Quattordicesima avventura del commissario Berté, figlio ormai arrivato alla soglie dell’adolescenza, indovinata creatura delle sorelle Martignoni che continuano pudicamente a nascondersi dietro lo pseudonimo di Emilio Martini.
Per chi poi (improbabile) l’avesse dimenticato, insomma per quei pochissimi che ancora non lo conoscano, offro una breve presentazione a mo’ di passaporto: nome, Gigi, ovverosia Luigi, cognome, Berté, incarico, commissario. Massiccio , quasi monumentale, divide una bella casa gialla con giardino con la sua bella compagna di vita, la Marzia, che gestisce una rinomata pensione a Lungariva, immaginario centro sulla riviera ligure
Chi scrive le sue avventure, giura che esista davvero un vice questore che assomiglia a Gigi Berté: un personaggio quasi incredibile, lungo crinito e che va in giro con i capelli brizzolati raccolti in una coda, tenerone, scombinato, fumino di carattere , ma con un’eccellente e determinata mente investigativa. Francamente, un personaggio interessante, ma ora passiamo al nuovo romanzo della serie.
Stavolta la sua pseudo quiete dopo la tempesta verrà rotta dalla telefonata del questore di Genova che prima calma e blandisce il commissario, ammannendogli la chiusura del suo precedente caso in un burrone dei Pirenei, poi lo convoca a Genova per accollargli una bella rogna.
Rogna che ha i connotati dell’omicidio di un giovane uomo, avvenuto qualche giorno prima in un alberghetto a due stelle. La vittima è stata uccisa con un colpo di pistola sparato in faccia che gli ha distrutto i connotati rendendolo irriconoscibile. Per di più, il morto è stato ritrovato nudo e nella sua camera non sono stati ritrovati documenti, vestiti o effetti personali. La porta presentava segni di effrazione…
Il questore vuole che Bertè gli sbrogli la faccenda, ragion per cui al nostro commissario non resta che lasciare il commissariato di Lungariva, la sua collaudata squadra investigativa, quel po’ di meritato e agognato riposo guarnito da rilassanti bagni in mare e la Marzia, per recarsi subito al Bogart, vecchio ed equivoco hotel due stelle del centro di Genova.
Al suo arrivo, un cartello sulla porta annuncia che la struttura è sotto sequestro giudiziario e al suo ingresso troverà già sul posto, inviati dal questore come supporto all’indagine , l’ispettore Mimmo Romeo, pronto, efficace sbrigativo e, stando al nome, calabrese di origine e l’ agente Ivan Piazza.
Il caldo appiccicoso che fa da padrone è evidenziato all’interno dalla mancanza dell’aria condizionata con le pale di un monumentale ventilatore a torre che riescono appena a smuovere la cappa.
Una storia da affrontare, che si dimostra da subito complessa. Il proprietario dormiva quando il cliente è arrivato e non l’ha visto. Tutti gli ospiti che figuravano sul registro, i sei ufficiali, sono già stati rintracciati e non hanno niente a che vedere con il delitto. Nessun indizio invece sull’identità del morto e l’unico che ricorda qualcosa di lui è il portiere di notte. Che spesso si ritagliava laute mance con l’ingresso notturno di clienti non regolari. L’uomo morto, infatti, l’aveva rimunerato generosamente e lui aveva chiuso un occhio, anzi due. Tuttavia, ricordava bene la sua richiesta di avere la migliore camera della struttura e che aspettava l’arrivo di una signora. Il portiere gli aveva consegnato la chiave della Bogart, la stanza più bella e costosa (le stanze dell’albergo al posto dei numeri ostentano tutte nomi di celebri star americane). Dopo aver preso la chiave il cliente era uscito per rientrare poco dopo in compagnia di una donna molto bella, sulla trentina. Da quando dopo erano saliti in camera però il portiere non li aveva più visti.
Date le sue abitudini da lupo solitario e alla straniante burocrazia della questura genovese, Berté preferisce affidarsial suo fiuto e alla sua capacità di intuizione, servendosi dell’ispettore Romeo come tramite e di istallarsi , almeno per le prime indagini, seduto a un tavolo d’angolo piazzato in un fresco angoletto del bar di fronte all’Hotel.
Ciò nondimeno bisogna muoversi in fretta trovare un qualche bandolo, basandosi solo sulle analisi dei reperti biologici trovati sul letto e, pur tenendo conto delle perizie balistiche, cercare riscontri nelle telecamere. Ma e soprattutto, scoprire l’identità del morto anche se, dato l’assoluta mancanza di informazioni e di denunce per la sua scomparsa, pare quasi un extraterrestre sceso da un’astronave, quindi capire perché e da chi è stato eliminato. Non resta che diffondere l’identikit della vittima sulla base dei ricordi del portiere anche sui Tg regionali.
E sarà proprio in base a quelle trasmissioni che salteranno fuori alcuni perosnaggi in grado di offrire fondamentali indizi per ricostruire la sua identità e ripercorrerne la vita all’indietro .
L’accelerato avanzare delle indagini fornirà a Berté una inattesa e sconvolgente pista che rimanda a precisi collegamenti con la vittima, dovuti a un comune e tragico passato di alcuni dei personaggi.
Tuttavia, come sempre il commissario sarà costretto a sfoderare una delle sue solite brillanti intuizioni, pur di sbrogliare un caso che affonda le sue radici nei recessi del tempo . Intuizione che lo porterà direttamente alla complessa ma ormai logica soluzione dell’omicidio dello sconosciuto cliente del Bogart Hotel.
Meritati encomi, sia da parte di procura che della questura a Berté , ancora una volta una granitica certezza e ai suoi validi collaboratori genovesi, per il successo dell’ indagine.
Tutto finito quindi? Berté può rimettersi in macchina e tornare a casa a Lungariva ma no per lui niente riposo all’orizzonte stavolta: le sorprese del destino sono in agguato e …
Anzi ma guarda un po’ addirittura una doppia sorpresa.
Alla quindicesima!