Un uomo morto e supino a terra, in cucina, le braccia abbandonate sul pavimento, gli occhi bovini spalancati dall’orrore e la bocca aperta. In quello che pare un grido, forse però mai emesso… Mentre il sangue schizzato dalle viscere dell’ucciso si è ormai coagulato tra le gambe. A completare il macabro quadro della scena che assomiglia tanto a un’ esecuzione, le mani della vittima sono cosparse di olio bruciato e straziate dalle ustioni.Â
Nel tempo in cui il medico legale completa i primi accertamenti, nella squallida atmosfera della stanza del minuscolo appartamento dove è avvenuto il delitto, il commissario Tonio Bonocore si guarda intorno in quella palpabile atmosfera di indigenza e studia il cadavere: uomo massiccio, in apparenza fisicamente forte ma le sensazioni del commissario di lui sono fluttuanti. Lo immagina come un debole o un fallito? Probabilmente un insicuro. E comunque non se la passava certo bene, tanto da indossare abiti al limite da essere considerati degli stracci. Causa della sua morte, secondo il medico legale, è una coltellata all’addome  inflitta dal basso verso l’alto. Ma l’orrore non è finito perché nella stanza vicina , sul letto, giace il cadavere dell’anziana madre. Anche per lei causa della morte una coltellata all’addome, e in più, particolare apparentemente incomprensibile, la sua gamba sinistra che la invalidava costringendola a zoppicare, è stata brutalmente fracassata con il suo bastone. Il ginocchio è addirittura spappolato.
Le vittime sono: Rosario Jannone e Addolorato Ajossa vedova Jannone, una pensionata zoppa che sopravviveva con il figlio grazie a una minima pensione di reversibilità del marito in una casa popolare nel quartiere Ponticelli, a Napoli, a loro concessa dal comune per gravi motivi di indigenza.
Mentre il magistrato ipotizza un regolamento dei conti o magari una rapina, il commissario Tonio Buonocore si sente di poter senz’altro escludere una rapina. Sa, per esperienza e buon senso,che non si ruba in casa dei poveri, né ci si accanisce contro i loro cadaveri.
Nella casa non c’era qualcosa da prendere mentre, a suo vedere, anche l’ iniziale ricostruzione dei fatti gli propone invece un’azione accuratamente premeditata. Effettuata da qualcuno che conosceva le sue vittime e le odiava al punto da volerle eliminare con crudele ferocia.
Un odio assoluto che per forza doveva significare qualcosa.
Quale possibile movente avrebbe dunque scatenato l’omicida? Secondo il commissario non può essere il delitto di un balordo che ha perso la testa. La polizia napoletana è davanti un’esecuzione vera e propria. Se la sente e di solito non sbaglia.
Esecuzione scoperta il venerdì pomeriggio del 16 dicembre 2016. Nei giorni precedenti abbiamo seguito la successiva introduzione tra le pagine del romanzo di tre donne, in tre diverse circostanze. Tutte e tre afflitte, o meglio tormentate da qualcosa (paura, ricordi, rimpianti, rancori)…Â
Tra loro soprattutto la signora Maria Antonietta Martone che l’8 dicembre è arrivata con un valigione presso un residence sulla collina del Vomero, praticamente vuoto data la stagione e con gli abituali residenti già in ferie, ha stuzzicato la curiosità del portiere notturno.
Che ruoli ricopriranno in questa tragica storia?…
Ma ora davanti alla carneficina di Ponticelli, il commissario Tonio Buonocore rimugina e come gli capita sempre quando naviga nell’incertezza, continua a vedere svolazzare davanti a sé una specie di filo dell’aquilone, un filo che ogni volta pare voglia dirgli qualcosa. Un filo che potrebbe aiutarlo decifrare il movente che ha scatenato la mano assassina.
Un’ indagine difficile con soprattutto per teatro Ponticelli, luogo malfamato pieno di pregiudicati e una storia che proseguirà nel sangue. costellata di cadaveri straziati . Come quello del tassista trovato nella sua macchina con la lingua tagliata e di una donna, un’infermiera, uccisa e con gli occhi asportati . Hanno un significato queste mutilazioni? Tutti poi secondo Bonocore colpiti per dalla stessa mano assassina?
Insomma stavolta il nostro commissario, uomo molto riservato e con l’abitudine di disegnare i volti degli interrogati, deve mettercela tutta. Vedovo con due figli adulti e sposati che abitano e lavorano in altre città , Buonococore non ama parlare della sua vita privata, considera i suoi collaboratori (l’ispettore capo Angela Garzya, o meglio come lei preferisce Lina, la bella bruna recentemente divorziata, proveniente dall’UACV di Roma , e il suo eterno collaboratore il sovrintendente Michelino Macchia) in pratica come la sua famiglia Con l’aiuto della sua squadra infatti, continuando a masticare i suoi bastoncini di liquirizia, droga sostitutiva dell’eterna sigaretta, avvalendosi della loro fattiva collaborazione pare ormai pronto ad afferrare quel benedetto filo dell’aquilone e azzeccare il legame tra quegli omicidi.
Certo è che per farlo bisogna risalire nel tempo e andare a frugare bene e a fondo nel passato. Si dovrà andare a cercare la soluzione, insomma quel benedetto  filo dell’aquilone, e magari impedire, un altro assassinio…
Come gradito regalo ai lettori, per I racconti del giallo Mondadori abbiamo alla fine del romanzo e sempre a firma Enrico Luceri, l’intrigante La fine della nottata