Intervista a Tom Knox per scoprire il suo “Segreto”

Nella Turchia sudorientale, al confine con la Siria, dal 1995 si scava per riportare alla luce Gobekli Tepe, il più antico esempio di architettura religiosa e monumentale al mondo, risalente a 12.000 anni fa. Un lavoro immane, che vide impegnati centinaia di uomini per almeno tre secoli. Misteriosamente, 1000 anni dopo il sito venne volutamente occultato con tonnellate di terra e fango e abbandonato dallo stesso popolo che l’aveva costruito. Perché? Quale segreto nascondeva il tempio di Gobekli Tepe?

Parte da qui Il Segreto della Genesi: in un’area remota dove sopravvivono culti antichissimi che precedono le religioni monoteiste, qualcuno è disposto a uccidere pur di non riportare alla luce segreti gelosamente custoditi. Intanto in Inghilterra Scotland Yard cerca di risolvere una serie di efferati delitti compiuti con riti sacrificali e torture di antichi popoli, accomunati tutti da strani scavi nelle vicinanze. Cosa cercano gli assassini? Cosa lega il sito archeologico di Gobekli Tepe ai misteriosi scavi e omicidi in Inghilterra?

Scritto con uno stile fluido e incisivo che ben si adatta all’atmosfera del libro, Il Segreto della Genesi è il primo thriller a firma di Tom Knox, pseudonimo di Sean Thomas, giornalista e scrittore londinese che Milanonera ha incontrato all’ombra del Duomo in un ventoso pomeriggio di inizio estate.

Perché è rimasto così affascinato da Gobekli Tepe da prendere e partire all’istante?
Tre o quattro anni fa stavo guardando la TV nel mio minuscolo appartamento nel centro di Londra. C’era un documentario che parlava degli uomini primitivi e il presentatore si trovava accanto a una formazione megalitica nella Turchia curda e en passant diceva: “Questi sono ritrovamenti recenti, il sito si chiama Gobekli Tepe e ha 12.000 anni”. Dopo aver mostrato un’incisione di un leone molto bella, è passato ad un altro argomento, come se nulla fosse. Questo mi ha colpito moltissimo, perché è un ritrovamento straordinario quello di rovine così antiche. Naturalmente bisogna avere una prospettiva su quella che è l’evoluzione storica: ricordare per esempio che le piramidi hanno solo 4.000 anni, Stonehenge ne ha forse 6.000 o 7.000, quindi 12.000 anni sono parecchi. Di conseguenza ho deciso di andare direttamente in Turchia. Arrivato a Istanbul ho preso un altro aereo per Sanliurfa, che è la città più vicina ai resti. Da qui bisogna prendere un taxi per attraversare il deserto, finendo in villaggi desolati con strade sterrate e fogne a cielo aperto, dopodiché oltrepassata una collina mi sono trovato davanti il sito dove, in mezzo a questa desolazione e a questi territori così selvaggi, c’erano squadre di archeologi che stavano riportando alla luce qualcosa di straordinario e anche un po’ sinistro da sottoterra: sembrava la scena iniziale dell’Esorcista. Il capo archeologo, Klaus Schmidt, mi ha avvicinato e mi ha mostrato delle incisioni su uno di questi megaliti che avevano appena scoperto che mostravano dei serpenti d’acqua, dei cinghiali e mi ha detto: “Noi siamo le prime persone a vedere queste incisioni dall’era glaciale”. Per me era una cosa straordinaria e ho ritenuto subito che fosse dell’ottimo materiale per una storia, inizialmente un articolo giornalistico, in seguito poi è divenuto un romanzo.

Agli articoli è seguito un silenzio di due anni e poi hai scritto il libro di getto, in due mesi, pur non avendo mai scritto un thriller. Che cosa l’ha appassionata così tanto in questa storia?
In un certo senso sono stato fortunato, perché questa è una storia straordinaria: ha questi collegamenti con l’Eden, con il sacrificio umano, è un luogo straordinario, sono fatti storici incredibile e quindi la storia si è scritta un po’ da sola. Poi il fatto di scrivere un thriller è stato liberatorio. Perché in precedenza avevo scritto narrativa letteraria che presenta notevoli costrizioni: da un certo punto di vista bisogna cercare di fare colpo, non soltanto di intrattenere, di arrivare a un certo livello. Una cosa ad esempio che non c’è è il fatto di raccontare una storia come un narratore tradizionale. Scrivere un thriller è stato molto divertente per me: non aspiravo a vincere nessun premio, non mi sentivo osservato da nessuno e ho potuto veramente divertirmi. Altro aspetto importante: mi sono totalmente isolato da qualsiasi distrazione e questo è uno dei motivi per cui sono riuscito a scriverlo così in fretta.

