Libri per ragazzi: Nei panni di Sherlock

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Nei panni di Sherlock
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Il grande investigatore londinese di 221B Baker Street, certamente il più grande per fama, imitazioni e citazioni, proprio per queste caratteristiche è diventato un’icona, fenomeno che si verifica ogni volta che un personaggio, in questo caso letterario, si stacca dalle pagine del libro per veleggiare con vita autonoma nelle nuvole dell’immaginario collettivo. Anche chi non ha letto nemmeno un romanzo o racconto di Doyle sa chi è il celebre detective, magari per aver visto un film/tv o semplicemente per averlo sentito nominare più volte. Come capita a Don Chisciotte, i cui ponderosi volumi ben pochi hanno letto, ma tutti o quasi conoscono almeno la storia dei mulini a vento. Oggi Sherlock Holmes è diventato addirittura un brand il cui nome suscita curiosità e interesse se non emozioni.
Stewart Ross si avvale del vecchio artificio del manoscritto ritrovato, ovvero di un grosso fascio di appunti originali di Watson – anonimamente lasciati davanti a casa sua – su molte altre indagini (forse quelle a cui accenna il dottore nel racconto “L’avventura del ciclista solitario”). Su questa base l’autore dà forma di racconto a 25 casi narrativamente strutturati in maniera da offrire al giovane lettore una lettura piacevole unita allo stimolo dell’investigazione personale, realizzabile con uno sforzo di intelligenza, applicazione e intuito. Ogni racconto procede per una decina di pagine che contengono tutte le informazioni di cui si serve Sherlock Holmes nell’indagine e che quindi conosce anche chi legge. Poi si interrompe con una domanda. “Cos’aveva scritto Holmes nella sua lettera all’avvocato?” si conclude il primo racconto, “Il mistero del barone Galtür”. Le domande degli altri racconti sono dello stesso tipo e indirizzano il lettore a esercitare le sottili arti holmesiane dell’osservazione e della deduzione per risalire dagli indizi alle prove. Nella seconda parte del libro sono riportate le risposte alle domande che consentono di risolvere i casi lasciati aperti. Lo “sguardo” poliziesco unito al “paradigma indiziario” può avere una forte valenza formativa per i giovani.

 

     

Fernando Rotondo

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