Come dovremmo definire Dante enigma? Forse la prima discesa di Dante all’inferno. E ci starerebbe perché non leggiamo di gloria, onori, e vera felicità . Leggiamo di sogni, dell’idealizzazione allo spasimo di un sognato amore, ma. e ci pare grave, un certo menefreghista rifiuto delle realtà a tutti i livelli.
Con il suo solito drammatico e colto attacco da manuale, Matteo Strukul ci presenta il suo Dante, ma un Dante abbastanza diverso da quello che la nostra memoria ricorda e da quello che tanti autorevoli autori hanno descritto nei loro libri e un po’ diverso dal Dante ufficiale. Intanto sicuramente un giovane uomo irato e molto confuso. Un giovane di buona razza ma di piccola nobiltà di cui si ricorda tuttavia la grande passione per i cavalli che ne faceva un ottimo cavaliere. La famiglia Alighieri apparteneva alla piccola nobiltà rurale guelfa di fazione che non compare tra le grandi famiglie. Dante, nato a Firenze più o meno nel 1265, era di pochi mezzi e ,per la sua poca voglia di darsi da fare, farà sempre patire la moglie gli affanni di una povertà neppure tanto dignitosa. Per il resto sempre sognatore e tristemente esaltato. Un’anima in pena costantemente, ohimè, provata da seri attacchi di epilessia che lo piegavano in balia della sua debolezza. E, come se non bastasse, afflitto da spaventosi incubi premonitori. Questo è il Dante di questo nuovo romanzo di Matteo Strukul che però ne fa il suo eroico protagonista e lo coinvolge ponendolo addirittura in prima linea nella sanguinaria battaglia di Campaldino, a fianco di un salvifico e gigantesco Giotto.
Forse unico ristoro allora per colui che divenne il Massimo Poeta oltre a piccarsi di studiare, imparare e poetare sotto l’ala protettiva ma giustamente critica del ricchissimo, pigro e distaccato Guido Cavalcanti. Lui tanto sicuro di sé da potersi permettere di vivere beatamente quasi fuori dal mondo. Dante mette sul piedistallo Cavalcanti, vuole imparare da lui, ne cerca l’amicizia e forse neppure tanto segretamente lo invidia allo spasimo. Lui che poteva fare ciò che desiderava, lui che aveva tutto e ci si crogiolava, spartendo briciole di conoscenza.
Eh già perché Strukul ci racconta una storia, dal 1288 al 1293, di un giovane Dante, che addirittura a ventiquattro anni si sente e si dichiara ancora un adolescente, invaghito dell’amore ma costretto a subire i continui trabocchetti e le bieche trame politiche della sua città, provata dall’esterna faida fra Guelfi e Ghibellini. E quando poi i Guelfi avranno finalmente avuto partita vinta, saerà costretto a impegnarsi di persona nei successivi cruenti e divisori scontri cittadini con i Bianchi che si sbranano con i Neri. Tra i cittadini dei due gruppi nasce un odio spietato. Le vendette tra famiglia e famiglia si trascineranno per anni, per generazioni.
Ma ora per poterne parlare meglio devo per forza aggiungere qualche parola per spiegare ai lettori com’era il medioevo a Firenze. Sappiamo che a partire dall’XI° secolo stava diventando una la città ricca e tra le più potenti della cristianità , grazie ai suoi mercanti che sviluppano le Arti liberali, le prime holding finanziarie e forse e soprattutto una fiorente attività bancaria (molto spesso a tassi usurai). Ed è proprio nel quartiere medievale di Dante che possiamo scoprire ancora i luoghi a lui legati : la casa natale, la chiesa dove incontrò Beatrice (la Donna Angelo nel Dolce Stil Novo) e le case-torri delle famiglie alleate e nemiche di parte Guelfa e Ghibellina, alte fino a 60mt, poi “scapitozzate” e ridotte a non più di 35mt. E ,curiosità non da poco, vicino alla casa di Dante svetta ancora l’antica torre medievale detta “della Castagna” dove si riunivano i Priori delle Arti (il governo cittadino). Detta della Castagna perché per votare si usavano delle castagne, una bianca per il “NO” e una nera per il “SI”. E visto che a Firenze, le castagne vengono chiamate ballotte magari proprio di là viene l’uso della parola “ballottaggio”! ,
Ma torniamo al romanzo di Strukul che fa di Dante il sofferto protagonista di un cupo thriller storico. Thriller storico che prende il via nella Firenze del 1288, in una città in balia delle contese e delle faide, capeggiate da Corso Donati, capo dei guelfi. Un Corso Donati che brama solo il sangue e la vendetta sui suoi nemici che, capitanati da Buonconte da Montefeltro, hanno appena teso un feroce agguato ai senesi, alleati dei fiorentini alle Giostre di Pieve al Toppo, massacrando dal loro capitano, Ranuccio Farnese, fino all’ultimo uomo.
