Giallo al cabaret – Antologia



AA.VV
Giallo al cabaret
Solferino
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Giallo al cabaret, antologia a cura di Luca Crovi. Intervengono: Gigio Alberti, Lorenzo Beccati, Elena e Michela Martignoni, Claudio Sanfilippo e Gino Vignali Solferino di patrizia debicke
Una machiavellica introduzione, o meglio un prologo, in uno dei camerini della Ca’ Bianca (storico Tempio del cabaret di via Lodovico Il Moro) apre l’antologia, neppure fosse un viaggio nel tram della memoria. Dall’esterno di quel camerino qualcuno canta: Il primo furto non si scorda mai di Enzo Jannacci, mentre uno sconosciuto mascherato da poliziotto mette sotto accusa l’uomo rotondo, il “redattore” Crovi. Tanto per cominciare vuol sapere il perché e il percome del titolo dell’antologia e della scelta dei sei tipi “sospetti” che hanno contribuito a realizzarla. L’inquisitore sta in piedi e con lo sguardo duro, fisso sulla sua vittima, gli rinfaccia tutte le sue malefatte tra cui le più incisive, forse le radiofoniche, compreso il lancio via radio del primo libro di Faletti… Poi abbandonando Crovi chiuso a chiave e in preda all’agitazione, imprigionato nell’angolo del divano, si sale, dicevamo, sul tram delle memoria e si parte. Prima fermata il Teatro dell’Elfo (tuttora , mi pare, gestito da una cooperativa fondata nel 1972 da un gruppo di artisti, tra cui Gabriele Salvatores). Dove per la fantasiosa penna di Giorgio Alberti, Aleardo Calieri, un fantasma di Amleto schiacciato e ammutolito dalla protervia dominatrice di Andrea Bombonati in grado di suscitare amori, odi, rivalse, porterà il suo contributo a una tragedia di gruppo. Dal Teatro dell’Elfo solo poche fermate per arrivare a un Refettorio in disarmo (chi lo ricorda? Nel centro storico, nato nel 1970/71 e gestito da Roberto Brivio, uno dei Gufi, che cercava di contrapporsi alla Scala dei cabaret, il lanciatissimo Derby Club di viale Monte Rosa), e scoprire un misterioso rapimento che riporta a galla un caleidoscopio di volti e peripezie. Lorenzo Beccati coinvolto in prima persona ci rimanda ai suoi CospirAttori, uno scatenato trio di studenti genovesi, e a tante divagazioni legate a una magia di nomi, aneddoti e volti che sfilano davanti a lui. Quale punizione merita il successo? Ancora un corsa, un’altra fermata del tram e zac: uno scenario da incubo. Ad opera di Elena e Michela Martignoni (non per niente le chiamano Sorelle Mannaia) ci troviamo di fronte a una vera e propria strage, dai misteriosi risvolti, che sconvolge tutto il Teatro della Memoria. Cinquanta morti, tutti decisamente stagionati, dai settanta in su, e tutti appassionati di canzoni in dialetto, e solo due superstiti. Chi è stato e perché? Si riparte, sferragliando, diretti a via Pasinetti e alla Salumeria della Musica in compagnia del Pirola, Giovanni Passoni, da poco uscito dal gabbio. Claudio Sanfilippo ci racconta la sua nuova vita, la sua nuova giovane donna pronta a scaldargli il cuore e qualcos’altro, la sua felice risalita sulla scena ma anche di un cadavere nel cortile, che come un macabro scherzo, chiuderà la serata. Ora però per arrivare allo Zelig bisogna andare fino a viale Monza. A conti fatti è quasi un viaggio che ci lascia tutto il tempo di ricordare che Lo Zelig è nato nel 1986. Accanto c’era un locale da ballo, nel dopoguerra: la balera dei Buschètt, diventato negli anni Sessanta il mitico “Tricheco”, che stava al “Piper” di Roma come la Cinquecento alla Lancia Fulvia: meglio la prima! Arrivati finalmente a destinazione, scopriamo che nei vecchi locali ci sono dei lavori in corso e tuttavia il mitico Trio, Marco, Michele e Massimo i tre M come tanti li chiamano, ha scelto di provare là per lo spettacolo al Palazzo dello sport di Assago un effetto speciale alla Leonardo. Insomma Massimo ha deciso di farsi appendere al soffitto per volare, ma… il sottotetto non regge e una buona parte viene giù con i tralicci per l’imbracatura e… Massimo. Lui è a terra e, pur coperto di polvere e calcinacci, non si è fatto niente ma accanto alla sua testa c’è un teschio. Abbastanza per sconvolgere tutti e soprattutto turbare la mente della giovane e bella commissaria di Gigi Vignali, Costanza Confalonieri Bonnet. Di chi era quel teschio? Quando era finito là? E perché? Nei mitici luoghi legati al cabaret milanese, nella ricerca della verità si troverà molto altro: ambizioni, successi, eccessi, sconfitte, tradimenti. Ma anche la grande storia, o meglio l’epopea di un mondo che voleva ridere pur vivendo un incerto presente e con davanti a sé l’incognita di un incerto futuro. Un’antologia gialla sia seria che scanzonata, ben governata dalla regia di Luca Crovi. Un mutevole scenario in cinque atti (più uno, extra, rappresentato dallo smaliziato prologo, targato Crovi). Cinque racconti firmati da maestri della suspense, dello spettacolo e della musica come elenco rigorosamente in ordine alfabetico: Gigio Alberti, Lorenzo Beccati, Elena e Michela Martignoni, Claudio Sanfilippo e Gino Vignali. Racconti dedicati ai cinque più uno locali che hanno ospitato il momento d’oro della “scuola milanese” della comicità. A celebrarli con Luca Crovi, l’equipe formata dagli scrittori: Lorenzo Beccati, Elena e Michela Martignoni e Gino Vignali accompagnati dalle new entry nel giallo noir con la loro prima uscita in scena come autori :l’attore Gigio Alberti e il cantautore Claudio Sanfilippo. Tutti assieme uniti sul filo della memoria per rendere omaggio a Milano e alla sua salda tradizione del cabaret che ha spopolato fino agli anni ‘80. Una chicca!

Patrizia Debicke

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