Gianni Biondillo – I cani del barrio



Gianni Biondillo
Gianni Biondillo
Guanda
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All’uscita della nuova fatica letteraria di Gianni Biondillo, ancor prima di immergersi nella lettura, bisognerebbe già festeggiare un traguardo comunque importante, il diciottesimo compleanno dell’Ispettore Michele Ferraro che ha visto la nascita come personaggio nell’ormai lontano 2004 in “Per cosa si uccide”, primo volume della serie pubblicata da Guanda. E proprio la fedeltà reciproca tra Biondillo a Guanda, nono titolo con il già citato Ispettore come protagonista, rappresenta un’altra nota un po’ romantica in un mondo dell’editoria sempre più frenetico. Di Biondillo, in quest’ultimo lavoro, si ritrova ancora più marcato il pregio di riuscire a stare in equilibrio in una sorta di zona di confine fra le discipline, lui architetto laureato al Politecnico di Milano, che ho letto autodefinirsi “molto architetto per gli scrittori e molto scrittore per gli architetti”. La conferma di un Ispettore Ferraro che il lettore può detestare come si fa con un anonimo cugino che sembra non invecchiare mai a dispetto degli anni che passano, di cui ritroveremo le debolezze ed i tic, il tessuto familiare un po’ consunto nel quale tutto sommato sembra adagiarsi, sua figlia Giulia e l’ex moglie Francesca, i colleghi del Commissariato e gli amici di Quarto Oggiaro, in una piacevole conferma per chi è già affezionato al protagonista delle opere di Biondillo oppure come gradevole scoperta per chi si avvicina a questa serialità per la prima volta.
Ancora una volta la protagonista principale del romanzo comunque è Milano e Biondillo conferma il vincolo che si è imposto sin dalla prima uscita, quello di non citare mai il Duomo. Quello che a prima vista può sembrare una sorta di vezzo è utilizzato dall’autore per uno scopo ben preciso: narrare il capoluogo lombardo uscendo con efficacia dai luoghi comuni e dal solito immaginario. Prendendo per mano il lettore, facendogli dare le spalle al Duomo, Biondillo riesce a far percepire e guardare il resto della città, i quartieri popolari e le periferie, ognuno di questi luoghi caratterizzato da una memoria, un vissuto ed una storia, tutti a modo loro e tra loro diversi.
“I cani del Barrio” tratta di aspetti sociali che ci circondano, che fanno parte della nostra vita, che caratterizzano le giornate delle persone comuni e che pervadono così profondamente la fantasia del lettore più esigente. La forma narrativa è sempre impeccabile, caratterizzata da dialoghi perfetti, l’equilibrio fra gli accadimenti che colpiscono i personaggi e la vita della città è sapientemente dosato per dare forma alla vicenda gialla. Protagonisti nuovi e vecchi si alternano nella narrazione, il lettore ritroverà Lanza e Mimmo detto O’ Animalo, ma incontrerà per la prima volta Marisol Ochoa, una sudamericana naturalizzata italiana che denuncia la scomparsa del figlio quattordicenne Carlo, e Fabrizio Ridolfi, rampante imprenditore vittima di rapimento lampo. Il lettore scoprirà ben presto quale indagine Ferraro vorrebbe seguire e a quale è costretto giocoforza a dedicarsi, dovendo sottostare alle direttive dell’ambiguo personaggio rappresentato da Cereda.
Il tutto troverà una sua coerente conclusione nel finale, in modo anche inaspettato ed a tratti bellissimo, certamente in linea con tutto quello che ha impegnato il lettore sin dalla prima pagina.

 

 

Gianluca Iaccarino

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