Io sono el Diablo



Mauro Baldrati Fanucci
Io sono el Diablo

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Io sono El Diablo 
Non si sa chi sia. Né da dove venga. Non si conosce il suo passato. Si ignora il suo presente. Si sa solo che è l’inglese. Così che lo chiamano. E così dice il suo passaporto. Ha il volto sfregiato. Un orecchio è strappato, ha una placca di metallo al posto dello zigomo sinistro, sotto la brutta cicatrice che, partendo dalla radice del naso, gli attraversa l’occhio coperto da una benda di cuoio nera e lo fa sembrare un vecchio pirata dei Caraibi. Non è certo un bello spettacolo, ma perché è così? Si possono solo fare delle ipotesi, un guerriero ferito in combattimento, una rissa tra delinquenti? Oppure? Conserva i suoi averi o almeno pare nel pesante zaino che si porta sempre addosso. Per lavarsi e cambiarsi ricorre ai bagni pubblici. Ma non è un clochard. Da due anni è arrivato a Bologna. E da un pezzo ha trovato da dormire in uno squallido container metallico giallo gelido d’inverno e un forno arroventato in estate. Una baracca che, come tutte le altre in altri tempi, era servita da ufficio o da deposito per gli attrezzi degli operai di un cantiere di costruzioni. Un cantiere dismesso trasformato in una specie campo nomadi in cui nulla è regolare. Per fare avanti e indietro con la città, macina a piedi decine e decine di chilometri ogni giorno che Cristo manda in terra, vagando poi senza una meta, o almeno pare per una quasi irriconoscibile Bologna vista attraverso il suo unico occhio da Polifemo. Una città che sembra la decadente periferia della Marsiglia dei più cupi polar di Izzo, solo che l’inglese nel suo orizzonte non vede mai il mare, sostituito dalla pietra e dai mattoni dei palazzi, dal rombare degli scappamenti che troppo spesso sottolineano il degrado più totale.
 Io sono El Diablo, traccia il cammino di un noir a tinte forti ambientato in una Bologna sconosciuta. Una Bologna ben lontana dall’ideale atmosfera di quella del tempo che fu godereccia, chiassosa e buongustaia. Diventata oggi: inedita, oscura e misteriosa quanto l’inglese, il personaggio creato da Baldrati, il protagonista. Un uomo sfuggente, in bilico fra il suo presente e il suo passato, abulico? Forse? Certo la cui vita scorre così, monotona e uguale giorno dopo giorno. E lui, che pare si sia assunto l’amaro compito di occulto testimone e custode, con il suo errante e quotidiano pellegrinare, non sa neppure più perché si trovi là, finché una sera, in un locale, una specie di mensa per poveri, dove mangiare costa 9 euro tutto compreso, incontra Violeta, una donna albanese che deve fuggire da un passato pericoloso. Sola come un cane. È l’incontro, il loro, tra due solitudini, due anime smarrite, cupe ma affini? Per aiutare Violeta, l’Inglese ritornerà a essere una macchina da guerra che si ricorda del proprio glorioso passato di combattente, riprende il vecchio nome di battaglia, El Diablo, si riappropria dei propri mezzi, della propria personalità e si costringe a immergersi in un doloroso e frenetico viavai tra Italia, Inghilterra, Olanda e Albania. Per portare a termine la sua difficile e pericolosa missione, El Diablo frugherà implacabile in covi di malavita. dove si lucra in traffici di merci, di esseri umani e di droghe che bruciano i cervelli, in locali a luci rosse che coprono i rischiosi intrighi della criminalità organizzata, fino a trovarsi scaraventato in un fondo e oscuro abisso dove pulsa il cuore del male. Ma qual’ è il vero male? Solo allora scopriremo qual’è e chi è veramente l’inglese. Troppo spesso si pensa di catalogare il genere noir come una variante del poliziesco. Non è così: il noir spesso non è fine a se stesso, ma un eccellente veicolo per trasmettere il messaggio di una moderna tragedia, le cui fosche sfumature rispecchiano certe brutte pieghe nascoste della società. Mauro Baldrati, senza fronzoli e far sconti a nessuno, ci racconta un’Europa che rappresenta l’emblema di un mondo che tutti si preferirebbe non esistesse. E invece esiste, c’è, purtroppo lo vediamo ribollire ogni giorno. Baldrati affonda il coltello nella piaga e ci descrive un continente dedito alla sopraffazione, ai più abbietti traffici e dove gli esseri umani giorno dopo giorno vengono sottoposti alla violenza e costretti alla prostituzione. Una spaventosa favola nera alleggerita appena del ritorno sulla terra di una specie di cavaliere della Tavola Rotonda che si batte contro il drago del male e che ben si accorda  con la trama intessuta giocando con la fantasia. Sbandierata al vento come la bandiera nera della sventura, piantata in cima alla mansarda del cottage dove un tempo l’inglese aveva la sua camera…
Un protagonista, l’inglese di Baldrati, che mi ha ricordato certi indovinati e malinconici personaggi, creati dall’indimenticabile genialità di Sergio Altieri.

 

Patrizia Debicke

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