Per scrivere il libro si è chiuso in un albergo a Bangkok. Perché? Non è tornato a Gobekli Tepe per un aggiornamento sugli scavi o nuovi spunti?
A Gobekli Tepe trovano sempre qualcosa di nuovo ogni giorno, quindi bisognerebbe tornarci ogni settimana per rimanere al passo. Piuttosto ho fatto ricerche su altre località che erano importanti: l’Inghilterra, Dublino, Princess Island vicino a Istanbul: tutto questo per garantire una certa autenticità, perché l’unico modo è appunto andare sul posto. Non sono tornato a Gobekli Tepe, ma mi hanno invitato a ritornare e non vedo l’ora di andare perché è un bellissimo luogo. Ho scelto Bangkok perché è una località che di giorno è abbastanza noiosa: ci sono solo centri commerciali e c’è un limite allo shopping che si può fare. Questo quindi ti costringe a scrivere, mentre la sera ci sono bar e locali dove puoi svagarti.

Perché ha sentito la necessità di creare un sito legato a questo libro? Pensa di tenerlo aggiornato nella parte riguardante gli scavi o di continuare a far vivere i personaggi fuori dal libro?
Il sito (www.thegenesissecret.com) l’ho creato perché volevo che i lettori potessero scoprire quanto c’era di vero dietro al libro, quali sono i fatti reali, perché molti me l’hanno chiesto e penso che un sito web sia un ottimo modo per questo tipo di ricerche. I lettori possono così scoprire cosa c’è di vero a proposito degli yezidi, del collegamento con l’Eden eccetera: una sorta di guida per le loro ricerche se vogliono scoprire qualcosa di più su questa storia straordinaria. Tutto questo sempre per quell’esigenza di autenticità che è molto importante anche in un romanzo.

Quanto è autobiografico il personaggio di Robert Luttrell? Le emozioni descritte davanti al sito e la melanconia della sua ultima visita sono proprie di Luttrell o rispecchiano le emozioni di Tom Knox?
In parte è autobiografico: anche lui è un giornalista, anche lui ha una bimba piccola, come lui anch’io trovavo molto doloroso stare lontano dalla mia bimba di due anni quando stavo scrivendo questo libro, è comune quel senso di colpa, quella sensazione di perdere la figlia anche se solo temporaneamente. Anch’io come giornalista sono stato rapito dagli Yezbollah per una decina di ore in Libano e ho sperimentato sulla mia pelle quella paura e quel terrore che poi racconto anche nella storia di Rob che viene rapito dagli Yezidi.
A proposito della malinconia nel lasciare Gobekli Tepe, ho provato effettivamente qualcosa di simile perché sapevo di aver visto qualcosa di straordinario e me ne stavo appunto allontanando, ma forse è stato lì che è nato quel germe che poi è sfociato in questo libro, anche se al momento non ne ero consapevole al cento per cento. Però vorrei aggiungere che non soltanto Rob Luttrell mi assomiglia un po’, ma ancora di più mi assomiglia Jamie Cloncurry, il cattivo, perché quando bevo un po’ troppo e comincio magari a sfogarmi divento un po’ come lui nelle mie tirate…

Come le é venuta l’idea di coinvolgere l’Hellfire Club nella trama? Esiste davvero questo legame con gli yezidi o è un artificio letterario creato per rendere più avvincente il libro?
Conoscevo già l’Hellfire Club perché da ragazzo avevo questo interesso forse insano per queste azioni terribili, queste storie orribili e terrificanti. L’Hellfire Club è effettivamente esistito, soprattutto quello irlandese, che nel XVIII secolo era composto da un gruppo di aristocratici piuttosto ribaldi e mascalzoni che commettevano davvero una serie di efferatezze. Burnchapel è esistito veramente e bruciava le chiese con i cattolici dentro, Jerusalem Whaley è vissuto davvero ed è andato a Gerusalemme, da cui poi il soprannome. Quello che mi sono inventato è che lui vi avesse trovato il Libro Sacro degli yezidi, anche se comunque un collegamento c’è, perché gli yezidi credono veramente che nel XVIII secolo un inglese abbia sottratto il loro Libro Sacro. Quindi è stata un’occasione splendida per me per inserire anche questa storia all’interno del romanzo.

Lei è religioso? La sua spiritualità come ha influito su questo romanzo o come ne è stata influenzata?
Sono religioso, credo in Dio, non frequento una chiesa, ma quello che ho scoperto a Gobekli Tepe, in particolare riguardo al tema del sacrifico umano, mi ha fatto ripensare alle origine delle fedi che risalgono ad Abramo, perché Abramo è nato ad Harran, che è a 30 km da Gobekli Tepe ed è lì che si sono sviluppate le tre fedi principali del nostro mondo, il giudaismo, l’islam e la cristianità. Tutto questo lavoro, questa ricerca mi ha fatto proprio guardare alle strutture di queste religioni in modo diverso. Non ha cambiato la mia fede, perché una delle caratteristiche della fede è quella di credere indipendentemente da elementi del genere. Piuttosto ha accresciuto la mia comprensione di certi aspetti che ci stanno attorno.

