Intervista a Mario Strati autore di “Impallidisco le stelle e faccio giorno”

download (2)Con “Impallidisco le stelle e faccio giorno” ( Bompiani) Mario Strati racconta una storia di formazione criminale ambientata nel territorio della Locride dove agisce la ndranghita e non ndrangheta come ci tiene a specificare l’autore. Il territorio col la sua ritualità e la sua mentalità si fa personaggio e anche spettatore e nei quattro capitoli-racconti assistiamo anche al suo divenire a volte vittima e altre carnefice. La società viene indagata da Strati con l’occhio dell’attento osservatore e dello studioso che entra nella psicologia e nelle azioni dei suoi personaggi senza farne emergere uno sull’altro ma dotando la storia di una coralità che affonda le sue radici nella tradizione.

Si respirava un’aria di paura nella Locride” inizia così il tuo romanzo che racconta una terra difficile e spesso trascurata. Com’è nata la storia e com’è stato il tuo lavoro di ricerca?
Ho avuto da sempre una forte passione per la poesia. Tra i 12 e i 15 anni ho letto più volte il Canzoniere di Francesco Petrarca (in un’edizione del 1925, Hoepli editore) e la Vita di Vittorio Alfieri scritta da lui stesso (nell’edizione Sonzogno del 1928 [19151]). Mia madre, che aveva la terza elementare, mi ha detto più volte che ogni tanto, quando da bambino ero ammalato e avevo la febbre molto alta, sparlavo in versi … Avevo dunque la passione per la poesia, e scrivevo ovviamente versi. Un giorno confidai a Mario La Cava, del quale ero amico, che mi sarebbe piaciuto sentire il suo giudizio in merito ad alcuni versi che avevo appunto scritto … La Cava accettò di leggermi, però poi mi disse: — Non so darvi un giudizio. In verità coltivo poco la poesia. Se si trattasse di un romanzo o di un racconto …
— Bene dottore – risposi, — scriverò un racconto.
E scrissi Mezza giornata di Rocco e Gianni. Poi sono venute le altre parti: un lavoro che è cresciuto su se stesso … Quanto alla ricerca … Beh, posso dire, con Alvaro, che io, la ndranghita, «l’Onorata Società, insomma la mafia, la conosco da quando ebbi l’età della ragione». Sono infatti nato e vivo nell’epicentro del fenomeno ndranghitistico, la Locride, che ingloba Africo Nuovo, San Luca, Platì … Non mi è stato difficile “inventare-trovare” personaggi e storie.

Il romanzo ha diversi piani e chiavi di lettura è innanzitutto una storia di formazione criminale di Rocco e Gianni?
Mi piace la definizione che dai: «storia di formazione criminale». È infatti così … Il romanzo sì, ha più chiavi di lettura. Prendiamo come esempio la prima parte o primo racconto, Mezza giornata di Rocco e Gianni; lo si può leggere sia come un racconto di delinquenza organizzata, sia come un racconto psicologico, sia come un racconto di “denuncia sociale”.

Don Nino Rodicato, detto il Ragioniere, si ritrova suo malgrado a fare il capo clan. È un uomo spietato ma è anche disponibile al dialogo?
Don Nino Rodicato è, per dirla con Paladino, il «dominus riconosciuto dell’Onorata della Locride, figura viva, emblematica (non volgare) di quella società e della dissimulazione romanzesca». Il ruolo lo porta a essere spietato, è ovvio. Senza essersi mai affiliato, si costruisce un suo gruppo di famigliari stretti (caratteristica che contribuisce a distinguere la ndranghita dalle altre “mafie”) al quale poi aderiscono quasi tutti i componenti della Bastarda, la ndrina distaccata “creata” dal fratello ch’era stato ucciso. È aperto al dialogo, certo: con le altre ndrine e con le forze dell’ordine, con cui intrattiene, tramite il maresciallo Calanna, un certo rapporto di “collaborazione”; quando infatti dalle forze dell’ordine viene ucciso Carmelo, un componente del suo gruppo di fuoco, il maresciallo Calanna va a trovarlo a casa e lo “prega” d’intervenire perché i famigliari del morto non si costituiscano “parte civile” … Ma queste cose non piacciono ai “professionisti dell’antimafia”, a coloro che la mafia la combattono in modo tale da non poterla vincere …

Nella tua indagine sociale emerge il cambiamento dei rapporti tra criminalità e forze dell’ordine ma anche quello degli obiettivi della ndrangheta?
Cristina, colgo l’occasione di questa tua domanda per chiarire un aspetto che considero importante. Quando si parla di ndanghita si tende a generalizzare. La ndranghita dell’immaginario collettivo, ovvero quella intesa come un “gruppo” delinquenziale monolitico, non esiste. Esistono mille gruppi ndranghitistici sparsi in tutti i continenti e operanti in mille modi diversi. Ognuno di questi gruppi, leggi ndrine, pur “figliato” dalla stessa “Mamma” (la locali [sic] di San Luca), è autonomo. Alle volte i suddetti gruppi hanno interessi comuni e si alleano tra di loro, altre volte gli interessi o altri motivi li spingono ad affrontarsi tra loro (succede anche ai singoli all’interno dello stesso gruppo a scontrarsi tra loro), con “faide” tremende: in questi casi chiunque osa interferire si vota alla morte, perché i componenti dell’uno e dell’altro schieramento sono votati alla morte … Quello che emerge dal mio romanzo è il rapporto tra la ndrina di don Nino Rodicato e le forze dell’ordine che la contrastano, colto però in quel determinato periodo, in quelle determinate circostanze, in quel determinato contesto … Quanto agli obiettivi degli ndranghitisti ti posso assicurare che sono sempre gli stessi: vantaggi, benefici, qualche volta sociali, quasi sempre economici.

La struttura narrativa è particolare, perché hai scelto di scrivere 4 racconti lunghi?
Quando dopo aver scritto Mezza giornata di Rocco e Gianni ho ideato il seguito, ho pensato che il romanzo tipo I miserabili o I promessi sposi (voglio dire il romanzo-fiume) non fosse consono alla mentalità e alla esigenze del lettore moderno (anche se poi Umberto Eco con Il nome della rosa mi ha in un certo senso smentito). Ho pensato che avrei potuto strutturare un lavoro di narrativa in modo “nuovo”, che fosse, cioè, romanzo e libro di racconti contemporaneamente …

Hai pensato di fare una serialità?
Se con “serialità” intendi una “serial story”, rispondo no, non ci ho mai pensato. C’è però che il romanzo trovò molto consenso, piacque molto. Il professore Caridi, ordinario di storia moderna all’università di Messina, per anni, ogni volta che mi incontrava, mi esortava a scrivere il seguito, «almeno un secondo volume» quasi mi pregava, tanto che da un po’ di tempo ci sto pensando seriamente …

Chi sono i tuoi autori di riferimento?
Quando per mantenere la promessa a La Cava mi accinsi a scrivere un racconto, la prima cosa che feci fu quella di guardarmi attorno: non passava settimana che nella Locride non succedesse un qualche fatto criminale: omicidi e sequestri di persona erano all’ordine del giorno … Il tema mi si è imposto … Ma era un tema che avevano già affrontato Sciascia e Puzo. Io seguii la mia strada, e solo in un secondo momento mi accorsi di loro e delle differenze che ci sono tra Il giorno della civetta, Il padrino e Impallidisco le stelle e faccio giorno.

Cristina Marra

Potrebbero interessarti anche...