Il fanstasma del vicario – Éric Fouassier



Éric Fouassier
Il fanstasma del vicario
Neri Pozza
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Non tutti ricordano, forse per snobistica amnesia, che fu il feuilleton, il cosiddetto romanzo d’appendice, a rendere popolare anche tra le classi meno abbienti opere di narrativa fino ad allora riservate a una ristretta élite aristocratica.

Nel 1836 scrittori titolati quali Alexandre Dumas (La comtesse de Sailsbury) e Honoré de Balzac (La vieille fille) aderirono alla pubblicazione a puntate delle loro opere su giornali ad ampia diffusione, mentre nel 1842 l’apparizione su Le Journal des Débats de I misteri di Parigi di Èugene Sue superò le più rosee aspettative dell’autore e dell’editore, come peraltro quella de I tre moschettieri dello stesso Dumas su Le siècle nel 1844. 

Ora, nella saga dell’ispettore Verne (L’Ufficio degli affari occulti, Neri Pozza, 2022, e Il fantasma del Vicario, Neri Pozza, 2023), Éric Fouassier fa un intelligente verso a quei monumenti della narrativa popolare, fondendo con accattivante sapienza realtà storica e immaginazione, denuncia sociale e avventura, tinte horror e mistero.  

In questo secondo capitolo della serie, Valentin Verne, un giovane dandy dal viso di angelo caduto, è divenuto capo dell’Ufficio degli affari occulti, sezione non ufficiale della Sûreté parigina costituita «per risolvere crimini impossibili o apparentemente soprannaturali, e per dare la caccia a malfattori di un nuovo tipo che sfruttavano la credulità del popolo e gli ultimi progressi della scienza per commettere i loro misfatti». 

E chi meglio di Valentin Verne, in possesso di solide competenze scientifiche, di un non comune intuito e di un incrollabile senso di giustizia?

Sullo sfondo di una Parigi appena reduce dai moti sanguinosi della Rivoluzione di luglio (1830), che hanno costretto Carlo X all’abdicazione in favore di Luigi Filippo d’Orleans, ma ancora percorsa da quei  fermenti rivoluzionari che pochi anni più tardi determineranno in Francia la fine della regalità, il nuovo governo tentenna tra afflati riformisti e rigurgiti conservatori. Tramontata la stella di Jacques Laffitte, è ora in sella Casimir Périer, capo del partito della resistenza, e, come sempre accade a ogni rivolgimento di governo, anche l’Ufficio degli affari occulti deve nuovamente conquistare il diritto alla propria esistenza. 

Per Valentin Verne ci vorrebbe un caso sensazionale e una sua soluzione rapida e altrettanto sbalorditiva. E questo presto si presenta sotto le affrante spoglie di Mélanie d’Orval, seconda moglie del ricco uomo d’affari Ferdinand d’Orval che, incapace di reagire alla tragica fine della figlia Blanche, sembra caduto vittima delle ingannevoli arti di un sedicente spiritualista. L’uomo, Paul Oblanoff, si dichiara per l’appunto in grado di mettere in contatto l’affranto padre con la fanciulla deceduta. E non solo, anche di resuscitarla per brevi istanti.

Valentin sulle prime sottovaluta la complessità dell’indagine che la bella Mélanie gli presenta e alla seduta spiritica che si deve tenere nella tenuta dei d’Orval non si reca di persona ma si limita a inviare il suo assistente, Isidore Lebrac.

Il giovane ispettore infatti, pur consapevole dell’incerto destino del suo ufficio, è impegnato in ben altro inseguimento: il Vicario, lo spietato predatore cui è sfuggito da bambino dopo una lunga prigionia di inaudite violenze e che ha ucciso suo padre adottivo, si è rifatto vivo con terrificanti messaggi, attirandolo in una caccia crudele che ha per posta la vita delle persone a lui più care.

Tra comunicazioni zeppe di indizi in codice e apparizioni spettrali, dai miserandi bassifondi di Parigi alle più fastose dimore nobiliari, Valentin dovrà impegnarsi in una doppia indagine il cui prezzo non sarà solo la sopravvivenza del suo ufficio, ma la sua stessa vita e quella dei suoi affetti. 

