I grandi ospiti del Noir In Festival: Intervista a Jesper Stein. Bye bye Blackbird




I grandi ospiti del Noir In Festival: Intervista a Jesper Stein. Bye bye Blackbird

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Nel contesto di Noir in Festival ho avuto il piacere di intervistare uno degli ospiti stranieri, esponente del thriller nordico, Jesper Stein. Già reporter di guerra, giornalista d’inchiesta e critico letterario, Stein è autore della serie che ha per protagonista il poliziotto danese Axel Steen. Da poco, sempre per Marsilio, è uscito il nuovo romanzo Bye Bye Blackbird.

5127dkhanal-_sx334_bo1204203200_Jesper, tu sei stato un giornalista d’inchiesta, un inviato di guerra e ora sei anche un critico letterario. Quando e perché hai deciso di dedicarti, con molto successo, anche alla narrativa?

Molto tempo fa, quando avevo quindici anni. Poi per vari motivi personali e psicologici mi ci è voluto parecchio prima di decidere di diventare uno scrittore. Nel 2008 mi sono occupato della stesura della biografia di un poliziotto molto famoso in Danimarca. Ho avuto così la sensazione che questa potesse diventare la mia attività, dalla semplice stesura di articoli brevi, alla stesura di un romanzo. Per il primo mi ci sono voluti due o tre anni ma da quel momento tutto è andato per il meglio. Due anni fa ho smesso definitivamente di occuparmi di giornalismo e sono diventato uno scrittore a tempo pieno. Però i primi due o tre romanzi sono nati mentre ancora facevo il giornalista.

Quanto ha influito sul tuo modo di scrivere la tua precedente professione di giornalista d’inchiesta?
Ha avuto un’influenza enorme. Per oltre vent’anni ho fatto il giornalista e così ho avuto modo di entrare in contesti completamente diversi; sono stato sulle scene del crimine, sono stato un reporter di guerra negli anni Novanta nei Paesi balcanici, ho intervistato scrittori, facendo il critico letterario. E tutte queste esperienze compaiono nei miei romanzi. L’essere stato un reporter sulle scene del crimine mi permette anche di non dover fare molte ricerche prima della stesura del romanzo, perché certe situazioni io le ho vissute direttamente, intervistando anche addetti ai lavori e criminali.

Jesper, tu sei un esponente di spicco del thriller nordico, un genere molto seguito e apprezzato anche in Italia… a cosa pensi sia dovuto il suo successo?

La sua fortuna indubbiamente è dovuta ad autori svedesi che sono diventati molto molto famosi a livello internazionale. Sicuramente l’apri pista è stato Larsson, senza dimenticare Mankell in Germania. Abbiamo avuto serie televisive di grande successo… in brevissimo tempo l’attenzione si è molto concentrata su questo filone.
Io e altri autori abbiamo un po’ seguito questo percorso aperto dai grandi. Ora stanno realizzando dei film anche dei miei libri.

Il genere thriller ormai è diventato uno dei più scritti, letti e amati. Quali caratteristiche dovrebbe avere per te un buon romanzo thriller?
La trama gioca sicuramente un ruolo importante, ma in realtà sono due le caratteristiche ancora più importanti a mio avviso. In primo luogo l’autenticità del protagonista. Deve essere un personaggio realistico, deve avere dei contrasti, luci e ombre, essere una persona reale. E poi, il secondo elemento, deve essere inserito in un contesto noto al pubblico, ad esempio come la mia Copenaghen. Per poterli collocare geograficamente. Ed esiste una connessione tra il luogo in cui i personaggi agiscono e i personaggi stessi, per cui Axel appartiene specificamente a Copenaghen, a un quartiere ben preciso e non sarebbe possibile pensarlo altrove.

Colleghiamoci allora al tuo protagonista; Axel Steen è un poliziotto molto “originale”, pieno di contraddizioni, tormentato e malinconico, ancora innamorato dell’ex moglie ma anche amante del suo lavoro tanto da compromettere la sua vita famigliare e privata, coraggiosissimo ma anche timoroso di morire per infarto. Come sei riuscito a concepire una figura così umana e intrigante? Quanto c’è di Jesper Stein in Axel Steen?
Mi fa molto piacere che trovi affascinante il mio personaggio perché dà voce alle mie esperienze, a molte delle mie caratteristiche personali. Di fatto è stato come una voce che è rimasta con me negli ultimi venti, trent’anni, da quando avevo deciso di fare lo scrittore. Poi è nato Axel. È un concentrato della mia visione del mondo. È vero, fa il poliziotto, quindi un lavoro molto diverso dal mio, però, nonostante le molte differenze delle nostre vite, abbiamo anche molte cose in comune, e riesco a identificarmi in lui. Non c’è nulla del suo carattere che mi stranisce o mi lascia perplesso. È molto vicino alle mie esperienze di vita e a quello che sono come persona. Ci sono degli scrittori che riescono a raccontare di cose che non conoscono, io no invece, ho bisogno di sapere di cosa scrivo.

