Il nipote del Negus



andrea camilleri
Il nipote del Negus
sellerio
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Grhane Sollassié Mbassa è il nipote del Negus, padrone dell’Etiopia. Vuole frequentare la Regia Scuola Mineraria di Vigáta.
La richiesta, da un lato, è un inaspettato dono per il Duce, le cui mire espansionistiche avrebbero nel giovane un’inattesa sponda da sfruttare a piene mani, ma, dall’altro, è un coacervo di insidie.
Vuoi perché il ragazzo è un negro, e la cosa potrebbe rallentare, se non addirittura compromettere, la sua integrazione con gli altri studenti perfetti bianchi e integerrimi fascisti; vuoi perché qualunque scherzo, contrattempo o qui pro quo potrebbe mandare a gambe all’aria l’intero impianto che si metterebbe in moto una volta arrivato nell’Isola il cotanto personaggio.
È il ragazzo stesso invece a non metterci molto prima di sconquassare la vita degli autoctoni isolani. Anche perché il fuoco che arde nel suo basso ventre è così sempre acceso da dover chiedere la messa a disposizione di legna su cui ardere o di pompieri. E fosse solo l’ardore giovanile…

Appartenente al filone storico-fantastico della sua produzione letteraria (non fatevi fuorviare dalla location), Il nipote del Negus ha la bellezza immediata del feuilleton d’annata e il rigore della sua ingegneria narrativa. Andrea Camilleri costruisce il romanzo avvalendosi pressoché esclusivamente di dispacci, telegrammi, protocolli segreti, telefonate e chiacchiericcio di paese. Siamo nel 1929, il fascismo ha già avuto modo di esprimere la sua natura. È il tempo di prendere la smania imperiale che ha in nuce e darne fotografia reale, facendo venire alla luce l’umorismo proprio di chi, sognando l’era dei Cesari, non arrivò a superare la cronaca delle cesarine e degli italioti.
C’è del falso e del vero in questa storia. E l’autore modella ciò che successe insieme a quel che sarebbe verosimilmente potuto succedere, con il talento del superbo cesellatore della terracotta. Camilleri si fa beffe per arrivare alla verità dello zeitgeist, direbbero i tedeschi. Dello spirito dei tempi. Perché lo fa? Lo si intuisce dalle ultime tre righe della nota finale. Dopo il romanzo, mi raccomando.

corrado ori tanzi

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