Da lontano sembrano mosche



Kike Ferrari
Da lontano sembrano mosche
Feltrinelli
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Da lontano sembrano mosche. Un thriller che racconta la vendetta tra cattivi

In una Buenos Aires cupa e pericolosa si dipana l’ultimo lavoro letterario di Kike Ferrari che gioca, per la prima volta, sulla tensione e la paura dei cattivi.
Da lontano sembrano mosche è un romanzo interessante per questo, perché per una volta a temere ritorsioni, agguati e colpi mortali non sono inconsapevoli vittime di cieca violenza ma un personaggio altrettanto terribile e con più di un crimine da farsi perdonare alla società.
Tutto comincia con una ruota bucata di una Bmw da 200 mila dollari. La macchina appartiene al signor Machi, potente signorotto della capitale argentina che con le sue truffe e imbrogli ha costruito un piccolo impero personale che poggia su misfatti anche di sangue.
Quando il signore scende dalla sua auto per sostituire la ruota trova nel bagagliaio un cadavere sfigurato da un colpo di pistola.
Chi è la vittima non importa granché al signor Machi, più importante è sapere chi ha voluto incastrarlo o punirlo per un gesto simile o meglio chi lo odia a tale punto.
Le ipotesi sono le più disparate perché il protagonista di Da lontano sembrano mosche sa di essersi lasciato dietro una scia di recriminazioni, rappresaglie e ritorsioni varie dato il suo operato e le persone con le quali ha sempre intrattenuto i suoi “affari”.
Da qui, Kike Ferrari aggiunge al suo thriller quel pizzico di psicologia della tensione che piace sempre ad ogni lettore del genere. La paura del signor Machi.
Per un uomo che ha trascorso l’intera sua esistenza a tenere sotto controllo gli altri e a godere dell’impunità che un certo potere criminale garantisce sempre ai propri adepti essere ora nel mirino di qualcuno che può colpirlo così facilmente è un vero incubo.
La vendetta tra cattivi rende, allora, il romanzo di Ferrari qualcosa di nuovo come lettura invernale perché la tensione della storia narrata si sposa meravigliosamente con la personalità dell’attore principale, un uomo cattivo e ambiguo che ha sempre tenuto in scacco gli altri provandoci anche piacere e gusto.
Da lontano sembrano mosche è più di un thriller, è quasi una accusa alla società di questo millennio così pronta a giustificare e far prosperare individui ambigui, crudeli, avidamente insaziabili.
Molte belle in questo lavoro anche le scene descrittive di Buenos Aires e di quel microcosmo sudamericano che gli europei si illudono di conoscere e sapere e che invece rimane ben nascosto sotto un velo di inganni e nascondigli.

Antonia del Sambro

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