Giallo storico, thriller, horror, romanzo d’avventura, Il fantasma del Vicario si snoda per quasi trecento pagine con ritmo indiavolato e molteplici colori narrativi. E, se da un lato offre al lettore un intrattenimento di prima scelta, dall’altro lo sorprende per la convincente ricostruzione storica, l’appassionata denuncia sociale, l’accurata citazione delle più originali scoperte scientifiche dell’epoca.

Fouassier è un narratore di razza e lo dimostra il successo internazionale delle sue opere. A mio avviso meritato in pieno per la trama inconsueta, la vivida plasticità dei personaggi, la spettacolare ricostruzione d’ambiente.

Valentin Verne omaggia il grande Sherlock con le sue abilità deduttive e il rigore scientifico applicato alle tecniche investigative, ma ben più di lui è fatto di carne e sangue e commuove per il suo doloroso retaggio. Il giovane Pulce poi, altro tributo a SH o meglio ai suoi Irregolari di Baker Street, cattura la nostra simpatia con quel suo sorriso beffardo e l’avidità necessaria a dar corpo ai suoi sogni. E se Aglaé Marceau, la bella attrice di cui Valentin è innamorato, d’acchito fa pensare a Irene Adler, presto la distacca per il fascino voluttuoso e la profondità della sua passione. 

E che dire del Vicario, «un mostro che si lascia dietro cadaveri di bambini, come l’orco delle fiabe», debitamente ripugnante nelle «lunghe mani con vene come serpenti e nel volto affilato come la lama di un coltello»? Che di sicuro è destinato a infestare le nostre notti, non solo quelle di Valentin.

Accanto alle figure di invenzione sfilano in rapidi ma intriganti camei numerosi personaggi storici: il controverso Vidocq, ex galeotto divenuto capo della brigata della Sûreté, in cui secondo un frenologo dell’epoca coesistevano tre diverse personalità: un leone, un diplomatico, una suora di carità; i poeti romantici de Musset e Gautier, interessati all’occultismo e alla negromanzia; Louis Daguerre, pioniere della fotografia e inventore del diorama; la protofemminista Claire Démar, energica e trascinante a dispetto dell’apparente fragilità.

Le sapide pennellate d’ambiente ci mostrano Parigi sotto innumerevoli sguardi: di notte, «improvvisamente abitata da una moltitudine di creature invisibili»; tra i fasti del Palais-Royal e i limitrofi vicoli puzzolenti battuti dalle «prostitute più miserabili della capitale»; sotto gli stucchi dorati e i lampadari di cristallo della sontuosa Opéra Le Peletier; nella primavera di place du Thrône, profumata di camelie e giacinti a contrastare «il solito odore di sterco di cavalli che emanava dai solchi nella pavimentazione»; alla Courtille, «un luogo di feste e di ebbrezza», che cela nelle sue viscere la più ripugnante delle corti dei miracoli.

Lo stile di Fouassier rifugge dai preziosismi lessicali, è semplice e accattivante, colorito e alla portata di tutti. Semplice ma non ordinario, intriga per la vivacità delle similitudini, la potenza descrittiva (bastino a testimoniarla l’incubo di Valentin e la scena di seduzione di Aglaé), le massime lapidarie, l’equilibrio tra gli elementi storici e di invenzione, l’empatica attenzione riservata alla condizione femminile, al lavoro minorile, ai soprusi della polizia, alle disgraziate condizioni di vita degli emarginati.

Una lettura dalle molte chiavi, in cui ognuno può trovare quel che più l’appassiona, tutti comunque troveranno un non scontato intrattenimento.

L’AUTORE

ÉRIC FOUASSIER, nato nel 1963, è professore universitario, membro dell’Accademia Nazionale di Farmacia e Cavaliere della Légion d’Honneur. Ha scritto diversi romanzi e racconti. L’ufficio degli affari occulti ha vinto il premio Maison de la Presse nel 2021 ed è il primo di una serie con protagonista l’ispettore Valentin Verne.

Giusy Giulianini

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