Arpais, la memoria delle anime imperfette



Sabrina Ceni
Arpais, la memoria delle anime imperfette
Delos Digital
Compralo su Compralo su Amazon

Premessa storica: il 25 marzo 1199, Papa Innocenzo III promulgò la bolla “Vergentis in senium”, con la quale equiparava l’eresia al reato di lesa maestà. . Fu il preludio alla legittimazione dell’Inquisizione (1233) per cui l’eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell’individuo e per la conservazione della Chiesa. Innocenzo III era uno dei più accaniti avversari delle idee professate dai catari che si erano imposte su gran parte della popolazione occitana nel sud della Francia, dagli aristocratici ai ceti più umili. L’assassinio del legato pontificio, Pierre de Castenau, fece infuriare il papa, che decise di avviare una vera e propria crociata (termine fino ad allora usata solo per combattere musulmani e pagani) contro i catari, come eretici. Al comando di questa pseudo guerra santa, che in realtà dava licenza di battersi contro Raimondo conte di Provenza e i suoi alleati per impadronirsi dei ricchi e prosperi territori occitani del sud e annetterli al neonato Regno di Francia. Dopo il rifiuto del duca di Borgogna e dei conti di Nevers e Saint-Pol, Simone IV di Montfort (fino alla sua morte il 1218) fu posto a capo della crociata che doveva estirpare l’eresia catara. I feudatari del Nord e il re di Parigi accorsero compatti in suo aiuto. Si ricordano le stragi di Bézieres, Narbonne e la presa di Carcassonne. Questa orrenda “crociata” (1209- 1244) proseguì al di là della morte di Montfort e Montségur, il roccioso castrum dei Pirenei, rappresentò l’ultimo baluardo della resistenza. Con la minaccia dell’inquisizione, tutte le chiese catare vissero in clandestinità e i parfaits o perfetti sopravvissuti si dettero alla macchia. Il vescovo Cataro Guilhabert di Castres chiese e ottenne protezione a Raimon de Pereille signore della rocca di Montségur. Il suo arrivo trasformò la vita del villaggio e della fortezza, che divenne un punto di riferimento anche per tutti i feudatari catari e i cavalieri detti faydits privati delle loro terre. Per il suo aiuto alla causa Raimon de Péreille fu scomunicato, con confisca di tutti i beni. Nel 1242 gli orrori dell’inquisizione avevano provocato solo un sentimento di rivalsa nelle popolazioni dell’Occitania che continuavano ad effettuare azioni di guerriglia. Ad Avignonnet furono attaccati e uccisi due inquisitori domenicani. Come conseguenza, le forze crociate attaccarono Montségur e nell‘estate del 1243 il siniscalco reale di Carcassone, Hugh de Arcis, pose sotto assedio la roccaforte che cadde dopo 11 mesi, il 16 marzo del 1244. Le condizioni della resa: concedevano la vita a chi abiurava, ma dei circa cinquecento assediati, oltre duecento rifiutarono e perirono in un immenso rogo fuori della mura nel Pratz dels crematz. Secondo una leggenda, durante l’ultima notte, prima della fine quattro perfetti si allontanano dalla fortezza portando al sicuro il tesoro dei catari.
La trama: Sabrina Ceni ci regala un suggestivo prologo che riporta la visione di Lutgarda di Tongres, priora benedettina fiamminga, nel 1216 quando le apparve Papa Innocenzo III, subito dopo la sua morte, avvolto dalle fiamme spiegandole che Dio lo puniva per i suoi peccati e per tutte le vittime della crociata contro i catari, ciò nondimeno, non pago e in preda all’esaltazione, pur ridotto a una torcia umana, continuava a gridare:«Dobbiamo radere al suolo le loro fortezze, annientarli tutti…» E lo vide ergersi su un monte di ossa calcinate. Alle sue spalle intravedeva l’impalpabile figura di una bambina con a fianco un lupo che ripeteva contilenando le parole del Vangelo di Giovanni: «Conoscerete la verità. E la verità vi farà liberi» per poi svanire. Davanti a lei era rimasto solo il papa, che urlava:« Montsegur, Montsegur», prima di sparire avvolto dalle fiamme in una nera nuvola di fumo. Una tragica e profetica visione della religiosa fiamminga che si trasformerà in uno storico noir da incubo, destinato ad avverarsi crudelmente.    Sabrina Ceni non fa sconti all’orrore ma ricostruisce la sua storia attraverso gli occhi di Arpais , una bambina amata dai genitori: il padre Arnaud Rouquier de Belpech medico del castellano e la madre Arnaude,  che cresce per le strade di un villaggio. Ḕ la parvenza di una vita serena fatta di condivisione, di studi, di cibo, di abitudini familiari, di gesti spontanei, di gare con l’arco tra coetanei e di affetti veri  e sinceri. Attraverso Arpais tratteggia anche le figure degli altri principali personaggi Raymond de Pereille, il signore di Montsegur, di Corba sua moglie, di Felipa sua figlia e del genero Pierre Roger de Mirepoix che comanda le truppe del castello, dei loro figli, dei tanti bambini rifugiati e di Laureta, l’anziana parfaite che detiene il libro santo dei catari. Ed è l’impotente testimone delle poche speranze di un popolo tra le rovine del proprio mondo, prima del drammatico epilogo. A lei sarà affidata una importante missione: fuggire prima dell’orrido rogo e portare scolpito nella memoria il segreto dei precetti catari, l’eredità, tramandata di generazione in generazione, degli antichi filosofi pre-romani sopravvissuta nel cristianesimo delle origini. Il contenuto di un antico manoscritto sacro, bruciato per non farlo cadere nelle mani dell’Inquisizione. Un segreto da custodire e tramandare oralmente anche a costo della vita. Arpaïs deve trasformarsi nel testimone, ma anche nel riflesso di una perfetta luce lontana, perseguitata e condannata come imperfetta, destinata e lacerare il buio dell’ignoranza su una verità ignorata durante secoli di menzogne. Può la spada dell’esercito crociato estirpare il male che si annida in terra cristiana? Può la verità scampare al fuoco dell’Inquisizione e sopravvivere nella memoria di una ragazzina?

Sabrina Ceni. Diplomata in lingue. Vive nella campagna fiorentina e frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, con indirizzo storia medievale. Nel 2016 scrive una tesi dal titolo “La crociata albigese”, divulgata nel settembre dello stesso anno dall’Accademia Templare – Templar Academy di Roma. Attualmente, lavora alla stesura del seguito di “Arpais. La memoria delle anime imperfette”.

N.B. La crociata degli Albigesi o crociata contro i catari, portò  la progressiva scomparsa della grande cultura della langue d’oc nel sud della Francia, ma non delle tradizioni occitane. L’oc della lingua deriva dal latino hoc est: è questo, è così, e Occitane si definiscono le regioni in cui si parlava la lingua d’òc. La lingua d’òc è tuttora diffusa in 32 dipartimenti del sud della Francia e nella Val d’Aran sui Pirenei della Spagna. L’Occitano alpino parlato in Italia interessa 180 mila abitanti che popolano 14 valli e 120 comuni delle province di Cuneo e Torino. Sono occitane anche Olivetta San Michele e Triora in Liguria, e Guardia Piemontese in Calabria.

 

Patrizia Debicke

Potrebbero interessarti anche...