Il 9 che uccide – Vito Franchini



Vito Franchini
Il 9 che uccide
Giunti
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È strano pensare che un thriller scritto da un ufficiale della Polizia Giudiziaria, che quindi non inventa ma conosce bene le procedure, sia in realtà uno dei romanzi dove la fantasia la fa più da padrone. E dove il protagonista non sia un eroe dei nostri giorni, con le sue fragilità in cui immedesimarsi, ma un supereroe nel vero senso della parola, permeato da un alone di fascino e sicurezza granitica, anche fin troppo ostentati. D’altra parte, non si possono scrivere storie con lo stampo e Vito Franchini si discosta. Va controcorrente.

Nardo Baggio: o si odia o si ama. Probabilmente al lettore sta antipatico, lo dichiara lo stesso autore nelle interviste. Logorroico, saccente, però da lui c’è da imparare.

Appassionato principalmente di musica, di antropologia e di numerologia, nei libri che scrive Franchini trasferisce le sue conoscenze. Oltre a riportare sulla carta esperienze vissute per motivi di lavoro, durante i frequenti soggiorni all’estero. Sono esperimenti peculiari, da cui nascono dei thriller antropologici, in questo secondo episodio in modo particolare.

Il 9 che uccide è infatti il prosieguo de Il predatore di anime del 2021, entrambi romanzi editi da Giunti, dove avevamo fatto la conoscenza di Sabina Mondello e Nardo Baggio, due investigatori sui generis. L’autore però fa sì che nel frattempo siano trascorsi quattro anni e che lo scenario sia completamente cambiato. Li avevamo lasciati a Roma, dove il caso che avevano seguito insieme non si era concluso nel migliore dei modi. 

Basti sapere che dopo essere stata messa in stand by, per una sorta di scandalo scoppiato ai sui danni, Sabina torna con un incarico operativo. Sarà il nuovo Capo della Mobile a Verona, dove prontamente si trasferisce. Nel frattempo lei si è sposata con un agente e ha un figlio di circa tre anni, ma il mito di Nardo le riempie ancora la mente.

A Verona Sabina conosce i colleghi, soggetti inediti che entreranno a far parte a tutti gli effetti della sua squadra e del suo quotidiano. Non fa neanche in tempo a sistemarsi, che si trova subito alle prese con una serie di morti in successione, all’apparenza riconducibili a dei suicidi. Però poi le cose si complicano, non quadrano.

E chi meglio di Nardo Baggio potrebbe far luce? Lui compare a Verona con quel suo notorio filantropismo (me lo passate?), nell’intento di aiutare Sabina. Ma, comunque la si metta, è un elemento destabilizzante.

Come suggerisce il titolo, una parte importante in quest’indagine è riservata al simbolismo del numero 9, più potente rispetto a qualsiasi altro e che ha un’influenza incredibile sulla vita di noi tutti. A tal proposito è illuminante l’excursus che fa Nardo in questa branca dell’esoterismo, citando gli eventi ferali del passato. La storia dei Beatles, solo per fare un esempio, dove il 9 ricorre di continuo.

Tornando all’indagine, le morti sono davvero frutto di coincidenze? Oppure c’è un Burattinaio che muove i fili? O ancora, che sia mica tutta opera del diavolo?

Sabina è ligia alle regole, una persona onesta. Chi ha letto il primo romanzo, può però immaginare quale effetto abbia su di lei la vicinanza di Nardo. Ne è completamente ammaliata, soggiogata.

Passione, tradimenti e congetture sono gli ingredienti di questo romanzo atipico. Fino alla sorprendente resa dei conti. Che se poi non tornano, si può sempre fare la famosa prova del nove, una battuta infelice, servita su un piatto d’argento.

Cristina Biolcati

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