Dopo Una giornata di nebbia a Milano e La sera a Roma, Enrico Vanzina ci conduce questa volta nella Venezia del Settecento, la Venezia di Carlo Goldoni per intenderci.
Sin dalle prime pagine del libro, incontriamo un personaggio che sembrerebbe goldoniano, la bella e maliziosa locandiera Ginevra, esperta di arti femminili e seduttive al pari della famosa Mirandolina. Ma il personaggio di Vanzina è una figura assai complessa, tragica, un impasto di seduzione e passione che guiderà le azioni dei protagonisti.
Siamo nella Venezia del Tiepolo, il grande pittore, sotto la guida del quale il protagonista, Jean de Briac intende imparare il mestiere. L’incontro con un’enigmatica nobildonna, che gli affida uno strano incarico prima di essere assassinata, spingerà il giovane e ingenuo Jean in un vortice di avventure insieme a Ginevra, la locandiera cui deve consegnare l’oggetto affidatogli dalla vittima.
Saranno molte le peripezie che i due giovani dovranno affrontare fino a imbattersi in Giacomo Casanova, cavaliere e seduttore.
Il cadavere del Canal Grande è un mistery dall’affascinante cornice storica, in cui i personaggi si muovono come sulla scena di un teatro. Prelati, nobiluomini, umili lavoratori del popolo si avvicendano tra le pagine e di nuovo torna l’ombra di Goldoni, a ricordarci che la vita è un teatro in cui tutte le classi hanno la possibilità di essere rappresentate.
Il personaggio di Ginevra reca in sé le luci e le ombre dell’eterno femminino letterario, la donna che con la sua bellezza riesce a condurre gli uomini alle soglie del paradiso ma anche la donna che conosce la violenza e l’intensità della passione. Alla fine della vicenda, il giovane Jean comprenderà la profonda verità delle parole del suo maestro Tiepolo, secondo il quale l’amore terreno abbrutisce e la sola cosa che conta per gli uomini è la ricerca della saggezza.
