Dall’Appenninino Bolognese, spaventoso teatro del primo romanzo della serie con Astore Rossi, “Il giallo di via San Giorgio”, si scende a valle ma c’è sempre una villa di mezzo pronta a complicare la vita del nostro bravo restauratore Astore Rossi. Uomo schivo, afflitto da un pesante nome affibbiatogli in onore del condottiero Astore Baglioni, da un padre amante dei romanzi epici, Astore è tuttora avvelenato da scomodi ricordi del passato. Dopo essere stato incastrato infatti come pusher da ricchi compagni di scuola e condannato alla galera da innocente, ha lasciato gli studi, ha trovato un posto presso un vecchio e bravo artigiano, un mentore che l’ha formato e gli ha istillato la passione per il restauro dei mobili antichi. Oggi che si è messo in proprio coltiva solo i rapporti legati al suo lavoro, insomma si è rifatto una specie di vita di quasi solitudine mandando avanti con l’aiuto si fa per dire di Oscar, suo braccio destro, lo scombinato giovanotto che ha salvato nella sua precedente avventura , la sua bottega stipata di mobili, con annesso appartamentino al primo piano, in via San Giorgio. Una tana da artigiano, insomma un suo microscopico universo personale, dove lavora circondato dal rumore degli attrezzi, dalle scatole dei colori e dai profumi del legno e delle vernici, ormai l’unico occhio di bottega di una viuzza di Reggio Emilia, grassa città emiliana, famosa per la gastronomia, bagnata dalla nebbia della pianura. La morte di una vecchia nobildonna, che da più di trent’anni viveva come una reclusa in una fatiscente villa primi novecento,Villa Augusta, con per unica compagnia una vecchia domestica sua coetanea, costringerà Astore Rossi, a rimettersi in pista. Il suo nome infatti è stato fatto all’erede dal proprietario dell’agenzia presso la quale la donna ha deciso di appoggiarsi per la vendita dell’immobile. Il restauratore dovrebbe fare intanto una valutazione dei mobili. L’erede, Roberta Arditi, donna priva di mezzi, astiosa e poco simpatica, spera di ricavare dal lascito della zia più denaro possibile, ma dopo un rapido giro per quelle stanze abbandonate alla muffa e al disfacimento del tempo, Astore Rossi si rende conto che i mobili sono paccottiglia di poco valore e in pessime condizioni. L’unico oggetto che lo colpisce, appeso come capoletto in camera della domestica, è un quadro, una crocifissione in cui Cristo è stato dipinto in una inconsueta posizione, circondato da strane figure. Indubbiamente databile nel XIX secolo e di buona mano. E tuttavia, per dare al quadro una corretta attribuzione e magari ottenere una stima, chiede il consenso della proprietaria a sollecitare il parere di un esperto. Il professor Zeni, al quale si rivolge e che lo accompagna a Villa Augusta a rivedere la crocefissione, è certo che si tratti di una delle pochissime opere di Joseph Balkan, amico di Arnold Böcklin, celebre pittore svizzero (che per un periodo si era fatto incantare dalle sue esoteriche teorie, vedi L’isola dei morti). Balkan era un artista tedesco a cui attribuivano negromantici poteri tra cui quello di evocare i defunti. Di lui si contavano pochissime opere maledette, tutte scomparse dalla circolazione. Zeni chiede e ottiene di poter portare nel proprio studio il quadro per esaminarlo con più calma. Ma pochi giorni dopo la notte di Ognissanti, il professor Zeni viene ucciso e la crocifissione di Balkan rubata. Il povero Rossi dovrà fornire precise spiegazioni alla polizia e più in particolare al suo ex nemico Vincenzi, ma non basta perché al suo ritorno in bottega riceverà la strana visita di un prete anche lui alle ricerca del crocifisso scomparso… Ma quale segreto nasconde quel misterioso dipinto? Un leggendaria voce riportava addirittura che Joseph Balkan avesse dipinto nelle sue opere una misteriosa chiave per ritrovare il tesoro nascosto alla fine del 500 da papa Sisto V. Ma la falce della morte che continua a colpire implacabile, costringerà il nostro povero eroe, trasformato in un ricercato dalla polizia come assassino, a trovare una via di fuga. E… Un romanzo intrigante dai toni classici venati di mistery, condotto in prima persona da un brav’uomo che non riesce a vedere il male e l’inganno in chi lo circonda. Un protagonista anomalo nella pletora dei Rambo all’italiana, che vede nella altrui malizia solo bontà e comprensione. E in cerca di un possibile affetto? Un buono insomma, un ingenuo forse e purtroppo per lui un uomo retto che nella vita ha preso sempre e solo bastonate. Un uomo che ancora una volta volente o nolente verrà coinvolto in fatti pericolosi e più grandi di lui che, pur lasciandolo in vita lo feriscono nel profondo dell’anima invece di concedergli pace, nella tranquillità del suo piccolo angolo di serenità e alla sue partite a scala quaranta. E tuttavia, amici miei, questa ohimé troppo spesso è la realtà: il mondo scarta sempre il meglio e sceglie come propri rappresentanti l’abile e disinvolta doppiezza dei peggiori mascalzoni ben ammanicati. Una trama con la giusta suspense per un poliziesco, “ Il giallo della villa abbandonata” con personaggi stuzzicanti, elementi di mistery, una puntina, non guasta, di esoterismo e colpi di scena a ripetizione, che tiene sulla corda sino all’ultima pagina.
Il giallo della villa abbandonata – Riccardo Landini,
Patrizia Debicke