La donna che leggeva la morte (Bone by Bone, 2008) è il titolo inquietante dell’ultimo romanzo di Carol O’ Connell, ambientato in una cittadina, Coventry, che è il luogo archetipico di ogni paese e lo sfondo di un incubo ripetitivo: l’ex giudice Henry Hobbs riceve un osso alla volta del cadavere di suo figlio Joshua.
Di notte qualcuno glielo deposita davanti all’uscio. Una macabra ricomposizione che riapre antichi misteri rimasti insoluti. Primo tra tutti, quello della scomparsa di Joshua avvenuta vent’anni prima, quando, a soli quindici anni, era stato inghiottito dal bosco.
Il ragazzo era in compagnia del fratello Oren. Ovvio che fosse lui il primo sospettato, tanto più che aveva aggravato la propria posizione complicando le indagini coi suoi silenzi. E perchè il padre non vuole denunciare l’accaduto? Sta aspettando che lo scheletro sia completo per dargli la sepoltura che non ha mai potuto ricevere. O c’è dell’altro?
Quando Oren Hobbs, figlio maggiore del giudice, torna a Coventry e viene a conoscenza dell’accaduto, il rimando al passato è d’obbligo. Suo padre sta nascondendo da mesi la terribile restituzione.
Oren è ora adulto, è un ex maresciallo della Divisione Investigazione Criminale dell’Esercito degli Stati Uniti e non ne vuole sapere di compromessi, ha già sofferto abbastanza per la tragedia del fratello: farà riaprire le indagini ma, non potendo contare sulla polizia locale e dovendo scontrarsi con reticenze e omertà dei suoi concittadini, indagherà da solo e scoprirà verità scottanti.
Il romanzo scorre intenso, lo stile è pulito ma non scontato grazie anche alla bella traduzione di Maria Clara Pasetti.
I dialoghi sono verosimili e i personaggi immortalati nel loro ruolo. Alcuni riuscitissimi, come Hannah, la governante sessantenne piccola e magra, quasi un folletto, o come Ferris Monty, il cronista senza ritegno, re della diffamazione e dell’arrivismo, o Isabelle che non sa controllare il tono della propria voce, alle prese con una madre alcolizzata.