Intervista a Beppe Quintini

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di Beppe Quintini
Time Crime

E’ uscita nelle scorse settimane la seconda edizione, ampiamente riveduta e migliorata, di Voci soffocate, thriller noir di Beppe Quintini, che già nella sua prima stesura, alcuni anni addietro, riscosse successo di critica e pubblico.

Beppe, iniziamo, come si dice, “dall’inizio”; chi era Beppe Quintini prima di darsi alla scrittura e, soprattutto, quando e come nasce il Beppe Quintini scrittore di successo?
Chi era e chi sono. Non credo esista un prima e dopo, in sostanza sono una semplice persona che è riuscita a realizzare uno dei tanti sogni con la pubblicazione e la distribuzione del libro. Per il resto lavoro sodo, cerco di farmi venire idee e metto creatività in tutto quello che faccio. Ho scritto un libro perché avevo in mente questa storia da parecchio tempo e un periodo buio dal punto di vista lavorativo mi ha permesso di dedicarmi alla stesura dello stesso, per quasi un anno. Quindi mi reputo uno che ha scritto un libro, ma ancora troppo presto per definirmi scrittore. Poi di “successo” un po’ mi fa sorridere… forse per la speranza di diventarlo davvero.

Ci vuoi spiegare perché hai sentito il bisogno di far nascere una seconda versione della tua creatura letteraria?
Più che una seconda versione si tratta di una seconda riedizione, con una casa editrice più strutturata rispetto a quella precedente. Il motivo è semplice: volevo dare la giusta vetrina al libro che stava avendo un ottimo riscontro ma su una piccolissima cerchia di lettori. Nella versione originale mancava una distribuzione e mi ero promesso che avrei fatto di tutto perché fosse distribuito in tutta Italia. Ma a onor di cronaca sono stati i lettori e le numerose e positive recensioni su ibs.it a destare l’interesse della TimeCrime, che mi ha contattato ad Ottobre dello scorso anno per propormi la riedizione.

Voci soffocate è sicuramente un romanzo mozzafiato, ricco di personaggi e di vicende, in cui i colpi di scena si susseguono sino al finale ricco di suspense. A differenza che in altri thriller, in cui spesso si indulge a forzature, esagerazioni o effetti alla Dan Brown, nel tuo libro tutto si ricompone in una logica stringente e trova una spiegazione verosimile. Come sei riuscito a realizzare tutto ciò, senza mai perdere il filo della narrazione e mantenendo sempre vivo l’interesse del lettore?
L’ho disegnato sui miei gusti di lettore. Mi piace essere stupito, fuorviato, ingannato. Mi piace “sentire” i personaggi e le loro storie. Quindi è stato abbastanza semplice realizzare il progetto. Tuttavia è capitato, non raramente, di dover rettificare e modificare delle parti, per mantenere l’assoluta coerenza nella storia. Altre volte, invece, l’intuizione arrivava mentre scrivevo, senza averla preconfezionata.

I protagonisti del libro, Marina Bruni e Mathias Novari, hanno entrambi alle spalle drammi personali e vite difficili, che riescono lentamente ad esorcizzare, e ciò contribuisce a renderli più veri ed umani. Quanto è importante la caratterizzazione dell’aspetto psicologico, per catturare l’interesse e la “simpatia” dei lettori?
Lo ritengo fondamentale. Se i personaggi non sono “tangibili” non ci sarà mai un rapporto di fiducia col lettore. Chi apre un libro vuole essere accolto in una nuova realtà, viverla con passione e aprire una sorta di passaggio confidenziale con i protagonisti. Ho cercato di costruire una storia avvincente ma con l’imperativo che ad animarla fossero uomini e donne reali. Se il lettore si affeziona a qualcuno dei personaggi di Voci Soffocate, sono riuscito nel mio intento.

Dicevamo dei protagonisti; duri fuori, svelano poi “un cuore tenero”. Qualche somiglianza con il loro papà letterario?
Decisamente. E chi mi conosce molto bene potrebbe confermare.

