Di nome faceva Michele



Gery Palazzotto palazzotto
Di nome faceva Michele
Flaccovio
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Il commissario Giovanni Porzio svolge le proprie funzioni con fare dispotico e presuntuoso nei confronti degli unici sottoposti di cui si voglia fidare, gli agenti Chimenti e Faraci, chiamati con lui a risolvere l’efferato delitto che sconvolge l’estate del rione Annunziata di Palermo. Il “fantastico trio della moderna investigazione” deve indagare sulla violenta morte di Carmelo Pitone, un giostraio pregiudicato, spacciatore di droga e di sesso.

I testimoni: don Mario, parroco della chiesa di quartiere, ridotto in fin di vita dall’omicida nel tentativo di salvare la vittima, non riesce a ricordare (quasi) nulla; Piero Corso č invece un minorato psichico inutile ai fini investigativi. Il delitto č stato consumato nel parco di Santa Maria, polmone verde del rione, che la ditta dell’ingegner Magazzů sta cercando di soffocare con colate di cemento abusivamente edilizie.

A conferire coralitŕ all’azione, in questo tessuto giallonero si inseriscono gli spunti di due donne che guardano alla vicenda da differenti angoli prospettici: Susanna Maggi, segretaria della Magazzů Costruzioni, si preoccupa per l’ingegnere, suo amante irreperibile da giorni, mentre Martina Ferreri, “scrittrice surreale”, cerca l’ispirazione in reclusione domestica volontaria da sette mesi, mantenendo contatti col mondo esterno solamente attraverso internet, il tubo catodico ed alcune misteriose telefonate che la rendono edotta sugli avanzamenti delle indagini.

Gery Palazzotto conduce la storia con una maturitŕ difficile da trovare in un’opera prima, fluida dal punto di vista narrativo in primo luogo grazie alla felice invenzione del luogo d’azione, quel rione Annunziata distante da cliché geografici ancorché appartenente ad una Palermo “reale” nella sua umanitŕ. Una scrittura originale e feconda la sua, le cui fantasiose invenzioni vengono ben rese attraverso una ricchezza lessicale mai stancante per il lettore.

Lettore al quale Palazzotto sembra aver messo in mano, quasi a sfidarlo, un Cubo di Rubik la cui soluzione va cercata pazientemente, passo dopo passo, anche a costo di analizzare, smontare e ricostruire la vicenda piů volte. A ciň si aggiunga la regia sapiente dello scrittore siciliano, atta a depistare in primo luogo i suoi stessi personaggi, al ritmo heavy metal degli ascolti del medico legale Mazzo, attraverso il quale traspare la passione dell’Autore per la musica.

Per talento di penna, suo strumento, Gery Palazzotto sembra un compositore jazz prestato al rock pesante: non serve tanta padronanza e raffinatezza per scrivere una buona partitura noir, ma, ogni tanto, č bene dimenticarlo.

Andrea Comotti

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