Il decimo capitolo della Saga di Jason Bourne arriva al momento giusto, in contemporanea con l’uscita al cinema del quinto film targato Hollywood. Pubblicità o meno, le trame del super agente segreto e killer prezzolato della Cia rimangono un defibrillatore letterario in grado di appassionare chiunque. Se poi il circo si sposta nei luoghi caldi dei giorni nostri, dal freddo russo, alla sabbia d’Egitto, fino alle rovine della Siria dilaniata dalla guerra civile, fra spie, scambi di personalità e omicidi efferati, chi è appassionato del genere non può che divorare le pagine una dopo l’altra, lasciandosi togliere il fiato.
Eric Van Lustbader prende nuovamente il testimone lasciato in eredità da Ludlum e riesce con grande arguzia a mettere insieme personaggi nuovi e vecchi in grado di creare una fitta, ma per niente pesante trama. Bourne non è suo figlio, cosa che può lasciare delusi i puristi, ma il distacco emotivo dal personaggio permette all’eroe di andare ben oltre la morale che un scrittore-padre vorrebbe per una sua creazione.
La più grande genialità di Lustbader rimane l’ambientazione, la scelta accurata del “campo di battaglia”, in cui il punto di forza di questo titolo può svilupparsi con sfumature, attuali, realistiche: la mal celata ripresa della Guerra Fredda che nel libro rivive nella rivisitazione della crisi Ucraina, con toni certamente più accesi, ma assai verosimili. L’unica lama a tagliare le gambe a una romanzo scorrevole e d’azione è la verve politica troppo di parte, con toni troppo schietti nel definire i buoni o i cattivi. Rimane comunque un titolo esplosivo, dotato di grande potenzialità non solo cinematografiche. Esplosivo: almeno quanto la situazione in cui si troverà ad operare ancora una volta Jason Bourne, l’eroe con sole 96 ore per evitare la catastrofe nucleare.
Enigma Bourne
Giuseppe Squizzato