Il libro si svolge, in gran parte, in una zona ben delimitata (Trento e il suo circondario), tra l’altro descritta in maniera pittoresca ed affascinante. Pensi che un thriller tragga maggior “credibilità” dalla sua collocazione in un ambiente reale?
Ritengo che lo stesso discorso fatto coi personaggi valga anche per l’ambientazione. Riuscire a catapultare il lettore in un altro luogo rispetto a quello in cui si trova leggendo il libro, è fondamentale. Si riesce se la descrizione è avvolgente e reale, se il luogo lo hai visitato e magari vissuto, perché lo devi trasmettere e già nel passaggio scrittore-lettore qualche informazione, immancabilmente, si perde.

La soluzione “investigativa” della vicenda, di cui ovviamente non possiamo svelare nulla, è legata alla difficile interpretazione degli indizi lasciati dall’assassino… Come ti è venuta questa idea, che trovo molto originale?
Ho fatto varie ricerche sulla base di un’idea di massima. Quando ho visto che poteva funzionare ho sviluppato e perfezionato nel dettaglio “la firma dell’Individuo”. Dire altro svelerebbe troppo.

Il finale del romanzo assomiglia a quegli spettacoli pirotecnici che sembrano finiti, salvo poi ricominciare con “fuochi” ancora più belli. Da una sorpresa, ed una possibile soluzione, si passa ad un’altra e ad un’altra ancora. Hai proprio voluto “viziare” i tuoi lettori?
Ritengo che il finale di un libro sia come l’ultimo salto di un pattinatore durante l’esibizione artistica. Puoi aver fatto una buona prova ma se cadi alla fine, la gente ti ricorderà per quello. Ecco perché il finale è un susseguirsi di sorprese, apparizioni, scoperte e azione. L’obiettivo è che i lettori, o almeno la maggior parte di essi, lo ricordino con entusiasmo. E questa, secondo me, era la via da percorrere.

Possiamo considerare Voci soffocate, oltre che un thriller cupo ed angosciante, anche un tenero romanzo d’amore?
Se devo essere sincero non ho mai letto un romanzo d’amore, tuttavia i sentimenti fanno parte della nostra vita in misura traboccante ed era quindi impensabile dar vita ad un romanzo senza tenerne conto. Di amore nel libro se trova tanto, non solo nella forma più comune, ma anche in altre espressioni, sotto diverse fisionomie. Ciò non toglie che ci sia anche spazio per lati più oscuri, talvolta perfidi e minacciosi.

Nel tuo libro compare un personaggio politico, il senatore Gregoriani, caratterizzato in modo nettamente negativo, con un contorno di corruzione e malaffare… Lo si può interpretare come lo spunto per una denuncia verso l’attuale situazione di “malapolitica”?
Lo è senza ombra di dubbio. Il personaggio Gregoriani è lo specchio di una grossa fetta della classe politica italiana. La corruzione e il malaffare sono piaghe che hanno messo in ginocchio un paese straordinario, demolendo le speranze alle nuove generazioni. Si lotta per le poltrone, si creano slogan per prendere voti, poi non ci si dimentica delle promesse, ma semplicemente si accantonano, preferendo destinare risorse per compiacere chi, prima o poi, ritornerà il favore. E così arrugginiamo un sistema già fragile. Faccio parte di quella schiera di persone che hanno perso il lavoro e hanno dovuto rimboccarsi le maniche e reinventarsi. Il politico corrotto non solo non risolve, ma aggrava la già difficile situazione economica. Nel libro, tuttavia, esiste anche un altro personaggio, in contrapposizione. Un buono, un onesto. Un uomo per bene. Ecco, io sono padre di due figli e ho speranza nella gente onesta, in chi si indigna e porta alla luce il marcio, senza preoccuparsi di rischiare. Queste persone hanno tutto il mio sostegno.

L’ultima domanda, quella che ti farebbero sicuramente anche tutti i lettori: rivedremo ancora alcuni dei protagonisti all’opera in altre avventure mozzafiato?
Dipende solo dai lettori e dal riscontro nelle vendite. Può sembrare un discorso venale, ma non lo è. Per scrivere Voci Soffocate è servito quasi un anno, approfittando di un periodo in cui avevo perso il lavoro. Oggi sto spendendo risorse e tempo per la mia nuova attività, ma il sogno resta sempre quello di poter vivere inventando storie nuove da far leggere, come quella ferma in cantiere, un’altra avventura di Novari, stavolta sotto il sole di un’estate Malagueña.
Io continuo a crederci…

 

 

 

 

 

Gian Luca Antonio Lamborizio

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