Delitto di maggio per il terzo romanzo della godibilissima serie con per protagonista il commissario Mancuso della sezione omicidi di Palermo e sempre con delitti che affondano le radici nel passato della sua città .
E stavolta gli omicidi che gli capitano subito tra capo e collo sono due. Il primo, Cordaro Matteo cinquantatreenne, sgozzato, imbavagliato, brutalmente torturato e che presenta una strana bruciatura sulle labbra, viene trovato ai piedi del castello o antico palazzo dello Scibene, uno dei monumenti meno noti della Palermo normanna. Secondo Gambino della scientifica, l’uomo è stato torturato altrove, poi imbavagliato, portato sul posto e costretto con un piccone, rinvenuto a terra accanto a lui, a dare qualche colpo contro il muro. Naturalmente nessuno del vicinato (che vive in robaccia abusiva addossata alle splendide rovine) ha visto o sentito nulla.
Salta fuori che il morto è un usuraio. Che l’omicida sia stato un cliente stufo di essere strozzato? Pista possibile da seguire? Forse? O forse no? Ma squilla il telefono e il povero Mancuso, visto che, a detta del questore, sa tutta la storia della città a cominciare dalla cattedrale, viene incastrato dal vice questore Mangano e dovrà restare a Palermo d’agosto per fare da guida turistica a una nutrita delegazione di poliziotti dell’Interpool.
Troppa carne al fuoco, la sua testa sta per andare in fiamme e allora per spegnerla e prepararsi meglio al suo compito va a comprarsi una poderoso tomo intitolato Palermo tremila anni tra storia e arte e torna a casa sua.
La mattina dopo però,zac, il secondo morto, tra Monreale e San Martino. Stavolta è un operaio edile gay, ritrovato con la testa sfondata e si scopre che qualcosa di strano pare collegare i due morti. Morti di lusso li chiama infatti il dottor Ippolito, capo della scientifica, che si scomoda di persona a telefonare al commissario Mancuso perché su entrambi sono state ritrovate minime tracce d’oro e d’argento. Perché? Mistero fitto!
A quel punto l’invito a cena dell’amico tenente dei carabinieri triestino, Fabio Trevisan, arriva come il cacio sui maccheroni. Mancuso accetta e le sue lamentele, davanti all’aperitivo, per l’incarico di guida ufficiale delle beltà palermitane, spingono Trevisan a ricordare il caso insoluto del cunicolo scavato un anno prima e che portava a un antichissimo loculo della Ziza. Ops! Che ci siano punti in comune con le picconate date da Cordero allo Scibene? Cose da pazzi? Ma?
Sul fronte sentimentale cavoli acidi per i due amici, ma all’orizzonte di Mancuso sta per comparire felicemente qualcosa di buono. La figlia della signora che abita sotto casa sua, conosciuta meglio, si rivela bella, simpatica e intelligente e… saprà dargli in’utile dritta per sbrogliare i casi.
Ma ora basta con le anteprime, perché voi questo libro dovete comprarlo, leggerlo e scoprire le insospettabili verità che affondano le radici in un passato molto lontano. Un commissario umano e capoccione, personaggi simpatici e ben caratterizzati cito a memoria: il chiacchierone Calascibetta, centralinista del commissariato, Tronchina, la spalla autista di Mancuso, il maniacale giocatore di burraco vicequestore Mangano, ecc. ecc. con per meraviglioso palcoscenico una straordinaria Palermo che vive e brulica di particolari sotto l’agile penna di Carlo Barbieri.
Una serie di succosi colpi di scena che porteranno a scoprire l’assassino ma anche a svelare affascinanti misteri vecchi di secoli e alcuni loro possibili inquietanti collegamenti con terribili avvenimenti dei giorni nostri.