Alfredo Colitto

A febbraio 2011 è prevista l’uscita del terzo romanzo della trilogia di thriller storici, che vedono come protagonista Mondino De’ Liuzzi, medico anatomista bolognese del ‘300. Dopo gli importanti riconoscimenti conseguiti con il “Premio Salgari” e con il “Premio Azzeccagarbugli”, grazie allo straordinario successo di “Cuore di Ferro” e de “I discepoli del fuoco”, lo scrittore Alfredo Colitto ha accettato di parlare di sé, della sua narrativa e dei progetti per il futuro.

In una recente intervista a ‘Booksweb.tv’ hai dichiarato che viaggiavi perché avevi un’inquietudine dentro, che poi hai trasferito sui libri che scrivi. Vuoi approfondire questo aspetto?
A trent’anni, ho lasciato il lavoro che avevo all’epoca, senza nessuna garanzia di trovarne un altro se e quando sarei tornato, e sono partito con un po’ di soldi in tasca e un biglietto di sola andata. Non è stata una scelta facile, come può essere quella di partire per una vacanza all’estero di due settimane. È stato un cambiamento di vita radicale, la rinuncia a ogni sicurezza pur di seguire un sogno, e la spinta è venuta soprattutto dall’inquietudine, dalla sensazione che non potevo fare diversamente. Questa inquietudine, questo sentirsi stranieri, disadattati a causa di un sentire non omologato, si riflette, in un modo o nell’altro, in tutti i miei personaggi.

Hai definito il Messico, Paese in cui hai soggiornato a lungo, un “posto poetico e violento”, grazie al quale hai scoperto il fascino del romanzo noir. Cosa ti ispirava di più in passato e quali invece sono gli elementi dai quali oggi trai ispirazione per scrivere?
Le cose che mi ispirano a scrivere non sono cambiate nel corso del tempo. Mi piace esplorare i sentimenti umani, le emozioni, le reazioni di un personaggio che si trova di fronte a situazioni estreme o impreviste che sconvolgono la sua idea della vita. E mi piace farlo in diversi contesti, che possono spaziare dal noir al romanzo d’avventura, al thriller storico e persino alla favola per bambini. Il contenuto non cambia ma si declina in modi diversi a seconda del tipo di storia.

I tuoi romanzi “Cuore di ferro” e “I discepoli del fuoco” si connotano per ambientazioni storicamente accurate: la fase di documentazione contempla ricerche multidisciplinari (storia medievale, filosofia, anatomia umana, medicina necroscopica etc…) . Quali sono le fonti di cui ti sei avvalso? Ti è capitato di cambiare trama in corso d’opera, alla luce dei risultati di una determinata ricerca?
Le fonti sono molte. Tra cronache dell’epoca e testi di medievistica contemporanei, verrebbe fuori una lista troppo lunga e ancora rischierei di aver dimenticato qualche titolo. Ma il tempo dedicato alla ricerca è parte integrante della scrittura. A volte nei libri che consulto trovo qualcosa che mi colpisce, un posto o un evento a cui all’inizio non avevo pensato, e cambio la trama in modo da includere questo nuovo stimolo, sempre che riesca a trovare un modo in cui il cambiamento di trama arricchisca la storia che sto narrando.
Nel Medioevo le ingerenze della Chiesa nei confronti della scienza consentivano studi anatomici solo su pericolosi criminali. Il protagonista dei due romanzi Mondino De’ Liuzzi è medico anatomista, ma è anche investigatore e diventa simbolo di una laicità e di un rigore “rivoluzionari” per il suo tempo…
Mi piace pensare che il Mondino realmente esistito non fosse molto diverso da quello che presento nei miei romanzi. Ovviamente non investigava su misteriosi delitti, si limitava a insegnare all’università e a praticare la medicina, ma visto che è stato il primo a riprendere la dissezione su cadaveri umani dopo oltre mille anni che era stata abbandonata, e visto che criticava Aristotele e Galeno quando le loro teorie non corrispondevano a ciò che l’osservazione diretta gli rivelava, direi che di fatto era un rivoluzionario nel suo campo. Non a caso il suo trattato è stato un testo fondamentale per gli studi anatomici europei per più di tre secoli…

