Giallo su giallo



Gianni Mura
Giallo su giallo
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Credo che Gianni Mura sia il miglior giornalista sportivo italiano. Non me ne vengono in mente altri come lui. Forse Gigi Garanzini può avere una simile autorità “morale” e giornalistica, ma non ho idea di come scriva (l’ho solo sentito alla radio). Ci potrebbe essere Gianni Clerici, ma lì siamo più nel campo della letteratura, non del giornalismo. I pezzi di Gianni Mura si leggono con grande piacere: pieni di buon senso, senza una parola in più e una in meno, non sono mai “urlati” e trasudano competenza e solidità di argomenti. Tutte cose che si ritrovano anche in Giallo su giallo, un romanzo poliziesco atipico, strano, secondo me riuscito fino ad un certo punto (dal punto di vista poliziesco). Mi spiego.
Il protagonista e narratore in prima persona è il giornalista Gianni Mura, inviato da Repubblica a seguire il Tour de France (come ha sempre fatto dagli anni Sessanta in poi). Fin qui, diciamo, il massimo del realismo. La notte prima della partenza, una giovanissima prostituta viene trovata morta davanti alla camera d’albergo di Gianni Mura, che diviene il primo sospettato. Passano i giorni, si susseguono le tappe e Mura viene scagionato, ma succede qualcos’altro: viene ucciso un giornalista francese, grande amico di Gianni, anche lui al seguito del Tour. Si discute se andare avanti, si va avanti. Il Tour va avanti.

Appare sulla scena il commissario Jules R. Magrite (non l’ho scritto male, si chiama proprio così), che alla fine risulterà decisivo. Fin qui, a grandi linee, la trama. La vicenda non è narrata da Mura (il Mura personaggio, intendo) in maniera lineare: il libro è composto, oltre che dalla narrazione pura e semplice, anche dai pezzi giornalieri di commento alla tappa. E proprio questi pezzi, secondo me, sono le cose più riuscite del libro. Qui c’è il vero Gianni Mura, che ci delizia con la sua conoscienza del ciclismo e della buona scrittura ad esso applicata. Il lato debole del libro è proprio la sua trama gialla. L’ho trovata poco consistente, marginale. Nel libro l’aspetto poliziesco non è al primo posto per importanza, e ci può stare (spesso la trama poliziesca è stata il pretesto per qualcos’altro, come in Sciascia); il fatto è, però, che qui è proprio scarsamente considerata, abbandonata per pagine e pagine (pagine piene di buona scrittura, comunque) e ripresa poi all’improvviso… è come se non fosse complementare della parte narrativo/sportiva, ma supplementare. E’ come se fosse un qualcosa in più, staccato dal nucleo vero del libro, come se fosse il pretesto per scrivere letterariamente del Tour de France. Spero di essermi spiegato. Il finale, secondo me, è un po’ tirato per i capelli, così come le motivazioni e l’agire dell’assassino. Troppe forzature. Ecco, altri elementi che confermano la mia impressione: Mura l’ha solo tollerata, la trama poliziesca, ma non l’ha perseguita con convinzione. Può darsi che mi sbagli. Vi consiglio comunque di leggere il libro e giudicare da soli. E poi, ripeto, le parti che parlano delle tappe del Tour sono piccole perle di letteratura sportiva, così come quelle che parlano del rapporto di Mura con la Francia, col ciclismo, con lo sport in generale e con la vita. Bastano queste cose per renderti soddisfatto, se è Mura a parlartene. Io, nel mio piccolo, ho scoperto diverse cose sul ciclismo. Da non appassionato, credevo che fosse una cosa tipo “chi pedala più forte, vince”. Ebbene, non è così. Dal libro in questione si apprende che il ciclismo è fatto di strategie, tattiche, lavori di squadra, bluff. E’ una specie di incrocio tra il poker e gli scacchi, giocato quasi in ugual misura con la forza dei quadricipiti e con quella del cervello, e questo Mura lo rende benissimo. Nel libro non è assente il vezzo delle citazioni culinarie ed enologiche ma, trattandosi di un libro che trasuda amore per la Francia e, in generale, per le cose buone della vita, ci può anche stare. Consiglio questo libri agli amanti della buona scrittura; per i giallisti puri, invece, ci possono essere altre priorità.

Sauro Sandroni

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