Secondo lei, perché ancora adesso c’è questo alone di mistero attorno a Gobekli Tepe? Scoperto nel 1964 per caso, poi definitivamente nel 1995, eppure ancora oggi, dopo 15 anni di scavi, molti non ne sanno ancora nulla, né è indicato come meta turistica, eppure è un sito archeologico di una certa importanza. Potrebbero essere vero che i turchi vogliono tenere in povertà il popolo curdo come dichiara il tassista?
Quello potrebbe essere un motivo per cui il sito non è pubblicizzato, anche se effettivamente adesso ci sono sul posto uno o due tour operator che organizzano escursioni e c’è anche qualche agente di viaggio tedesco che organizza spedizioni. È comunque ancora molto difficile andare a Gobekli Tepe: è un’area pericolosa, non è pubblicizzata nemmeno con cartelli, è difficile da raggiungere e per tutto quello che avviene in quella zona è una parte pericolosa del mondo. Questo è sicuramente un deterrente per molte persone. È anche un posto molto remoto, molto lontano dall’Europa, dagli Stati Uniti; forse può sembrare banale, ma è un nome difficile da ricordare e da pronunciare: io stesso continuo a sbagliarlo per esempio, non è un buon marchio, per così dire. Altro aspetto che bisogna capire per apprezzare l’importanza di questo sito: prima ancora dell’invenzione della scrittura, prima ancora delle prime ceramiche, i cacciatori e i raccoglitori di Gobekli Tepe avevano creato una forma di civiltà. Questo è qualcosa di straordinario e se a quanto pare oggi gli archeologi non vogliono pubblicizzarlo più di tanto, penso che è una cosa che dovrà cambiare perché si tratta di qualcosa veramente importante per tutti noi.

Non aveva mai scritto thriller. E ora? Pronto per il prossimo?
Mi sento un po’ in dovere di scriverne altri, perché ho un contratto per altri due libri, che comunque ho già scritto. Comunque è molto liberatoria, oltre che redditizia, questa attività. Mi ha fatto molto piacere anche vedere questo libro al supermercato in Inghilterra e tra i più venduti, vedere persone che lo compravano insieme ai detersivi e ai cornflakes, perché dopo tanti anni passati a scrivere letteratura che ha ben pochi lettori, è piacevole vedere questa risposta di pubblico e sapere che c’è gente che legge quello che scrivi.

Chi è Tom Knox? Perché usare uno pseudonimo e in particolare questo?
Perché ero già abbastanza noto in Inghilterra come autore di letteratura e per aver scritto delle memorie sulla mia vita sentimentale e sessuale. Quindi i miei editori hanno ritenuto che un autore che scrivesse narrativa, poi un libro di memorie così bizzarramente onesto come quello che avevo scritto io, si mettesse a scrivere anche thriller sarebbe stato forse un po’ troppo, avrebbe confuso I lettori.
Tom Knox è un nome breve e incisivo, è un nome virile ed è un bene avere un nome così per uno scrittore di thriller; è anche il nome di un politico americano, che spero non se la sia presa troppo, a noi forse ha anche aiutato un po’. Per il resto creare uno pseudonimo così è come fare tabula rasa e ripartire da zero.

Lo vedremo anche al cinema?
Qualcuno mi ha detto, una lettera di un fan che mi ha fatto molto piacere, che un film forse sarebbe troppo violento, ci vorrebbe un regista molto creativo per riuscire a raccontare questa storia senza renderla eccessivamente esplicita e orribile. Per altri è un miscuglio tra Saw e Indiana Jones. Comunque andrà sugli schermi in altro modo, perché sarà oggetto di un documentario della BBC. Ci saranno una serie di documentari e la tesi del libro sarà l’argomento del primo.

I prossimi libri saranno ancora thriller archeologici, troveremo gli stessi personaggi?
Non gli stessi personaggi, ma sicuramente alcuni degli stessi temi, cioè elementi mistici, religiosi, che sono quelli che più mi appassionano. Sicuramente ci saranno altri thriller, forse due o tre, non lo so, dipende da quante idee avrò ancora; forse tornerò a scrivere anche narrativa letteraria col mio nome e magari inserendoci elementi e modalità narrative già viste in questo romanzo.
Probabilmente Tom Knox sta influenzando anche Sean Thomas.

cristina balzanelli zannini

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