I Medici – Decadenza di una famiglia



Matteo Strukul
I Medici – Decadenza di una famiglia
NewtonCompton
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Un titolo di richiamo per questo quarto e ultimo volume della saga medicea targata Strukul, che narra la storia della seconda Medici regina di Francia. Forse un titolo meno sfavillante ma più corretto sarebbe stato: Decadenza di una regina, perché di lei ,di Maria, la bella ventiduenne secondogenita di Francesco I de’ Medici e di Giovanna d’Austria, si narra la vita di ragazza, sposa e madre. Matteo Strukul sposa fino in fondo la causa di Maria. La descrive come un sirena :« bellissima, alta, sensuale. Con quell’abito dell’incoronazione trapuntato di migliaia di diamanti e di perle che la fanno brillare come una stella…» Data in sposa con una dote di ben 600.000 fiorini, in grado ripianare le casse francesi svuotate dalla guerra, sarà una moglie amata un po’ distrattamente da Henri IV che con il passare degli anni aveva la fregola delle ragazzine, ma comunque amata e incoronata regina qualunque detrazione possa essere stata scritta su lei. E non fu neppure una cattiva madre, come testimonia senza malizia Herouard, medico di corte che ebbe a cuore la salute dei sei figli. Fu donna del suo tempo, che veniva da una corte fastosa dove da secoli dominava il mecenatismo, una degna erede della tradizione medicea rinascimentale. E in quello si dimostrò una Medici fino al midollo, spendendo delle fortune in architetti e in arredi, dipinti, e oggetti destinati alle sue residenze. Era ammaliata dai gioielli, ma tutte le regine dell’epoca lo furono perché erano esibizione di regalità, e amava il potere, o per lo meno le possibilità che le dava il potere. Nel diciassettesimo secolo Parigi era una città fatta di immane splendore e grande povertà, dove gli anni di guerra intestina avevano lasciato profonde tracce umane e materiali. Maria de’ Medici, sposata a Enrico IV di Borbone e circondata da una corte dissoluta, sceglierà di far conto su Eleonora Galigai, figlia della sua balia e amica dall’infanzia e su Concino Concini, italiano di cattivi costumi ma di buona famiglia, che faceva parte del suo seguito, incoraggiando il matrimonio tra i due e appoggiandoli. Una scelta in difesa che alla lunga si rivelerà perdente, ma bisogna immaginare questa bella fiorentina costretta a barcamenarsi con le abitudini goderecce del marito che lo costringevano a fare i conti con le lusinghe e i trabocchetti di Henriette d’Entragues sorellastra di Carlo di Valois, figlio bastardo di Carlo IX. Un impegno scritto da Henri IV ammaliato (o meglio infoiato) di sposare la bella Henriette se gli avesse dato un figlio maschio prima del matrimonio con Maria, uno sporco ricatto (in realtà abbastanza spuntato perché la ragazza ci provò ma poi perse quel bambino, anche se poi ne fabbricò due dopo il matrimonio del sovrano). Atmosfera arroventata con le grandi famiglie impegnate in perenni cospirazioni contro il trono. In tutti quei frangenti, Maria decide di avvalersi della testa, del braccio e della spada di Mathieu Laforge, spia e sicario abilissimo, capace di sventare più di una congiura. Un personaggio di fantasia che Strukul trasforma artamente in una specie di versione nera di d’Artagnan. Una regina battagliera sempre pronta a schierarsi per la sua causa, sempre in lotta contro nuovi nemici, sconfitta, privata sanguinosamente dei suoi “italiani” poi risorta, mai sottomessa, ma il cui destino sarà segnato dalla lotta e dall’incomprensione e in una certo senso dalla rivalità con il figlio. Quando Enrico IV di Borbone muore, colpito dalla follia omicida del fanatico cattolico Ravaillac, si profila come l’alba all’orizzonte l’ascesa del (malefico oppure?) genio della politica francese: Armand Jean du Plessis de Richelieu, vescovo di Luçon, poi grande ministro e cardinale. Sarà proprio lui, dopo la morte di Enrico IV, a farsi largo acquistando sempre maggior carisma, e alla fine con il beneplacito di Luigi XIII a mettere fuori gioco Maria de’ Medici, colei che in fondo gli aveva spianato la strada verso il potere. Anche in questo romanzo, come nei precedenti, tanti intrighi, bugie, assassinii, fughe rocambolesche e spettacolari evasioni, amore e morte, vizio e violenza. Funambolici colpi di scena in una fantasiosa cornice storica francese… Ma è vero quanto di avventuroso e spettacolare riguarda Maria de’ Medici. E cioè quando evase dal Castello, quando precipitò nel fiume con la carrozza (e fu salvata), i suoi tentativi di non far entrare la Francia nella Guerra del trent’anni, i suoi complotti con il ribelle e amato secondogenito Gastone d’Orleans, la sua guerra contro Richelieu che era stato suo pupillo e tanto altro. E il suo peregrinare di corte in corte, rincorrendo una regalità che credeva di aver perduta. La storia è storia… ma al di là della sua fine, Maria de’ Medici resta una maestosa figura di regina con un’immane passione per l’arte. Pourbus fu il ritrattista della sua famiglia francese, Maria si fece ritrarre anche da van Dyck e commissionò a Rubens ben 25 opere per il Luxembourg che raccontavano la sua vita. La scelta di avere un palazzo solo suo, fu presa dopo il matrimonio del figlio, quando cedette lo splendido appartamento che si era fatta arredare al Louvre alla nuora, Anna d’Austria. Si tratterà del palazzo dei suoi sogni e la sua nostalgia di Palazzo Pitti si confermerà, nel fare edificare in bugnato alla fiorentina il Palais de Luxembourg o Palais de la Reine al posto della residenza del XVI secolo acquistata da François de Piney duc de Luxembourg, (oggi il VI arrondissement) anche allora la zona più elegante e più ariosa della capitale. Per realizzarlo si servi ancora una volta, dopo il lavori al Castello di Monceaux, ricevuto in dono dal marito alla nascita del delfino, dell’architetto Salomon de Brosse. Brosse, per alimentare le raffinatezza acquatiche del parco, che Maria de’ Medici non vedrà mai ultimato, fece costruire l’acquedotto de Arcueil, deviando le acque del Rungis In questo luogo, come altrove, la regina riuscì a coniugare la sua prodigalità rinascimentale alla filantropia perché quelle acqua verranno utilizzate anche dagli abitanti dei quartieri vicini. Oggi si riesce a fare una più calibrata riflessione storiografica su Maria de’ Medici, forse finora troppo influenzata dalle erudite ricerche della seconda metà dell’Ottocento che avevano codificato una sua immagine insistendo sui suoi limiti psicologici e caratteriali e decretando una artefatta contrapposizione a tra le politiche della reggenza e il rafforzamento dell’autorità regia. Una migliore conoscenza del suo ruolo storico è risultato progressivamente, in virtù dei più recenti studi su Richelieu e della storiografia storico-artistica. Mancano tuttavia ancora una sintesi criticamente aggiornata del ruolo politico da lei svolto e un’accurata analisi del periodo della sua reggenza, non appiattiti su vecchi e superati clichés.

Patrizia Debicke

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