Penso che tu conosca anche un po’ del noir italiano… cosa ha da invidiare il nostro noir a quello europeo e americano? E cosa hanno da invidiare gli altri Paesi al nostro, per quanto riguarda questo genere letterario? Conosci qualche autore italiano che apprezzi particolarmente?
In realtà non conosco molto del thriller e del noir italiano. Ho letto qualcosa di Carofiglio, ho letto i fantastici libri di Saviano, però non conosco molto, quindi non posso esprimermi rispetto alle differenze, fare dei confronti. Però vorrei dire qualcosa sul genere identificato come il noir scandinavo, nordico. Una definizione piuttosto strana, perché si usa una parola francese per descrivere quello che succede in film americani. Per me il noir non è la classica situazione in cui vi è una persona che vive in un paesaggio svedese, con la neve, e le persone girano con l’ascia in mano e vanno ad ammazzare la gente. Per me il noir è introspezione, è una visione del mondo e della società in cui esiste un sistema giuridico fortemente corrotto, in cui ci si ritrova a considerare se stessi come individui. Ed è quello che succede ai miei personaggi. Un’altra caratteristica che ricorre generalmente è la presenza di una femme fatale, ma in realtà è molto difficile inserire un personaggio del genere. Io ad esempio inserisco sempre delle donne reali molto forti. Credo che alla fine nelle opere tutti sappiano chi ha fatto cosa, quindi emerge una visione piuttosto pessimistica del mondo, tutti ne escono sconfitti.

Secondo te, il noir\giallo può avere anche un ruolo sociale nella società moderna?
Credo che uno dei motivi per cui le persone sono così affascinate da questo genere è dato dal fatto che oggi si vive in un contesto molto complicato e difficile. Penso ad esempio allo sviluppo digitale, tecnologico… è difficile capire come le nostre società vanno avanti. La sensazione affascinante del libro, del romanzo è che alla fine tutto viene spiegato al lettore, che così ha l’impressione di avere un quadro chiaro della situazione, di aver capito tutto. Nei Paesi in cui le persone possono vivere una vita libera e felice, nei contesti democratici, le persone sono attratte da questa visione noir del mondo. In altri contesti invece in cui sono presenti i totalitarismi, o in Sud Africa con l’apartheid, non si scrivevano thriller perché non sarebbero stati letti, perché le persone avevano già molto noir nella vita reale.

A proposito di Paesi felici, molti pensano, magari sbagliando, ai Paesi nordici come al regno della perfezione, dove tutti vivono felici, i reati sono quasi assenti e la legge regna sovrana. Quanto è fondata questa concezione?
Parlando di Paesi felici nel mondo, la Danimarca apparentemente dovrebbe essere un Paese molto felice. In realtà il tasso di criminalità è molto elevato, i crimini esistono. Crimini principalmente relativi al settore economico, ad esempio le frodi, e all’abuso di droghe. Solo quest’anno a Copenaghen sono state uccise più di cinquanta persone per motivi inerenti a regolamenti tra gang. Moltissimi giovani fumano hashish, quindi il giro di denaro relativo alla vendita di stupefacenti è particolarmente elevato. Quindi direi che Copenaghen è una città come tutte le altre, ci sono sempre due lati di una medesima medaglia.

Restando in tema, Axel Steen fuma hashish e usa spesso metodi poco convenzionali. In Italia ha destato scalpore il fatto che in televisione sia apparso un poliziotto, Rocco Schiavone, che si fa qualche canna. Nei paesi nordici potrebbe accadere lo stesso?
Beh sì, potrebbe essere un problema, perché di fatto il partito di Destra è particolarmente forte e delle serie televisive potrebbero essere bloccate, anche ad esempio se il protagonista avesse dei tratti che potrebbero essere connotati come “di sinistra”. Tendono a bloccare qualunque nuovo elemento cerchi di essere presentato alla società danese. Per quanto riguarda l’hashish, è una cosa molto comune, si trova agli angoli di ogni strada, quindi non so se i politici potrebbero intervenire al riguardo e contestarne l’uso, proprio perché questo uso è davvero molto comune. Invece al momento stanno bloccando e censurando ogni serie televisiva che parli di rifugiati.

Nei tuoi libri riesci anche a trasmetterci il fascino di Copenaghen e dei suoi paesaggi naturali… Sei molto innamorato della tua terra d’origine?
È vero, ho una grande passione, ma come sempre ci sono anche degli aspetti negativi. Copenaghen può essere una città molto amichevole, un bellissimo posto in cui vivere, ma è anche piena di scene del crimine. La Danimarca in generale è un bel posto, può essere un contesto accogliente per i turisti e invece il Paese meno accogliente in assoluto per i rifugiati.

Possiamo sperare di rivedere presto all’opera Axel e la sua squadra?
In Italia la casa editrice Marsilio ha acquistato i diritti del terzo libro. Direi che fino a questo momento si può parlare di una trilogia in cui ho cercato di spingere il protagonista al limite per vedere se le persone riescono ancora a credere che riesca a svolgere il suo compito e a ricoprire il ruolo di cavaliere dall’armatura scintillante. Nel quarto, invece, vedremo Axel che cercherà di operare un cambiamento sulla propria persona e sul proprio carattere, smetterà di drogarsi e di rimanere coinvolto in risse, di essere una persona scontrosa, e cercherà di essere un padre migliore. Al momento il quinto romanzo è in lavorazione.
A settembre uscirà il prossimo, la serie continua di anno in anno.

Il tuo sogno nel cassetto?
Direi che è tutto concentrato sulle mie bambine. Ho quattro figlie, dagli otto ai vent’anni. Vorrei per loro che potessero crescere in una società che offre pari opportunità, che quindi non è quella danese attuale, che non abbiano preoccupazioni, che siano sempre in ottima salute.

Gian Luca Antonio Lamborizio

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