmente accaduto. Immaginate che oggi sia il 15 settembre 2014: il vostro capo vi ha appena incaricati di occuparvi della scomparsa di Aurora. Che fareste?”
Luigi Longo, alto, occhiali neri, si alzò in piedi. Appoggiò tutte e due le mani sul tavolo. “Prima cosa, l’invio del dispaccio informativo e della foto a tutti gli uffici di Polizia, alle stazioni ferroviarie, alle sezioni stradali e alle frontiere.” -disse mentre cercava un cenno di conferma. Per tutta risposta, il terzo, Angelo Romeo, mosse la testa. Scarpino picchiò la penna contro il palmo aperto della mano.
Il commissario si diresse alla lavagna e iniziò a scrivere un 1, poi aggiunse DISPACCIO accanto. Longo continuò. “Inserirei tutti i dati di Aurora nel database del Sistema Interforze, per incrociarli con i dati biometrici post-mortem dei cadaveri non identificati.”
Quel ragazzo stava iniziando bene, pensò il commissario. Un 2 comparve sulla lavagna, seguito dalla parola RI.SC. l’acronimo di Ricerca Scomparsi, il loro sistema informatico.
“Come da manuale.” – esclamò Scarpino. “Però io scriverei in alto le quattro cause di una sparizione: rapimento, omicidio, suicidio e cambio di vita. Poi gli esiti del contatto coi familiari, l’ex compagno, i colleghi, gli studenti… Gli eventuali conflitti, i trascorsi penali, eventi traumatici, malattie…” e scuoteva la penna come una bacchetta magica ad ogni parola che scandiva. Romeo intervenne per aggiungere che l’analisi dell’abitazione di Aurora avrebbe rivelato molto di lei. Lo disse arricciando il naso importante sopra una bocca infantile.
De Vita riprese la parola. “Bene. E’ proprio quello che fu fatto. Scoprimmo che era stata lasciata da poco dal compagno perché sempre esaurita, anche se il suo medico non ci confermò alcuna patologia. Che a scuola era la responsabile di un progetto scientifico e che frequentava un’associazione di volontariato a sostegno dei genitori di bambini scomparsi. Aveva prelevato dal suo conto in banca quasi tutto quello che possedeva, quella mattina di settembre.”
Romeo tossicchiò e si agitò sulla sedia. “Un momento! Sostegno ai genitori di bambini scomparsi? E perché? Io approfondirei.”
Il commissario sorrise, disse di andare con ordine e riprese a scrivere alla lavagna. In alto scrisse le motivazioni: rapimento, omicidio, suicidio e cambio vita, con un punto di domanda. Poi un 3 sotto a RI.SC. ed elencò tutte le informazioni desunte dai colloqui. Infine aggiunse: “Bravo Romeo. C’era stato un caso di persona scomparsa prima del suo: un’alunna della scuola media, Anna, sparita un anno prima. Caso mai risolto. La professoressa ne era rimasta molto scossa e aveva mantenuto i rapporti coi genitori per essere loro vicina. Purtroppo quei due non riuscirono a reggere la sofferenza e dopo pochi mesi si suicidarono. Nell’auto accesa, chiusa in garage. Aurora passò momenti molto brutti, poi entrò nell’associazione per aiutare chi aveva vissuto la stessa esperienza della perdita di un figlio.”
Longo prese un’iniziativa. Andò alla lavagna e col pennarello fece una X sopra la parola suicidio. “Credo si possa eliminare questa ipotesi, visto che la professoressa aveva prelevato tutti i soldi. A che scopo averli prima di togliersi la vita?” Gli altri due tacquero e mentre tornò al tavolo con un po’ troppa fiducia in se stesso, il commissario cancellò la X. Disse che non si poteva escludere che prima di un suicidio si scegliesse di elargire i propri soldi a qualcuno. Ci fu un silenzio un po’ imbarazzante, finché Romeo lo interruppe con la sua domanda: “Cosa trovaste a casa della scomparsa?”
Il commissario spiegò. “Si fece un sopralluogo nella casa dove abitava da sola. Non mancava nulla. Non si trovarono impronte, ma ben di più. Tracce consistenti del suo sangue sul pavimento della cucina, malamente cancellate; una ballerina numero 34 (quando Aurora portava il 38 di piede) in corridoio; in cantina una branda aperta sul pavimento.”
“Cosa intende per tracce consistenti, commissario?” era Scarpino che aveva posto la domanda, poi mordicchiò il tappo della penna in attesa della risposta.
“Una quantità tale di sangue che ci fece supporre di trovarci davanti ad un caso di omicidio.”
Nella sala riunioni si fece di nuovo silenzio. Fu Longo a romperlo, sperando di rimediare alla brutta figura di prima. “Commissario, direi che a quel punto l’ipotesi di suicidio fu abbandonata.”
“E anche quelle di rapimento e cambio di vita, se la supposizione si rivelò esatta.” – aggiunse Scarpino.
“Aurora avrebbe potuto esser stata uccisa una volta rientrata a casa da scuola quel 15 settembre… ma da chi? E poi il suo cadavere fatto sparire… ma che c’entrano la ballerina numero 34 e la branda in cantina?” Sembrava che Romeo stesse parlando a se stesso, cominciò a far traballare la gamba accavallata sull’altra.
De Vita riprese: “Siete voi che conducete. Che avreste fatto, una volta appurato che la quantità di sangue in cucina non avrebbe permesso a nessuno di sopravvivere?”
L’unica donna presente nella sala si mise a scrivere, poi si fermò a condividere i suoi appunti. “Si tratta di lavorare sui moventi di un omicidio, allora. Io manderei Longo ad indagare nell’ambiente scolastico: magari la professoressa era coinvolta in un progetto segreto. Romeo potrebbe invece occuparsi di contattare i genitori del gruppo di supporto: chi può escludere che sia venuta a conoscenza di loschi traffici di minori diventando una persona scomoda? Non mi capacito invece di quella ballerina e la branda trovate in casa… Prove del rapimento della sua alunna, da lei stessa perpetrato? Indagherei su questo.”
Il commissario era stupito. I dubbi sulle capacità dei nuovi agenti si stavano dissipando a poco a poco. Li avrebbe lasciati a consultare gli incartamenti e l’indomani avrebbe concluso il test. Al pensiero di quanto la sua squadra avrebbe potuto guadagnare dai nuovi ingressi, si lasciò pervadere da un cauto ottimismo: forse non ci sarebbero più stati casi irrisolti come quello di Aurora.
Il 17 settembre 2014 una donna era seduta sulla sabbia. Si tolse le scarpe da ginnastica e restò a guardare le onde del mare che s’infrangevano vicino ai suoi piedi. Distesa accanto a lei, ancora non ci credeva, c’era Anna, che dormiva. Sperò che non stesse sognando quanto aveva vissuto, vittima dei rapitori che l’avevano usata, drogata e maltrattata. Sperò che potesse svegliarsi dimenticando di aver perso i suoi genitori e ricordare solo di quando era scappata e l’aveva raggiunta, nascondendosi nella sua cantina. Sospirò, non era certa di essere riuscita a fuggire da quei criminali senza lasciare tracce. Era andata in banca e poi a scuola a fare lezione. Al ritorno aveva inscenato la propria morte rovesciando tutte le provette del suo sangue che conservava per gli esperimenti. Aveva pulito in fretta ed era partita col treno, portando solo Anna con sé. E tanta paura.
Il sole stava per sorgere, come la sua nuova vita, come lei, Aurora.

 

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