Non è la sceneggiatura di un film sulla mafia Don Vito, ma il racconto reale di quarant’anni di storia sulle relazioni segrete tra Stato e Cosa Nostra.
Tutto ruota intorno al personaggio politico di Vito Ciancimino e a presentarci i retroscena della sua vita è il figlio Massimo che fin dall’adolescenza testimonia dei rapporti che il padre aveva con il boss della mafia Bernardo Provenzano presentato come il signor Lo Verde, e con il signor Franco, un esponente dei servizi segreti.
La confessione di Massimo Ciancimino è stata raccolta dal giornalista de La Stampa Francesco La Licata che, all’inizio scettico sull’eventuale pubblicazione in un libro, ha poi organizzato il materiale nel momento in cui è stata avviata la collaborazione con le Procure di Palermo e Caltanissetta.
Il libro dunque restituisce pezzi di una storia che è già in qualche modo venuta alla luce, ma alla confessione in presa diretta aggiunge anche l’emotività del racconto ed è proprio questa la sua forza e la sua capacità di attrazione. La perdita dell’innocenza del figlio Massimo avviene dal barbiere quando scopre attraverso un’ inchiesta del settimanale Epoca che uno dei più grandi latitanti della mafia, Bernardo Provenzano, in realtà, altri non era che un carissimo amico di famiglia che lui conosceva come Lo Verde.
Si apre così il sipario sulla figura di don Vito da Corleone. Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Palermo dal 1959 al 1964, e sindaco nel 1970 per poche settimane, era anche lui come l’altro grande protagonista della politica siciliana, Salvo Lima, iscritto alla Democrazia Cristiana.
Entrambi di corrente fanfaniana, in seguito abbracceranno quella andreottiana. Sono loro i protagonisti del noto sacco di Palermo.
Si tratterà della più grande speculazione edilizia mai vista, tremila licenze edilizie firmate da Ciancimino in una sola notte e concesse a dei prestanome per conto di mafiosi e la distruzione delle famose ville liberty, lustro e vanto della città.
La mafia penetra abilmente nei meccanismi degli appalti pubblici e trova all’interno delle istituzioni politici pronti ad obbedire in cambio di tangenti e voti.
Il sistema Ciancimino subirà un grave colpo con l’arrivo del magistrato Giovanni Falcone che indagherà sugli investimenti all’estero del politico. Il primo arresto arriva nel 1984 e per don Vito si prepara inesorabile una lenta sconfitta.
Intanto inizia la stagione stragista e quella della famosa trattativa tra Stato e mafia: secondo la ricostruzione di Ciancimino jr., il padre viene contattato dai carabinieri del Ros, dopo la strage di Capaci, e lo scopo sarebbe quello di far cessare la violenza.
Spunta il papello di richieste che la mafia presentò allo Stato in cambio della fine delle violenze e i documenti allegati nel libro ricostruiscono nei dettagli una storia inquietante e difficile da accettare per il nostro paese. Vito Ciancimino da protagonista della trattativa cadrà in una trappola tesa dal nucleo del Ros che lo arresterà togliendo dalla circolazione forse un “cavallo sfiancato”.
Queste e molte altre le ipotesi vagliate dal figlio Massimo che nel suo intenso racconto viene anche supportato dalla testimonianza del fratello Giovanni.
Ma su Don Vito nonostante tutto, sono ancora molti gli interrogativi e i pezzi che mancano per ricostruire il quadro, in primo luogo il misterioso e onnipresente signor Franco, un personaggio dei servizi segreti che ancora non ha un vero nome, e che potrebbe certamente aiutare a fare luce sull’affare della trattativa.