La stella di Nashville – Run Rose, run
Di solito quando una narrazione inizia con un suicidio tendo a non andare oltre quell’epilogo. Non posso fare a meno di sentirmi come quando hai registrato una finale di champions league che non hai potuto vedere, arrivi a casa pregustando di poterla guardare e qualcuno ti telefona per dirti il risultato. Trattandosi di James Patterson e conoscendo la sua abilità nell’inchiodare il lettore alla poltrona trascinandolo quasi dentro la storia, stavolta ho fatto, saggiamente, eccezione. Il racconto infatti vira indietro nel tempo di undici mesi e quella che compare sotto la pioggia lungo una statale, è la stessa ragazza che si è buttata dalla terrazza di un hotel a Las Vegas.
Si chiama AnnieLee Keyes e ha una passione per il Country. Sogna di poter fare della musica il suo mestiere. Una ragazza come tante altre, che insegue il suo sogno viaggiando per le strade in autostop, dal Texas al Tennessee diretta a Nashville, la patria del Country. Porta sulle spalle un grosso zaino con dentro qualche vestito e i pochi dollari che al banco dei pegni le hanno dato, in cambio della sua chitarra. Una sognatrice romantica come tante, dotata però di una voce straordinaria in grado di stregare coloro che l’ascoltano.
Una giusta dose di fortuna la porta a farsi notare da Ethan Blake, un musicista nelle grazie di Ruthanna Ryder, una delle regine della musica Country ritiratasi per scelta a una vita privatissima lontano dai riflettori.
AnnieLee sa bene che accettare l’aiuto che Ruthanna le offre, significa esporsi a sua volta ai riflettori, rischiando così di farsi ritrovare anche da quel passato dal quale vuole nascondersi. Indossa una maschera di bugie e diffidenza fin quando cede al meritato successo, accettandone le conseguenze che non tardano a venire.
Dolly Parton, (che nell’immaginario di chi legge potrebbe somigliare davvero molto a Rhutanna Ryder), cosparge le pagine di musica con i testi delle sue canzoni rinnovando l’amore per il Country anche ai più distratti.
Un libro divertente con un finale a che smentisce l’inizio e conferma James Patterson tra i giganti della narrativa.