I corpi neri



shannon burke
I corpi neri
isbn
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Oliver Cross è impiegato come paramedico per le strade di Harlem, nella New York di Rudolph Giuliani. Ha da poco compiuto 20 anni, non ha passato l’esame di ammissione alla facoltà di medicina e, nell’attesa di riprovarci, fa pratica da undici mesi su un’ambulanza. Rutkovsky, il collega con cui fa coppia, è da anni calato in quel ruolo che interpreta con le due uniche armi che sembrano necessarie per sopravvivere: freddezza e cinismo. Perché se Harlem è una giungla, la Harlem ferita, colpita, ubriaca, picchiata, drogata, insomma la Harlem che perde sangue, è molto peggio. E Cross, intervento dopo intervento, capisce che anche lui, per potersi ripresentare il giorno dopo su quelle stesse strade, deve cercare di imparare il prima possibile come si fa a respirare a pieni polmoni dentro l’inferno.

Trasformare il dolore e la sofferenza in musica pop, la violenza in respiro armonico e il buio dell’esistenza in nient’altro che in uno dei tanti colori dell’esistenza stessa. Altrimenti meglio andare a fare il postale a Manhattan.

I corpi neri di Shannon Burke è un romanzo che molesta il nostro equilibrio.  L’autore è stato lui pure un paramedico e l’universo di cui traccia il disegno da scheggia impazzita è evidentemente erba di casa sua. Narrazione veloce, senza fronzoli, chiudendo a doppia chiave la retorica dell’altruismo e dell’ingratitudine.

Monocorde nell’illustrare bambini con teste deformi, pelli avvizzite come prugne, gambe che hanno preso la forme di archi impossibili o inconsueti sviluppi anatomici di corpi dilaniati. E così, se dopo qualche pagina pensiamo di trovarci davanti il seguito di quel capolavoro di scrittura che risulta essere Trilobiti di Breece D’J Pancake (peraltro edito dalla casa editrice che ha licenziato il romanzo di Burke), nel seguito ne possiamo anche restare delusi.

Ma, passato il momento, una volta tornati dentro la storia, Burke ci conduce a guardare a occhi aperti la caduta dell’uomo nella disturbante periferia del male fisico. Semplicemente la tappa più colorita di quello spirituale. E qui il tocco in più si vede.

corrado ori tanzi

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