Gianni Canova si racconta a MilanoNera

Estremo, crudo, colto. Il thriller di Gianni Canova, Palpebre(Garzanti), mette insieme arte, televisione, cinema e letteratura e offre una storia in cui il male reale supera quello fittizio.

I nostri occhi sono bombardati quotidianamente da immagini violente e cruente, le stesse che guarda, magari di sfuggita, alla TV del bar vicino all’università o al cinema, Giovanni Vigo, il protagonista di Palpebre.

Occhi spaventati, terrorizzati o indifferenti di fronte alle decapitazioni degli ostaggi occidentali in Iraq, o alla vista delle scene sanguinolente del film Kill Bill, saranno gli stessi occhi ad abituarsi al buio, ad imparare a sviluppare inedite e impensabili capacità percettive.
Ad attrarre l’attenzione di Vigo e a spingerlo a seguire una bella donna, Mia, che entra all’università in compagnia di un uomo, non sarà uno sguardo, ma lo sfregamento casuale delle loro ginocchia e il ticchettìo dei suoi tacchi. Quel pedinamento diventerà per Vigo prima una corsa veloce verso la scoperta dell’identità della donna misteriosa e poi una fuga da preda braccata dagli uomini dell’associazione criminale che ricatta Mia e la costringe a diventare una killer spietata.
Vigo, ricercatore universitario, studia Dante ed i castighi che il poeta infligge ai dannati. Si occupa in particolare dell’accigliatura, la pena a cui sono condannati gli invidiosi e che li costringe ad avere le palpebre cucite col filo di ferro. L’Inferno dantesco ma anche quello con le scene di orrore, di smembramento e contaminazione dei corpi dei dannati di Giotto dipinti nella cappella degli Scrovegni di Padova, diventano, nel thriller di Canova, inferno attuale e reale.
“Il protagonista di Palpebre”, afferma l’autore, “dovrà passare per la loro lezione per venire a capo dell’inferno che scopre nella Milano del 2004”.
Aiutato inizialmente dalla fidanzata Elena e dall’amico Simmel, Vigo, nella sua disperata fuga sviscera i mali e le ossessioni del nostro tempo: sesso, fisicità, voyeurismo, perversioni, razzismo, clandestinità, discriminazione fino a prendere una decisione forte e definitiva.

Gianni Canova, é critico cinematografico, conduttore della rubrica Il cinemaniaco su Sky cinema e docente di Filmologia alla facoltà di Comunicazione presso l’università IULM di Milano e Palpebre è il suo primo romanzo.

Come e quando è nata l’esigenza di scrivere Palpebre, e perchè la scelta di un thriller?
Palpebre nasce dalla convinzione che il rapporto con le immagini, con ciò che guardiamo e vediamo, sia il vero nodo irrisolto del nostro tempo. Nodo psichico e percettivo, ma anche politico e culturale.Ma nasce anche da un giudizio molto severo sulla società italiana tutta. Vorrebbe essere acido, feroce, spietato. Con gli italiani e con gli extracomunitari. Con la destra come con la sinistra. Nasce da un pessimismo quasi cosmico, ma anche da una volontà energica di non cedere del tutto alla “bestia” che ci portiamo dentro. Nasce dalla volontà di riannodare in un racconto – cioè in una connessione logica, cronologica e causale – alcuni dati e alcune informazioni che i media lasciano galleggiare dentro bolle emotive che poi puntualmente esplodono senza lasciare traccia. Palpebre qualche traccia vorrebbe lasciarla…

La ricerca della perfezione esteriore è un male dei nostri tempi, la punizione dell’accigliatura inflitta ai dannati invidiosi da Dante è perciò un invito provocatorio a guardarsi dentro?
In parte è questo, in parte è l’antitesi della Cura Ludovico immaginata da Stanley Kubrick in Arancia meccanica, dove il teppista Alex era condannato a non poterle mai chiudere, le palpebre.

Tutti i personaggi rimangono schiacciati dall’ingranaggio criminale pur senza avere colpe. Qual è, se c’è, il risvolto etico?
Direi che è il proseguimento di quella condizione di colpevolezza ontologica così ben evidenziata dal Processo di Kafka come prerogativa caratterizzante del nostro tempo…

Il problema degli immigrati clandestini rientra nel plot del romanzo. Il personaggio di Ljuba rappresenta una sorta di riscatto sociale?
Ljuba è un personaggio che io amo molto. E’ un’immigrata ucraina, ma scardina gli stereotipi che spesso abbiamo quando parliamo di immigrati. E’ colta, intelligente, coraggiosa. Conosce l’Italia e gli italiani meglio di quanto gli italiani non conoscano se stessi. Ed è l’unica che, in un certo senso, si salva. Non sta a me interpretare questo esito del racconto. Quel che io posso dire è che tra i motivi che mi hanno portato a sentire questo romanzo come “necessario” c’è anche il mio crescente disagio per il razzismo che sento serpeggiare nel ventre molle della società italiana. E della mia ricca e opulenta Lombardia in particolare…

Ljuba elogia Scerbanenco. Quali sono i suoi riferimenti letterari? Come vive quest’esperienza di scrittore di thriller?
Manzoni, perchè c’è ancora la peste a Milano e non è detto che sull’Adda ci sia la salvezza. Poi Scerbanenco, certo, per il brutalismo della scrittura e per la capacità di raccontare la violenza senza fronzoli e senza bamboleggiamenti. E ancora, ma è fin troppo ovvio, Stephen King. Adoro comunque Grangé, Houellebecq e mentre scrivevo e limavo Palpebre ho letto un paio di volte Il suggeritore di Carrisi

Il romanzo con i suoi tempi e ritmi potrebbe diventare una scenaggiatura. Ci sarà una trasposizione cinematografica?
Ne dubito. Credo che ciò che differenzia Palpebre dalla maggior parte degli altri romanzi italiani di questi anni è che il mio non è “teledegradabile”. Non è cioè già bello e pronto per un passaggio in prima serata su Canale 5 o RaiUno. Essendo il cinema italiano, produttivamente parlando, dominato e colonizzato dal gusto televisivo corrente, credo che nessun produttore oserebbe oggi portare sullo schermo un romanzo così. Così estremo, così radicale. Oso dire: così scandaloso. Ma oggi, ne sono convinto, neanche grandissimi maestri come Pasolini o Fellini troverebbero produttori per i loro film.

Con i suoi studenti ha realizzato dei trailers di Palpebre, mi racconta quest’esperienza?
Abbiamo cercato di costruire un sito che promuovesse un prodotto editoriale in modo diverso dal solito. Abbiamo realizzato sei teaser e abbiamo provato a fare un po’ di marketing virale, come si dice oggi. Si può vedere tutto all’indirizzo www.palpebre.com. Uno dei sei teaser è stato censurato e oscurato, da You Tube credo, e francamente non riesco a capire perchè. O forse sì: non ci sono bellurie, nei teaser realizzati dai miei ragazzi. Non c’è nulla da ridere. C’è, qualcosa che affascina e inquieta. E che quindi turba le logiche dominanti…

cristina marra

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