Delitto d’inverno – John Banville



John Banville
Delitto d’inverno
Guanda
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“Come dice Eliot – sono certo che lei ha familiarità con la sua opera – ‘il genere umano non può reggere troppa realtà.’ Il contratto sociale è un documento fragile.”

“Vostra Grazia, come ha detto Shakespeare, ‘l’omicidio non può non scoprirsi’, e così la verità, per quanto terribile.”

“Chaucer” disse il prelato. 

Strafford rimase sconcertato. “Scusi…?” 

“‘L’omicidio non può non scoprirsi.’ È Chaucer, non Shakespeare. Compare nel Racconto del cappellano delle monache, in effetti. ‘L’omicidio, così ogni giorno vediamo, non può non scoprirsi!’

Questo il succo del discorso senza troppi sottintesi tra l’arcivescovo di Dublino, McQuaid e l’ispettore Sinjun Strafford, che indaga sulla morte di padre Tom Lawless, prete cattolico. E va ricercata proprio qui l’essenza stessa di questo romanzo, nel confronto tra l’allampanato ma acuto ispettore irlandese di fede protestante che vuole scoprire la verità, qualunque essa sia e qualsivoglia perversione nasconda, e John Charles McQuaid, il più potente ecclesiastico del Paese che si rivolge al comandante della Garda, Jack Phelan, membro di spicco dei Cavalieri di San Patrizio, per fare  “omettere” tutto quello che può nuocere alla Chiesa nell’indagine sulla morte del giovane prete.
Una disputa in punta di citazioni per nascondere ciò che per troppo tempo la Chiesa ha colpevolmente tenuto nascosto, la violenza sessuale sui minori. 
Mancano pochi giorni a Natale. Siamo nel 1957, contea di Wexford, Irlanda.  Il corpo del prete cattolico Thomas Lawless viene trovato morto nella biblioteca di un’elegante tenuta. È stato accoltellato ed evirato. Il padrone di casa, il colonnello Osborne di fede protestante e veterano di Dunkerque, è sposato in seconde nozze con la diafana Sylvia Osborne ed è convinto che gli aggressori siano arrivati da fuori, ma nessuna porta è stata forzata, nessun vetro infranto. 
È stata Sylvia a trovare il corpo senza vita del prete che, richiamando la sua passione per i cavalli e l’amore per la caccia alla volpe, in quella dimora era fin troppo di casa, come lamenta qualcuno. Col colonnello vivono i figli di primo letto, l’irrequieta Lettie e il ritroso Dominic. La loro mamma, Millicent, alcolizzata è morta da tempo cadendo dalle scale. O qualcuno l’aveva spinta?
Con loro vive anche la servitù che tutto origlia e tutto sa.
Sylvia non è perfettamente in sé, sembra che reciti a soggetto e ha un fratello, Geoffrey, gran bevitore e puttaniere, fissato col purosangue del prete. Appena ha saputo della sua morte si è precipitato a Wexford per comperarlo da Rosemary, la sorella trentenne del prete. Sarà Rosemary il cui aspetto triste nasconde molte verità, a raccontare all’ispettore del loro padre, celebrato come eroe di guerra, in realtà brutale assassino, che a guerra finita, graziato in punta di morte dalla Corona britannica, divenne un celebre avvocato. Un padre che ha mandato la moglie in manicomio e rendeva inquiete le notti del figlio che sfuggire a un destino di legge, s’era fatto prete. 
Una girandola di personaggi scolpiti col coltello per un giallo d’autore, solido e magnificamente scritto, con descrizioni che sono autentiche perle.

Il cielo era ingombro di un festone di nuvole color malva, e l’aria aveva il colore del peltro ossidato. Non stava nevicando, ma c’era la neve fresca caduta durante la notte di cui aveva parlato Jenkins. La campagna tutt’intorno era liscia e gonfia come un cuscino. I rami spogli nodosi sembrava fossero stati anneriti dal fuoco. Strafford guardava il suo fiato addensarsi nell’aria. L’estate era inimmaginabile. Sul parabrezza della macchina si era formato uno spesso strato di ghiaccio opaco, inciso di graffi e ghirigori che ricordavano delle rune.

Il nostro ispettore è uno scarpinatore che non si ferma alle apparenze, e tra un piccante interludio con Peggy la rossa, prosperosa e generosa ragazza di locanda e una bevuta con Freddie, dovrà far luce su altri morti, a cominciare da quella del sergente Jenkins della polizia investigativa, il suo assistente, che forse aveva scoperto il vero assassino. E dovrà leggere nell’abisso di dolore del sergente Radford della stazione di Ballyglass, il cui unico figlio è morto suicida, per trovare le radici del male.
Ma per capire le origini del male, dovremo fare un salto indietro, nel 1947 e conoscere padre Tom, giovanissimo prete, operativo al Carricklea Reformatory and Industrial School. “Oh, qualcosa di peccaminoso c’era, non lo nego. Ma come diceva sempre un vecchio prete che conobbi in seminario anni fa, a questo serve Dio, a perdonarci dei nostri peccati. E poi, dove c’è amore come fa a esserci peccato? Non ce l’ha comandato Gesù in persona, di amarci gli uni gli altri? Ginger era un bel ragazzino, come constatai quando riuscimmo a grattargli via lo sporco e a fargli tagliare i capelli.”
E infine, per sciogliere l’enigma dell’omicidio, serviranno altri dieci anni e un incontro fortuito, nel 1967, tra la radiosa Lettie in procinto di sposarsi e l’ispettore Strafford che ha impalmato la sua vecchia fiamma, Marguerite. E mentre il lettore finalmente comprende, nella mente dell’ispettore sembrano risuonare ancora le parole sofferte di una liberatoria confessione raccolta anni prima. La confessione di un ragazzo abusato: “Usava sempre una parola, agape. È una parola greca. Non l’avevo mai sentita prima. Vuol dire una cosa tipo amore fraterno, ma di più. Credo che cercasse di convincere se stesso, oltre a me, che in realtà non stavamo facendo niente di male.

Roberto Mistretta

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