L’omicidio è denaro – Petros Markaris



Petros Markaris
L’omicidio è denaro
La nave di Teseo
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“L’omicidio è denaro” di Petros Markaris è uno di quei romanzi che lasciano il segno. La fanno da padrone una feroce critica sociale e temi di strettissima attualità, che centrano come pochi altri l’obiettivo di farci riflettere sugli effetti nefasti del “nuovo” mondo. La trama: nel tentativo di far da grancassa alla crisi economica, Lambros Zisis, vecchio militante di sinistra amico del commissario di polizia Kostas Charitos, progetta e dà vita all’improbabile quanto originale Movimento dei poveri. Intanto, per le strade di Atene c’è chi ammazza un investitore (o speculatore?) cinese, e non solo lui. Sullo sfondo una misteriosa ragazza e una canzone che ritorna… Il meccanismo ben oliato dell’indagine, che arriva sino al tavolo del ministro degli Esteri, cede subito il posto a una spietata analisi del caos dei nostri tempi, “perché oggi il denaro non si ferma davanti al nulla”. Sul banco degli imputati finiscono il capitalismo, la borghesia e le banche, mentre vittime designate sembrano essere disoccupati, immigrati e senzatetto. Un giallo mediterraneo (come la critica per bene ha catalogato Markaris) che consiglio a tutti per recuperare un po’ di senso della realtà e camminare con la schiena dritta. Critica sociale, si diceva. Leggete, solo per capirci, il passaggio che segue, un vero e proprio manifesto da stampare e appendere sui muri: “… dimenticate la distinzione destra-sinistra: oggi, la linea di separazione è tra ricchezza e povertà. Mi direte, che in fondo questa è sempre stata la linea di separazione. Sì, ma in altri tempi la sinistra era il salvagente dei poveri, dei deboli, dei perseguitati. Ora la sinistra è morta, e i poveri devono imparare a nuotare da soli perché non c’è nessuno che li possa rappresentare e voglia rivendicare i loro diritti…”. E stretta attualità, con riferimenti diretti alla Francia (i Gilet gialli) e al nostro Paese: “…avete sentito parlare di un movimento che si è sviluppato in Italia? L’hanno chiamato Sardine perché tutti, italiani e immigrati, sono stipati nella stessa scatoletta…”. Per Markaris/Lambros siamo tutti sulla stessa barca. Da un parte c’è la Grecia, che dopo aver versato lacrime e sangue è alla ricerca di un po’ di normalità e dall’altra noi, con tutte le contraddizioni di un popolo socialmente, culturalmente ed economicamente sull’orlo del baratro. Quella che ci viene proposta è una strada, senza se e senza ma: “… l’unica cosa che serve è la lotta…”. Lotta pacifica di piazza, quella che i poveri mettono in scena nelle 310 pagine di un romanzo dove qua è là affiora un po’ di stanchezza. Si percepisce nella scrittura, ammorbidita rispetto al passato… “pensi che sia lui l’assassino?” “forse che sì, forse che no” e nello stesso Charitos, più interessato al nipotino e alle pite gyros che all’indagine. Dopo tredici gialli che vedono l’ormai vecchio commissario protagonista, sono peccati veniali che si perdonano volentieri. Alla Nave di Teseo che ha tradotto e pubblicato, facciamo invece notare qualche ripetizione e refuso di troppo (“in nessun caso i mezzi d’informazione devono essere venire a sapere del coinvolgimento della ragazza”, a p. 197). Lo scrittore originario della Turchia è oggi un punto di riferimento per chi -come me- è convinto che i romanzi non servano solo a regalarci spensieratezza, ma piuttosto a farci ragionare. E incazzare. Non è questo, d’altronde, il significato primo della scrittura? Se fosse una canzone “L’omicidio del denaro” suonerebbe come “Maldito duende” degli Héroes del Silencio (da recuperare). Voto: 8.

Alessandro Garavaldi

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