In questo scenario che simbolicamente pare avvicinarsi al suo Inferno, si muove il giovane Dante Alighieri: Dante, protagonista a tutto tondo, lacerato nell’anima, che ama visceralmente Beatrice, ma costretto a convivere con la giovane moglie, Gemma Donati (con la quale bene o male finirà col mettere al mondo ben quattro figli). Ma l’ardente atmosfera cittadina è in balia di un nulla, pronta a infiammarsi, divisa tra la rabbia e l’incertezza. Firenze infatti si monta e raccoglie tutte le forze per prepararsi a un ultimo, decisivo scontro, Quando Ugolino della Gherardesca, schierato coi guelfi, caduto nell’astuta trappola del cardinale degli Uberteschi e imprigionato nella Torre della Muda a Pisa, morirà di fame e sete con i figli e il nipote, Corso Donati, rendendosi conto che ormai Firenze rischia di essere accerchiata, deciderà di muovere guerra ai ghibellini. E lo farà con accorta prudenza, sferrando il suo attacco di sorpresa. È il momento della gloria o del disonore. Dante affronterà il suo destino e darà prova del suo coraggio e sprezzo della morte, unendosi ai feditori di Firenze, nella fatale battaglia di Campaldino in cui perirono quasi tutti i capi ghibellini, tra i quali il comandante dell’esercito, Buonconte da Montefeltro. Una sanguinosa giornata che ha segnato il corso della storia della penisola . E che a conti fatti segnerà necessariamente anche lui, facendolo uomo. Dopo sarà un reduce vittorioso, epperò ci sarà la scomparsa di Beatrice. Da quel momento il suo rapporto amoroso, già così distaccato e immateriale, si sublima, Insomma, Beatrice ex fonte di beatitudine a distanza diventa solo oggetto di venerazione di poetica ispirazione. Ma ci saranno anche la politica, gli impegni da assumere in prima persona, cosa gli sta preparando il futuro?
Un’avvincente narrazione che fa del poeta un guerriero, appassionato, avventuroso, in cui si ritrovano alcuni tratti del Dante storico, ai quali secondo diversi aneddoti di suoi contemporanei e amici (vedi Petrarca, Boccaccio, Benvenuto da Imola, ecc.) se ne aggiungono altri, forse meno nobili e rispettabili. Aneddoti che parlano di un Dante sospettoso, ghiotto, ingiurioso con chi l’offendeva, che non si peritava di fare la spia, cleptomane, frequentatore di meretrici, e che si è trovato spesso in situazioni mortificanti o ridicole per il grand’uomo che avrebbe voluto essere. Addestratore di gatti, seduttore, tanto presuntuoso da rifiutare il confronto e addirittura consultato come mago.
Ma chi era veramente Dante?
Un, uomo, un fiorentino disilluso e un grande poeta. La nobiltà della famiglia Alighieri proveniva dal trisavolo Cacciaguida che prima di partire per la crociata fu fatto cavaliere dall’imperatore Corrado III.
E com’era?
Boccaccio tratteggiò il suo ritratto, avvalendosi delle testimonianze di chi lo aveva direttamente conosciuto e io ve lo riporto, senza metterci di mio :
“Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d’onestissimi panni sempre vestito in quell’abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.”
Dante enigma – Matteo Strukul
Patrizia Debicke