In due si uccide meglio. Quando i serial killer agiscono in coppia

In due si uccide meglio, Quando i serial killer agiscono in coppia, è un saggio scritto da Giuseppe Pastore e Stefano Valbonesi sul fenomeno dell’omicidio seriale in coppia, con un’interessante prefazione di Ruben De Luca, edito da Edizioni XII nella collana Mezzanotte.
Da Henry Lee Lucas e Ottis Toole a Lake e Ng fino alla coppia italiana Ludwig e agli Strangolatori della Collina, sono analizzate otto storie del crimine in coppia, più una nona parte dedicata alla casistica delle donne che ammazzano.

Ciascun capitolo non è scandito secondo la classica successione cronologico-biografica, ma introduce il lettore nel pieno della vicenda attraverso la fotografia di un momento significativo di una precisa storia criminale. Storia che viene poi esaminata dal punto di vista biografico, psicologico, scientifico sulla base di una letteratura saggistica consolidata, richiamata sia nelle citazioni sia in capitoli di approfondimento teorico. Abbiamo intervistato uno dei due autori, Giuseppe Pastore, sulla genesi, sulle conseguenze e sulle impressioni di questo crimine che diventa ancor più terrifico quando è congiunto.

I protagonisti omicidi sono scandagliati nelle azioni e nelle interpretazioni, vengono indagate le origini del male senza pretese giustificatorie ma per onore di completezza. Qual è stato il modus operandi dei due autori, ovvero come avete proceduto metodologicamente?
Io e Stefano abbiamo scelto di comune accordo la divisione delle otto coppie analizzate in maniera approfondita; delle parti di psicologia e criminologia e dei dossier più brevi mi sono occupato poi io, dato che avevo più familiarità con le tematiche da trattare. Per quanto riguarda lo stile e il taglio da dare alle biografie, abbiamo cercato di trovare un registro comune che non facesse avvertire troppo le differenze tra le due penne ma che tuttavia non snaturasse nessuna delle due. Credo che, alla fine delle varie operazioni di stesura e revisioni, l’equilibrio cercato sia stato raggiunto in modo soddisfacente.

Il titolo del libro adombra la possibilità che in due si uccida meglio. Il male germinato nella coppia produce un raddoppiamento o uno sdoppiamento del male?
Come teorizzava Sighele “due individui che si uniscono per perpetrare un delitto non danno, né psicologicamente, né socialmente un risultato equivalente alla semplice somma di entrambi”. In pratica, più che un raddoppiamento, abbiamo un vero e proprio prodotto, un aumento enorme delle perversioni. Questo fenomeno viene definito Gestalt dagli psicologi criminali: “l’insieme è più della somma delle sue parti”. Le fantasie dei partner si amplificano e si alimentano a vicenda, in una coppia, e conducono ad atti che in singolo non sarebbero stati neanche pensati.

Qual è la coppia criminale che ti incute più paura?
Henry Lee Lucas e Ottis Toole. Un duo terrificante, inconcepibile forse anche per la penna dello scrittore più dotato d’immaginazione. Uno psicopatico necrofilo abbinato a uno schizofrenico cannibale e ritardato. Lucas impazziva per lo stupro post-mortem, Toole mangiava parti di cadaveri e aveva inventato una sua personale salsa per barbecue. Dire chi davvero fosse il più perverso tra loro due a mio parere è proprio impossibile.

E quella meglio organizzata?
Difficile da giudicare. Se davvero Lucas & Toole fossero riusciti a uccidere oltre cento volte prima di essere fermati (ci sono dei dubbi, visto che Lucas era un bugiardo compulsivo e si è attribuito anche delitti mai commessi), credo la palma dei meglio organizzati debba andare a loro, perlomeno per essere sfuggiti tanto a lungo alla polizia. Se guardiamo invece all’organizzazione della scena del crimine, sicuramente è da citare il bunker attrezzato di Lake & Ng in cui si consumavano stupri e omicidi, tutti ripresi da telecamere.

