Prendiamo un mixer attualizzato tra Sam Spade di Hammet e Philip Marlowe di Chandler, aggiungiamo un pizzico di Pepe Carvalho di Montalban, l’istalliamo a Las Palmas, con i ritmi sonnolenti della bella capitale di Gran Canaria, isola del famoso arcipelago spagnolo nell’Atlantico, a nord della costa africana, e avremo Ricardo Blanco, il protagonista di Quindici giorni di novembre.
Per allargare l’orizzonte del lettore, aggiungiamo la necessaria presenza di una efficientissima segretaria e un nonno dell’eroe a fare da cervello e da coscienza.
Il nostro Ricardo, mercé gli occhi color mogano e i fiammanti capelli rossi dell’avvenente Maria Arancha, rappresentante di un gruppo di figli di papà della buona società isolana, viene coinvolto nell’improbabilità di uno strano intrigo.
Il fidanzato della bella è morto. Suicidio, recita il verdetto ufficiale, ma lei non ci crede.
Era suicidio od omicidio? La stessa polizia locale è impotente nel dare una risposta.
Ma come Ricardo Blanco comincia ad agitare le acque, qualcuno cerca di toglierlo di mezzo.
Dietro il mistero del suicidio omicidio si celano invidie, gelosie, complicità delittuose e omertà. Ma se la giustizia degli uomini non sarà in grado di far pagare ai colpevoli, un’altra giustizia, più dura e ineluttabile, saprà punirli.