Nella serata di “Librandosi 2010”, la fortunata rassegna letteraria estiva del Lido degli Estensi (FE) insieme a Franco Forte hai evidenziato che i protagonisti sono fondamentali nella storia e che “l’elemento vincente di qualsiasi buon romanzo è entrare nell’intimità dei personaggi, perché noi siamo narratori e non storici”. Vuoi parlarci del ruolo delle donne, che si discostano dalle rigide convenzioni dell’epoca per temperamento forte ed intelligenza?
Le donne forti e intelligenti mi affascinano, perciò nei miei romanzi, storici o meno, non ci sono mai donne remissive. Del resto, questa remissività della donna, moglie e madre obbediente e silenziosa, è più che altro una maschera, che le donne sono state costrette a indossare in alcune epoche storiche, ma che non corrispondeva alla loro realtà interiore. Può darsi che questa sia solo una mia convinzione, ma è ciò che mi piace mettere in scena nei miei libri.

Nel 2009 hai scritto “Il candidato”, un noir di ecomafia che mette in luce lo stretto legame tra criminalità organizzata e tessuto sociale in un Meridione abbandonato dalle Istituzioni. Nel programma elettorale di Federico Molinari, figlio di un giornalista ucciso dalla Sacra Corona Unita e candidato alla Presidenza della Regione Puglia si affrontano temi scottanti. Quale messaggio è sotteso al tuo romanzo, anche alla luce dei fatti di cronaca recenti?
Nei miei romanzi non c’è mai l’intenzione di dare un messaggio. Cerco di scrivere storie coinvolgenti, senza voler dimostrare nulla. Ovviamente ho le mie idee e opinioni personali, ma cerco sempre di evitare la tentazione di voler convincere il lettore a pensarla come me. La mia ambizione, in un romanzo come “Il candidato” era quella di prendere una serie di fatti reali che sono sotto gli occhi di tutti, unificarli in un romanzo di suspense, e lasciare che la storia si svolgesse diciamo così, da sola. Certo, ho voluto attirare l’attenzione su alcuni problemi specifici, ma deve essere il lettore a trarre le proprie conclusioni.

Nell’antologia di racconti “Seven. 21 storie di peccato e di paura” , hai scelto di occuparti dell’invidia, perché è il peccato che nessuno al giorno d’oggi vuole ammettere. Dante addita nell’invidia una delle maggiori cause per le quali alla Firenze del Trecento manca stabilità politica. Si può parlare di analogie con il presente?
Purtroppo non solo l’invidia, ma tutti i sette vizi capitali non sono invecchiati nel corso dei secoli. Direi che la frase di Dante si applica benissimo anche oggi…

I diritti dei tuoi romanzi sono stati venduti anche all’estero (Spagna, Germania, Gran Bretagna e Brasile, tra gli altri Paesi) e molti sono i riconoscimenti che hai conseguito, tra i quali il secondo posto al “Premio Salgari 2010” e al “Premio Azzeccagarbugli 2010”. Cos’ hai in serbo per il futuro? La tua attività di traduttore proseguirà parallelamente a quella di esponente di primo piano del noir storico in Italia?
Tradurre è un lavoro bellissimo, malgrado gli scarsi guadagni, e per il momento non penso di smettere. Tuttavia in questi ultimi anni gli impegni dovuti alla scrittura mi hanno costretto a ridurre il numero delle traduzioni. In quanto al futuro, il progetto più a breve scadenza è il terzo episodio della saga dedicata a Mondino de’ Liuzzi, che uscirà a febbraio 2011. Poi non so, devo ancora pensarci.

L’8 febbraio prossimo esce un tuo nuovo romanzo, sempre con protagonista Mondino de’ Liuzzi. Puoi anticiparci qualcosa?

Certo. La novità è che stavolta la storia è ambientata a Venezia e non a Bologna. Il titolo è Il Libro dell’Angelo, e non a caso perché il mistero centrale ruota intorno a un libro sacro della tradizione ebraica, il Sefer ha Razim, che si dice sia stato dettato dall’arcangelo Raziel a Noè, il quale lo trascrisse su una tavoletta di zaffiro. Sfidando il potere di Venezia e a rischio della vita, Mondino dovrà sciogliere l’enigma di una stirpe di custodi che risale ai tempi del Diluvio, in un’implacabile corsa contro il tempo.

Katia Romagnoli

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