Nero fondente



Andrea Ferrari
Nero fondente
Laurana
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L’investigatore privato Angelo B. Bossi, che avevamo già imparato a conoscere e apprezzare nel precedente Sangue nero, ritorna, per i suoi molti estimatori, nel romanzo breve (poco più di trenta, densissime pagine) Nero fondente (Laurana Editore, collana Calibro 9, formato e-book).
A differenza del romanzo precedente, molto più articolato, qui la storia appare quasi solo un pretesto per scavare ancora più a fondo nella psiche di Angelo B., dove B. sta per… Babacar.
Il protagonista infatti, lo diciamo solo per chi non avesse avuto modo di gustarsi la precedente avventura (di cui la lettura è vivamente consigliata), è senegalese, nero quasi come il cioccolato fondente (appunto) ed è stato adottato piccolissimo dalla famiglia Bossi di Varese, per trapiantarsi poi in Val Brembana, profondo nord.
Il curioso risultato è un simpatico marcantonio e irriducibile guascone alto quasi due metri, con capelli neri e ricci, denti bianchissimi e naso camuso, che è leghista, ama la birra, parla il dialetto bergamasco e ragiona di conseguenza, anche se nel profondo non ha ancora del tutto risolto la propria drammatica storia personale. Un “nero bianco”, insomma, o viceversa, con tutte le contraddizioni del caso.
Qui sarà alle prese con una storia, anche questa come la precedente narrata in prima persona, che, iniziata in modo quasi banale (marito politico rampante, forse tradito, che vuole avere le prove delle attività extraconiugali della bellissima moglie), si trasforma ben presto in tutta un’altra vicenda, molto più noir, che metterà in serio pericolo il protagonista, facendogli anche rivivere i propri dolorosi incubi, e si concluderà in modo drammatico.
Nero Fondente si legge bene e ovviamente in fretta, anche se i non “iniziati” avranno forse qualche passeggera difficoltà a famigliarizzare con termini e modi di dire dialettali (del resto, non succede anche con il sommo Camilleri dei romanzi di Montalbano?) e i ragionamenti (o forse “s”ragionamenti) del nostro Angelo B. strapperanno certamente più di un sorriso (e magari, speriamo, anche qualche riflessione più profonda).
Godibili sono anche tutti i comprimari, soprattutto l’amico fraterno Bépi (meglio… ol Bépi, come dice l’Angelo…) e non mancano riferimenti alla più dolorosa attualità.
Finale, come detto, drammatico e, forse, irrisolto. Preferiamo considerarlo aperto, perché ci spiacerebbe davvero non ritrovare, magari più avanti, il nostro scurissimo “private eye” in qualche altra avventura mozzafiato.

 

Gian Luca A. Lamborizio

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