L’aria che tira: Il quarto livello – Maurizio Torrealta

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Il quarto livello
Bur/Rizzoli
con prefazione di Antonio Ingroia

Dietro agli episodi più gravi che hanno insanguinato la nostra storia recente, dalla strage di Portella della Ginestra in poi, c’è sempre stata la longa manus di un certo Stato. Lo stato, cioè, dei depistaggi, delle stragi impunite, dei dossier ricattatori, degli omissis e dei fascicoli che scompaiono come le agende sottratte ai morti ammazzati. Questa è una realtà che, per quanto dolorosa possa apparirci, non possiamo fare altro che accettare.
Ma lo Stato non è un’entità astratta. Per tutte le democrazie compiute è l’insieme dei cittadini tenuti a ubbidire alle leggi emanate da altri cittadini, eletti per rappresentare tutti quanti, dal Presidente della Repubblica in giù. Da noi invece le cose sono un poco più complicate. Da noi la democrazia pare sia  una specie di piramide a più livelli. Al quarto appartengono i personaggi più potenti e, naturalmente, anche i più sfuggenti. Personaggi inafferrabili che rappresentano la crème de le crème dei tessitori di trame di professione.
Questi personaggi fra gli anni ’70 e i primi anni ’90 sarebbero stati tredici. I nomi e i cognomi si trovano, nero su bianco, su una cartolina postale che nell’ottobre 1990 Vito Cincimino, il potentissimo ex sindaco democristiano di Palermo, indirizzò a se stesso.
Don Vito, che di collusioni inconfessabili se ne intendeva parecchio essendo stato per molti anni il punto politico di riferimento dei boss corleonesi Riina e Provenzano, si era appuntato in questo modo un pro memoria di coloro che, a detta del figlio Massimo, in base alla propria esperienza considerava i grandi burattinai del Paese.
I tredici nomi raggruppano uomini delle istituzioni e dei servizi: alti esponenti dell’intelligence, ministri della repubblica, vertici della polizia, un generale dei carabinieri, magistrati, tutti decisi a mantenere ben salde le redini del paese nelle mani di coloro che avrebbero dato le maggiori garanzie di costituire un solido baluardo contro l’avanzata delle sinistre e che avrebbero continuato a mantenere il potere economico e gli affari nelle mani più o meno sporche dei soliti noti e ignoti.
Questa ‘premiata consorteria’, stando a Massimo Ciancimino, il loquace figlio di don Vito contro il quale molti ricorderanno che fu orchestrata una poderosa campagna di calunnie zittirlo, si sarebbe strutturata a partire dalla strage di viale Lazio a Palermo, avvenuta il 10 dicembre 1969, che decretò la vittoria dei corleonesi sulla vecchia mafia e la loro discesa su Palermo, e la fine del 1970, quando nei vertici militari germogliò l’idea di prendere il potere con un colpo di Stato: il Golpe Borghese, per fortuna abortito, con l’aiuto dei boss vincenti. Fu allora che per la prima volta ‘qualcuno’ a Roma chiese all’ex sindaco di fare da tramite tra questa struttura di potenti, ovvero il ‘Quarto livello’, e la nuova mafia, quella che più avanti si sarebbe imposta con le stragi e gli omicidi politici.
Maurizio Torrealta, giornalista politico di grande spessore, ha passato al microscopio le vite dei personaggi elencati sulla cartolina (la cui fotocopia è pubblicata nelle pagine del libro). Carriere, processi, indagini e condanne, legami pericolosi, complicità, fortune e cadute: tutto è stato preso in considerazione, analizzato e incrociato, per fare luce su “quella zona grigia degli apparati dello stato il cui operato dovrebbe essere di contrasto alla criminalità organizzata, ai nemici della repubblica e della democrazia. E che invece, soprattutto negli anni in esame è stato spesso caratterizzato da scandali, segreti di stato, omissis, se non addirittura da veri e propri atti contrari alla nostra Costituzione”, come ha scritto Antonio Ingroia nella prefazione.
In sostanza, il cosiddetto Quarto livello, fra il ’70 e il ’90 avrebbe agito come uno Stato criminale dentro lo Stato.
Nella sua carrellata di fatti e personaggi, l’autore si è impegnato a riempire gli innumerevoli buchi neri che punteggiano la storia del nostro paese, raccontando non tanto le azioni eclatanti della mafia militare come gli omicidi e le stragi, ma la “convergenza” (così l’ha chiamata il professor Nando Dalla Chiesa, uno fra i più acuti e imparziali analisti politici di questi anni) di interessi fra una parte importante della politica: quella alla guida dl Paese, e il potere mafioso. Una convergenza cresciuta all’ombra dei depistaggi, delle intimidazioni e delle stragi, delle trattative tra stato e mafia, dei ricatti ad altissimo livello, come quelli denunciati dall’ex presidente Scalfaro nel 1993 col suo celebre discorso a reti unificate: “Io non ci sto”.
La lettura di questo saggio che, fra l’altro, si divora come un romanzo articolato in capitoli indipendenti, fa sorgere molte domande: è esistita veramente un’entità superiore, dentro lo Stato, che rispondeva non alla “ragione della giustizia” ma alle logiche del potere criminale? Un’entità fatta di uomini potenti legati fra loro da un solido patto non scritto, che ha influenzato la politica italiana rispondendo a input provenienti da oltreoceano sia negli anni della cortina di ferro, sia dopo, nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica? Un’entità che ha usato la mafia come leva per l’instaurazione di un’economia criminale al servizio di una strategia politica internazionale, impiegata come strumento per spostare masse di denaro da investire in zone da destabilizzare o stabilizzare, come gli investimenti della Cia a Sharm El Sheik, citati appunto da Massimo Ciancimino, ma anche i quattrini investiti dallo Ior in Sudamerica per aiutare i Contras a rovesciare con un bagno di sangue il governo sandinista del Nicaragua e, in Polonia, per scardinare tramite il sindacato Solidarnosc di Lech Walsa, l’influenza sovietica sui Paesi satelliti?
E la mafia cosa ebbe in cambio del suo appoggio? Una domanda, questa, assolutamente  legittima, la cui risposta, forse, si trova nella sua invincibilità nell’enorme potere politico ed economico che oggi è sotto li occhi di tutti.
Poiché è solo nell’analisi critica del passato che si possono trovare le risposte al nostro presente così pieno di contrasti, di ingiustizie e conflitti, questo libro è assolutamente da leggere.

 

 

Adele Marini

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