Stoccolma. Estate 2010.
Al 67enne Lars Martin Johansson prende un colpo! L’ex capo della polizia svedese è in pensione da tre anni, prima di andare in campagna compra le salcicce da Günters, ha un ictus, non muore ma dovrebbe perdere le abitudini di una (sua propria) vita.
Che bella serie, che bel romanzo! E’ sempre lui, il macellaio venuto dal Nord, dotato di ottima eredità, grande grosso e primitivo, colto intelligente e anche attraente (con gli anni), capace di vedere dietro gli angoli; lasciato dalla prima moglie con i due figli ormai lontani; dopo 15 anni da divorziato (mattiniero, di sinistra, esperto di Sherlock, contrario alla centralità del movente nel crimine) è sposato da altri 15 con la bella e acuta direttrice di banca Pia. Nuotava e si masturbava regolarmente, come consigliato dal fratello in infanzia; dorme con il braccio sotto il cuscino; quando può mangia italiano e beve buon alcol. E trovava gli autori di crimini e delitti.
In ospedale la dottoressa gli segnala un caso di 25 anni prima, appena caduto in prescrizione: una bimba violentata e uccisa. Dal letto e poi da casa trova i modi per risolverlo, insieme giallo a enigma e hard-boiled, storia e geografia, metodo e intuito, giustizia e ingiustizia.
Non perdetelo, è un capolavoro assoluto il romanzo del 68enne Leif Gustav Willy Persson, denso e competente, senza un rigo di troppo, terza fissa al passato.
Una goduria di dettagli ed emozioni: si scherza e si pensa, si odia e si ama, si ride e si piange, ci si stupisce e ci si commuove, incantati dai dialoghi con deliziosi retropensieri. In copertina Hypnos e oppio. Mosé (e Dürrenmatt) incipit delle sei parti. Manca qui solo il sesso consenziente che diverte. Aringhe e lirica.