Leggendo alcune storie criminali (non solo dell’omicida singolo ma anche di quello accoppiato) si ha la sensazione che, a volte, la polizia abbia commesso dei grandi errori o abbia proceduto con estrema lentezza. Che idea ti sei fatto in merito al momento investigativo? Si può tacciare – in alcuni casi – la polizia di aver agito superficialmente?
Nei casi riportati non credo ci siano stati errori proprio clamorosi (come nel caso di Jeffrey Dahmer, per dire), però in qualche frangente la polizia avrebbe potuto fare di più. Con Bianchi e Buono, per esempio, un semplice controllo riguardo a una telefonata minatoria avrebbe potuto salvare delle ragazze. Certo dobbiamo tenere presente che quasi tutti gli episodi riportati sono accaduti diversi anni fa, quando gli investigatori avevano molte meno conoscenze sugli assassini seriali e disponevano di mezzi tecnologici chiaramente inferiori a quelli odierni. In più, se guardiamo in particolare agli Stati Uniti, c’erano i soliti problemi di giurisdizioni, di banche dati locali, di scarsa comunicazione o aperta rivalità tra le diverse forze in campo. Probabilmente oggi alcuni casi sarebbero stati risolti prima, o almeno lo spero.

Il dualismo delle personalità assassine: avete dimostrato che nella coppia risalta un elemento dominante che soggioga un elemento dominato. Quanto contano, in questi casi deviati, i giochi di potere?
Molto, in generale, e soprattutto nelle coppie uomo/donna. Se indaghiamo per esempio su queste, ci imbattiamo in una serie di esempi in cui l’incube, ovvero il dominante, è un sadico sessuale che ha plagiato la compagna al punto da trasformarla da persona “normale”, non aggressiva e dotata di compassione, in un’assassina seriale. Le donne che subiscono questa metamorfosi sono spesso dotate di scarsissima autostima e sono attratte da un tipo d’uomo che possa infondere loro la sicurezza di cui mancano. Ma uomini del genere hanno gioco facile a renderle totalmente succubi del loro volere, grazie ad abusi fisici, sessuali e psicologici che annullano in breve la loro volontà. Catherine Birnie, per esempio, da sempre solitaria e depressa, cresciuta senza amicizie e senza interessi, addirittura arrivò a provare piacere nel ruolo di spettatrice degli omicidi del marito e nello strangolare una delle vittime.

I dati biografici di cui corredate ogni caso dimostrano che i serial killer sono spesso cresciuti in ambienti familiari disastrati e nella totale abiezione. Il male alimenta il male?
Non è un’equazione perfetta: fortunatamente non tutti i bambini abusati o cresciuti in famiglie multiproblematiche sono diventati dei criminali, com’è vero anche che da condizioni sociali “normali” siano venute fuori delle personalità aberranti. Però è innegabile che spesso sia così. Non è un caso che l’infanzia di molti serial killer sia stata segnata da violenze o da un clima malsano: quando si cresce in un ambiente sfavorevole è più facile diventare degli adulti disadattati e con impulsi deviati.

L’ultimo capitolo è dedicato alle donne killer. Qual è la grande differenza rispetto ai colleghi uomini?
I casi di coppie donna/donna sono molto pochi, quindi fare statistiche non ha molto senso, però rispetto a quelli in cui è coinvolto un uomo scompare quasi sempre l’elemento sessuale a favore di quello economico o di controllo. Le vittime non sono più scelte sulla base di requisiti estetici, ma per motivi di profitto o per via della loro fragilità e della maggiore possibilità di essere padroneggiate: soprattutto persone anziane o malate, o bambini.

Alla postfazione del direttore di collana Alessio Valsecchi segue un accurato indice bibliografico. Se un neofita di criminologia ti chiedesse dei suggerimenti per approcciarsi al fenomeno dei serial killer in generale, quali titoli daresti?
Per cominciare, direi: “I serial killer”, di Ruben De Luca e Vincenzo Mastronardi, un testo corposo e completo che permette di avere una panoramica a 360° sull’argomento, e “Il libro nero dei serial killer” di Wilson e Seaman, che pur essendo meno enciclopedico presenta degli spunti altrettanto interessanti, soprattutto nel cercare di trovare delle spiegazioni ai fatti riportati.

Se tu avessi la possibilità di parlare con un serial killer o con una coppia di serial killer, quale/i sceglieresti? E perché? Cosa gli chiederesti?
Credo opterei per Catherine Birnie. Era una donna mite, ma è diventata un’assassina. Vorrei cercare di capire il percorso attraverso cui una simile trasformazione sia potuta accadere e che genere di emozioni prova, riguardo alla sua vita prima e dopo aver incontrato suo marito.

Salutaci con una citazione dal libro.
“Uccidere qualcuno è come fare una passeggiata: se volevo una vittima non dovevo far altro che procurarmela” (Henry Lee Lucas)

marilù oliva

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