Paura di volare



Nadia Francalacci
Paura di volare
Chiarelettere
Compralo su Compralo su Amazon

Ali di carta(pesta)

Inutile fingere indifferenza: tutti abbiamo paura di volare e il momento peggiore è quello del decollo, quando ci rendiamo conto che nelle ore successive qualunque cosa dovesse accadere dovremo subirla e basta. Dall’aereo non si può scendere.

Stando alle statistiche, volare è il modo più sicuro di viaggiare. I numeri parlano chiaro: i decessi dovuti alle sciagure dell’aria sono ridicoli se paragonati a quelli riferibili agli incidenti stradali. Eppure, appena inizia la corsa sulla pista lo stomaco viene stretto in una morsa e il cuore accelera. Sarà abbastanza esperto il comandante? Saranno solide le strutture? Saranno stati controllati come si deve i dispositivi di sicurezza?

Fortunatamente le leggi fisiche non sono un’opinione e il principio di Archimede con le correzioni dovute agli elementi gassosi funziona sempre: finché le turbine faranno il loro dovere e le ali staranno a posto, l’aereo non smetterà di galleggiare a dieci mila metri di quota.

Già, finché i motori e quindi le sofisticate strumentazioni di bordo faranno il loro dovere, cosa non da poco. Se poi a questa imprescindibile condizione se ne aggiunge una seconda: se il comandante e il co-pilota, sono abbastanza esperti per fronteggiare eventuali imprevisti, si comprende come ogni volo che va a buon fine sia un piccolo miracolo che si rinnova.

Questo libro, frutto di un’indagine paziente, meticolosa e spesso pericolosa, non è stato scritto per attenuare il brivido dell’aria. Ma neanche per suscitare allarmismi ingiustificati. Quello che l’autrice si è proposta, spiegando come nella rete mondiale della sicurezza in volo ci siano grosse smagliature, è di far nascere un movimento di utenti abbastanza potente da poter esercitare pressioni sugli enti internazionali preposti ai controlli, affinché obblighino le compagnie ad anteporre la sicurezza dei passeggeri al profitto.

Cosa che oggi non è.

Stando alle testimonianze raccolte dall’autrice, ogni giorno negli aeroporti e in volo accadono incidenti, spesso gravi, dei quali in mancanza di vittime non si ha notizia. Incidenti dovuti in larga misura ai risparmi all’osso fatti dalle compagnie, che acquistano velivoli vecchi, aggiustati con pezzi di ricambio non originali e di dubbia provenienza. O ingaggiano sedicenti piloti senza verificarne il curriculum.

Il traffico dei ricambi contraffatti è il nuovo business della malavita organizzata e deve essere più lucroso del traffico di droga se i colombiani hanno messo da parte la coca per tuffarcisi con entusiasmo. Stando alle rivelazioni degli intervistati, sembrerebbe che l’unico vero obiettivo delle compagnie private sia decollare con il maggior numero di posti occupati. Atterrare in sicurezza sarebbe secondario perché tanto, in caso di disastro, intervengono le compagnie di assicurazione che, comunque, raramente risarciscono perché l’acquisto del biglietto presuppone l’accettazione dei rischi connessi al volo.

Ci sono giri d’affari miliardari e interessi enormi che vorticano attorno al trasporto aereo. E i risparmi feroci delle compagnie non sono l’unica incognita. Nei cieli circolano co-piloti e comandanti che non hanno titoli. Gente con brevetti falsificati, certamente capace di alzarsi in volo ma che si è data da sé le stellette falsificando i documenti. Come il fotografo svedese che si era autonominato comandante, che ha scorrazzato per anni nei cieli di tutto il mondo prima di essere scoperto. Come lui, ci sono tante persone che non hanno mai superato gli esami per diventare piloti di linea, oppure che non possiedono le caratteristiche psicofisiche per assumersi la responsabilità dell’incolumità di centinaia di persone a ogni decollo ma che continuano a volare impunemente sulle rotte di tutto il mondo. Soprattutto su quelle africane.

Qualche esempio di trascuratezza nei controlli? Il Concorde esploso nel 2000 si era scontrato sulla pista con un pezzo perduto da un DC-10. Un pezzo non conforme. Poi, sull’ATR72 tunisino inabissatosi nel 2005 con i serbatoi vuoti era stato montato un indicatore di carburante sbagliato. E che dire dei carrelli che non escono? Delle pressurizzazioni difettose? Dei turni massacranti a cui sono sottoposti i piloti? Tanto per dare un’idea: di recente in un hangar di Ciampino la Guardia di Finanza ha rinvenuto innumerevoli ricambi obsoleti. C’era perfino roba del 1966, pronta per essere venduta.

L’autrice ha documentato ogni testimonianza rompendo con grande fatica decenni di silenzio prudente e di colpevole omertà: piloti, finanzieri, magistrati, ex impiegati degli enti di controllo hanno rivelato dettagli incredibili, verità scomode che finalmente danno una spiegazione a incidenti gravi anche se fortunatamente non sempre letali.

Adele Marini

adele marini

Potrebbero interessarti anche...